BALAUSTRA N° 1/GR DEL 9 FEBBRAIO 2006 E\V\
MESSAGGIO DEL S\ G\ M\ OTTAVIO GALLEGO
Firenze, 14 febbraio 2006
Al Fr\
Gustavo RAFFI
G\ M\ del G\O\I\
Palazzo Giustiniani
ROMA
Venerabilissimo Gran Maestro,
ho letto con attenzione la Balaustra n. 1/GR del 9 febbraio 2006 e non mi sono né meravigliato, né stupito, del suo contenuto. Forse, se mi è consentito, andava scritta qualche anno prima in maniera tale da far comprendere, a chi ancora non l’ha compreso, che il Grande Oriente d’Italia è l’unica espressione della Massoneria Italiana e che il Gran Maestro non è un “maestro elementare” ma una figura carismatica che guida l’Ordine con la propria saggezza e lo rappresenta a qualsiasi livello.
La mia non vuole essere sterile polemica ma già nel novembre del 2003 (al momento che apparse su “Repubblica” l’intervista a Manlio Cecovini) ti telefