«Nella misteriosa chiesa gotica di Rosslyn i templari si unirono alle corporazioni di arti e mestieri per creare un terzo tempio di Salomone, sotto la protezione dei St. Clair, proprietari terrieri.
Fedeli agli Stuart, al credo cattolico e ai giacobiti, quando furono sconfitti si trasferirono in America e in Francia dove le loro logge scozzesi produssero figure decisive per entrambe le rivoluzioni.
Perse le ricchezze, i Sinclair di Rosslyn videro invece cadere in rovina la loro chiesa e il loro castello mentre nasceva la leggenda su che cosa avessero veramente creduto e fatto.
Questa è la storia di un luogo e di un nome, la chiesa e il castello di Rosslyn e i Sanctus Clarus o St. Clair o Sinclair. È la storia di come questa famiglia sia comparsa e si sia estinta in duemilacinquecento anni di battaglie, dalla guerra di Troia a quella di Camlann, dalle crociate fino agli scontri di Bannockburn, Culloden e Yorktown. Ma è soprattutto l’avvincente narrazione dell’eterna guerra tra le religioni, cominciata con gli dèi pagani Apollo e Mitra, e poi continuata con il cristianesimo e l’islam, e la grande eresia che crede in un rapporto diretto con Dio, l’eresia dei catari come dei cavalieri templari e, più vicina noi, della Riforma protestante.»
ROSSLYN
LA CAPPELLA DEL GRAAL
di Andrew Sinclaire
Il libro è in vendita nelle migliori librerie
in Italia oltrechè richiedibile sul sito www.etadellacquario.itEDIZIONI L’ETÀ DELL’ACQUARIO / ISBN 88-7136-236-5 / pagg. 320 / euro 19,00
ANDREW SINCLAIR è autore di molti libri di successo, tradotti anche in italiano.
Fra di essi ricordiamo L’avventura del Graal, edito nel 1999 da Mondadori.
Dal libro
Capitolo 12
Un Eden di pietra
Il direttore dei lavori di Rosslyn aveva origini norvegesi, normanne e scozzesi. Attraverso la sua famiglia e i suoi beni sulle Orcadi e sulle Shetland, era esposto alla cultura nordica, che aveva influenzato le cattedrali gotiche europee con antichi culti di fertilità. I molti folletti all’interno della cappella erano associati a diversi archetipi, in particolare al serpente o dragone della saggezza e della rinascita; al sacro Albero della Vita, che separa il cielo dalla terra; e al ciclo della vita e della morte.
Anche la famosa Colonna dell’Apprendista della cappella di Rosslyn porta testimonianza della mitologia norvegese. La sua base è circondata da otto serpenti alati, un tributo al grande serpente che cingeva la terra con nove giri per tenere insieme le radici di Yggdrasill, il frassino norvegese, il punto di sostegno tra l’oltretomba e gli dei celesti. Il loro capo divino Odino ha sacrificato la sua vita sull’Albero della Vita, dopo esservi rimasto appeso nella tempesta per nove giorni e nove notti, per ricevere i segreti della saggezza e della conoscenza dalla testa decapitata di un altro dio, Mimir, che riuscì a non far imputridire recitando litanie a lui solo note e cospargendola di erbe e acqua di fonte: l’archetipo del green man, l’Uomo Verde. Queste personificazioni della natura si trovano scolpite solamente nelle chiese e nelle civiltà del Mediterraneo e dell’Europa nordoccidentale. Nella straordinaria cattedrale gotica di Chartres, ne rimangono alcune, soprattutto sul portale del transetto sud, dove tre raffigurazioni dell’Uomo Verde trangugiano e rigurgitano foglie di quercia, di vite e di acanto. Nel Medioevo, tutti gli elementi naturali verdi e che crescono possedevano un significato simbolico. La quercia era associata al passato pagano, ai druidi e ai loro boschi sacri, alla cultura della foresta precedente all’invasione romana. La vite era legata a Bacco e ai riti orfici antecedenti alla cerimonia del sangue di Cristo servito nella coppa della comunione. E l’acanto rappresentava l’erba della rinascita, la sintesi tra l’albero del bosco e l’uva coltivata.
Così, tutte le piante e le foglie che escono dalle bocca dei 70 o più Uomini Verdi scolpiti all’interno e all’esterno della cappella di Rosslyn hanno un significato particolare. Il significato del Giardino del Paradiso e dell’Albero della Vita è racchiuso nella scoperta di questi segreti. Rosslyn infatti può essere definito un erbario in pietra. Rappresenta il tipico giardino monastico di erbe medicinali del tardo Medioevo, in gran parte dimenticato nel Rinascimento. È la perduta medicina naturale della sua epoca.
Quando Roma conquistò la Grecia, la botanica e la medicina furono tradotte in una lingua e mentalità meno precise e originali. La voluminosa opera di Plinio il Vecchio, Storia naturale, divenne la guida di giardinaggio del Medioevo, e dopo l’invenzione della stampa, in trecentocinquant’anni venne pubblicata in duecento edizioni. La sua enciclopedia non costituiva una buona guida alla scienza antica, ma l’autore inventò la sintassi del latino nella botanica; sono ancora in uso circa duecento dei termini da lui introdotti, più o meno con lo stesso significato.
La parola stessa «botanica» proviene dalla parola che in greco significa «erba» e venne determinata dal seguace di Plinio, Isidoro di Siviglia, il quale scrisse un’altra opera importante per l’epoca medievale.
Quando i Secoli Bui discesero sull’Europa, le pratiche greche si trasferirono verso la seconda Roma, Bisanzio, dove divennero patrimonio del mondo islamico.
Per i quattrocento anni successivi all’VIII secolo, i pensatori arabi arricchirono gli studi greci di botanica e di medicina. Presso il califfato d’Oriente spiccarono figure come al-Razi, Haly Abbas, un seguace di Zoroastro che sperimentava sugli animali, e Avicenna. Il califfato occidentale di Cordoba beneficiò degli studi di Albucasis, al-Ghazali e Avenzoar, e dell’ebreo Maimonide. A Salerno poi, dottori ebrei che avevano studiato la medicina islamica fondarono la prima scuola di medicina laica europea, poi divenuto centro curativo del continente.
Dopo la conquista della Sicilia a opera degli illuminati normanni, dall’abbazia di Montecassino Costantino Africano tradusse in latino i testi greci e arabi, consentendo così alle conoscenze greche e arabe di riportare la luce sull’oscurità del primo cristianesimo europeo. Nel De virtutis herbarium, scritto nel 1290 da Rufinus, le osservazioni dell’autore costituiscono un progresso degli studi botanici che aveva ereditato dal mondo classico e islamico. Fu lui infatti a fornire i primi dettagli del fiore, della foglia e del gambo. Ed è abbastanza singolare che nel tardo XIII secolo, gli intagli di vegetali e piante su capitelli e fregi dei conventi medievali risultino molto più precisi della maggior parte delle illustrazioni che facevano parte dei primi erbari latini.
I greci avevano apprezzato principalmente due delle importazioni alessandrine dall’Asia: lo zafferano, ricavato dal croco, e la rosa. Molte altre novità avrebbero fatto seguito a spezie ed erbe, che sarebbero diventate i farmaci e le medicine del Medioevo. Oltre al loro uso medico, gli alberi, i frutti e i fiori presenti nei giardini del paradiso islamici avevano un significato simbolico. Il mandorlo rappresentava l’occhio, le cotogne e le mele erano il mento, la melagrana e il limone i seni, la rosa rappresentava la guancia, la foglia di platano era la mano, la palma da dattero il corpo e la mandragora la peluria sulla pelle.
In nessun passo della Bibbia si trovano descrizioni dei frutti, dei fiori e delle erbe dell’Eden. Nelle traduzioni dall’ebraico, dal greco e dal latino, si parlava di anemoni e semi di anice, giunco e coriandolo, cumino e aneto, acoro e lino, malva e menta, fiore della esurrezione e rosa di Gerico, ruta e assenzio. Tra gli ortaggi consacrati nelle Sacre Scritture figuravano invece fagioli e cetrioli, aglio e zucca, porri e lenticchie, senape e cipolla. Per quanto riguarda poi gli alberi con un significato sacro, c’erano l’acacia e il frassino, il lauro e il gelso nero, il castagno e il cipresso, l’olmo e l’abete, il mirto e la quercia, il sicomoro e il salice.
Figuravano inoltre piante più esotiche come l’aloe e l’ebano, il ginepro e il lentisco, l’ulivo, il sandalo, e le tamerici provenienti dal Vicino Oriente. Lo storico medievale Rabano Mauro non voleva che nei giardini dei chiostri fossero presenti piante non menzionate nella Bibbia.
Per lui, quel giardino rappresentava infatti la Chiesa, che portava i frutti dello Spirito Santo ed era nutrita da sacre sorgenti curative, fino a diventare un nuovo Eden.
Nel periodo delle crociate, l’influenza islamica sul cristianesimo forse più significativa fu la rosa, che divenne il simbolo della Vergine Maria. Avicenna raccomandava quella siriana, per la sua acqua di rose e per il suo impiego in composti medici. Il poeta persiano Nizami racconta di un duello tra due dottori: quello che usava il veleno fu sconfitto dall’altro grazie a un antidoto, mentre il primo era talmente corrotto che venne ucciso dal profumo della rosa innocente. La stessa morte venne attribuita al famoso rabbino Loëw di Praga, colui che forgiò il mostro di terracotta, il Golem: sarebbe morto solo con petali di rosa, perché non vi era modo di sconfiggerlo se non con quell’odore dolce.
Ironicamente, quando la salvezza scientifica giunse dal Vicino Oriente, i crociati cominciarono ad attaccare le fonti della loro nuova educazione.
Ignoranza e fede presero d’assalto una cultura migliore e un’altra fede. Ma in Spagna, dove i mori erano insediati a Cordoba, Siviglia e Toledo, e nel regno normanno di Sicilia, studiosi greci e arabi continuarono a portare le conoscenze orientali alle paludi dell’Occidente.
La scuola di Salerno produsse il primo testo medico ed erbario in Europa, il Regimen Sanitatis Salernitum, che alla fine si diffuse in 240 edizioni in prosa e poesia. La British Library ne conserva ancora una copia miniata, che illustra immagini perfette di frutti e ortaggi medievali. Dopo il sacco di Salerno avvenuto nel XII secolo, la scuola venne sostituita dai nuovi istituti medici di Napoli, Palermo, Bologna, Padova e Montpellier, attraverso cui la letteratura medica dell’Islam cominciò a guarire le superstizioni del mondo latino.
Anche Aristotele venne riscoperto grazie alla traduzione araba che Averroè fece delle sue opere, così i suoi metodi di osservazione e di sperimentazione passarono ai primi scienziati come Roger Bacon, che cominciò a osservare i fenomeni direttamente, invece di accogliere le verità attraverso la saggezza dei padri della Chiesa. Anche l’enciclopedia di Alberto Magno, con le sezioni De Animalibus e De Vegetabilibus et Plantis, si fondava sul metodo aristotelico dell’osservazione. Queste furono le più importanti opere del XIII secolo, quando i crociati erano già stati cacciati dalla Terrasanta. Essi fecero ritorno in patria importando alcune tecniche e conoscenze islamiche, come il procedimento d’imbalsamazione dei corpi dei cavalieri o quello consistente nel dissezionare e bollire delle parti per rimuovere il teschio e le ossa per la sepoltura in patria, come accadde a sir William St. Clair, prima di essere condotto a Rosslyn, dove riposa sotto la sua piccola lapide del Graal.
Dottori ebrei itineranti si occupavano dei malati. Diversamente erano i monasteri gli ospedali del Medioevo, con l’appoggio di quelli degli ordini militari, in particolare dei cavalieri di San Giovanni e dei cavalieri teutonici. La cura dei malati era sempre stato un dovere degli ordini religiosi.
Prima dell’ascesa di Carlo Magno, attigui ai conventi si trovavano sempre giardini con erbe officinali, come quello creato da santa Radegonda quando, in fuga dalla dissoluta corte merovingia, si rifugiò in un convento vicino a Poitiers e venne lodata per il paradiso verde che vi creò.
Fece persino appendere ghirlande ai muri del refettorio, come avveniva nelle feste sacre in tempi classici.Nel XII secolo la Physica di santa Ildegarda elenca diverse centinaia di piante e cento alberi necessari al giardino dell’ospedale. E Alexander Neckham, abate di Cirencester, morto nel 1217, illustra in modo specifico l’orticoltura monastica nel suo De naturis rerum:
Il giardino dovrebbe essere ornato da rose e gigli, girasoli (heliotrope), violette e mandragora; in esso dovrebbero trovarsi prezzemolo, finocchietto, abrotano, coriandolo, salvia, santoreggia, issopo, menta, ruta, frassinella, sedano, parietaria, lattuga, crescione e peonie. Bisognerebbe inoltre piantare letti di cipolle, porri, aglio, zucche e scalogni; un giardino viene arricchito inoltre se nel suo grembo crescono cetrioli, papaveri che danno sonnolenza, narcisi e la brancorsina (acanthus). Dovrebbero poi essere presenti anche erbe per minestra come barbabietola, mercuriale, bietola, acetosella e malva.
Un buon servizio ai giardini piccoli è reso da anice, senape, pepe bianco e assenzioIn Middle English la parola latina paradisus appare per la prima volta nel 1175 in una frase della Bibbia, «God ha hine brohte into paradis». Quando Chaucer scrisse il Racconto dell’Allodiere il termine indicava generalmente un giardino fiorito:
E maggio con le sue lievi piogge aveva dipinto tutto il giardino di foglie e fiori, e la mano maestra dell’uomo l’aveva adornato così splendidamente, che non vi fu mai di sicuro un altro giardino di tanto pregio, all’infuori dello stesso paradiso. Anzi, le parole yard e garden risalgono alla parola geard, che in Old English significava «recinto di canne». Anche giardini e cortili erano recintati.
I crociati avevano portato dall’Oriente il più semplice di tutti i modelli di giardino del paradiso o Eden, diviso in quarti da quattro fiumi che fluiscono da una fontana centrale. Il progetto era osservabile nei Veda indù, sui tappeti persiani e sulle tombe templari. Tuttavia, nella Mappa Mundi della cattedrale di Hereford, i quattro fiumi fluiscono da un giardino dell’Eden circolare e circondato dal fuoco, mentre Adamo ed Eva mangiano il frutto proibito.
Il quadrato diviso in parti sarebbe divenuto il disegno principale utilizzato per lo spazio verde all’interno del chiostro medievale. Anche canali e sentieri all’interno del rettangolo riflettevano la croce all’interno del cosmo. In ognuno dei quattro segmenti venivano piantate erbe o rose, viti o alberi da frutto. San Bernardo disse, «il chiostro è veramente un paradiso, un luogo protetto dalle difese della disciplina, in cui si trovano in abbondanza preziose ricchezze».
L’elemento base del giardino medievale era dunque un quadrilatero diviso, che divenne anche simbolo dell’amore perfetto, che si oppone al mondo esterno. La sua funzione, tuttavia, venne mutata dai monaci che guarivano, oltre che pregare. Con le loro erbe e spezie volevano ripetere le cure e i miracoli di Cristo.
Gli scavi effettuati tra le macerie dell’antico ospedale agostiniano di Soutra, a sud di Rosslyn sulla collina di Lammermuir, hanno riportato alla luce 79 specie diverse di pollini o spore. La maggior parte erano menzionate nel Capitulare di Carlo Magno o nell’opera dell’abate Neckham, che si pensa abbia influenzato l’orticoltura di Soutra, quanto il misterioso Macer, lodato dal poeta John Gower per la sua conoscenza «del potere delle erbe». Le quattro erbe principali coltivate a Soutra erano il papavero da oppio, la canapa, il lino e la tormentilla. Due di queste producevano farmaci potenti come anestetici. Durante un’operazione, veniva posizionata una spugna immersa nell’oppio o nell’ashish sul naso del paziente, che poi era fatto rinvenire strofinandogli aceto sui denti.
Già la Genesi (2,21) sembra autorizzare l’utilizzo di droghe nella chirurgia: «Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto». Anche per fare rinvenire Cristo stesso in croce si narra che venne usata una spugna inzuppata nell’aceto. Due delle colture principali di Soutra poi, il lino e ancora la canapa, invece di sogni dolci producevano fibre per il panno, tela e corda. Le spezie orientali ritrovate negli scavi erano importate da Montpellier e oltre che sul cibo, venivano utilizzate nei composti medicinali dell’epoca.
I benedettini di Montecassino avevano fondato il prototipo del giardino medicinale. Sulle isole inglesi, il primo esempio apparve nella pianta degli edifici monastici della Christ Church di Canterbury, dove un grande giardino di erbe è indicato nello spazio tra l’infermeria e il dormitorio.
Nell’abbazia di Westminster, l’attuale giardino del College era parte dell’antico giardino dell’infermeria, mentre la vicina Vine Street segna ancora il sito dell’antica vigna.Nella comunità monastica, l’hortolanus riforniva sia il dispensiere che la farmacia. I giardini delle abbazie nutrivano e guarivano. Un contemporaneo descrisse come negli spazi verdi di Chiaravalle, dove san Bernardo fondò l’Ordine cistercense, il canto degli uccelli proveniente dai frutteti deliziasse coloro che si stavano rimettendo dalle malattie. «Dove termina il frutteto comincia il giardino, diviso in vari scomparti, o (anche meglio) rigato da piccoli canali, dove più o meno fluisce l’acqua anche se non in discesa […] L’acqua ha il doppio compito di nutrire i pesci e di irrigare gli ortaggi.» Nel canto gregoriano, la terza delle sette invocazioni che annunciano l’avvento di Cristo era O Radix Jesse, cantata sempre dal custode dei giardini, che si riteneva si occupasse del tronco di Iesse da cui aveva avuto origine la casa di Giuda.
Attraverso l’utilizzo di erbari medievali per rendere la sua cappella di Rosslyn un Eden di pietra, William St. Clair fu particolarmente influenzato dal testo Lilium Medicinae del fisico scozzese Bernard of Gordon, il quale era stato a sua volta fortemente influenzato dalla medicina araba. Il conte stava creando un paradiso di pietra lavorata, il suo voleva essere un giardino persiano o islamico, oltre che biblico. Egli riteneva che la cappella di Rosslyn si trovasse su una collina o monte della salvezza. Le due colonne scolpite rappresentavano l’Albero della Vita e l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male. Oltre a un angelo armato di spada di fuoco e un altro che portava foglie di palma, gli intagli rappresentavano la storia della Genesi e l’espulsione di Adamo ed Eva dall’Eden.
Le mura che cingevano la cappella di Rosslyn rappresentavano per lui un giardino cinto da mura, «un luogo segreto, che racchiude i misteri dell’Antico e Nuovo Testamento». Questa era l’idea di William St. Clair quando chiese alle sue maestranze di scolpire piante e fiori al loro interno. La maggior parte degli intagli, se non tutti, illustravano qualche aspetto della fede cristiana, una virtù o una lezione divina.
Il giglio in pietra della cappella rappresentava la purezza della Vergine Maria, spesso raffigurato in dipinti dell’Annunciazione e dell’Assunzione.
L’iris o fiordaliso richiamava la spada che trafisse il fianco di Cristo in croce. È il simbolo scelto a rappresentare i re di Francia e anche un simbolo dei St. Clair, perché suggeriva la discendenza di Cristo da Davide, e forse fino ai capeti e alla famiglia di Sanctus Clarus con il loro sangue francese. Le piante a tre foglie della fragola e del trifoglio ricordavano la trinità a coloro che osservavano. Il garofano o diantus rappresentava invece i chiodi che trafissero il corpo di Gesù durante la Passione.Ciascuna erba o pianta intagliata aveva il suo significato esoterico. Come in un giardino di piante officinali o in un erbario, gli intagli di Rosslyn divennero così una guida alla Bibbia, attraverso un paradiso in pietra cinto da mura. Il conte William, che nel XV secolo progettò il luogo sacro, fu colui che registrò il giardino divino prima del Rinascimento e della scoperta delle piante americane, per quanto nella cappella se ne trovino due: il mais e l’aloe. Anche questi intagli forniscono un’ulteriore prova che il nonno, il conte Henry St. Clair, aveva tentato di fondare una colonia nell’Eden del Nuovo Mondo e aveva fatto ritorno in patria con esemplari vegetali del nuovo continente. Più sconcertanti sono gli intagli che raffigurano animali africani, un elefante, una gazzella e persino un coccodrillo, che sembra essere allattato da una lupa.
Interpretare la cappella è come leggere un erbario scolpito. Nello stesso periodo dei lavori nella cappella, Peter Schoeffer, allievo di Gutenberg, fece stampare in moltissime edizioni il grande Hortus Sanitatus, le cui xilografie hanno corrispondenze straordinarie con gli intagli di Rosslyn.
I muri della cappella di St. Clair sono il giardino curativo della fine del Medioevo. Sono la botanica prima dell’epoca dei Tudor, la cura prima dell’avvento della medicina moderna. […]».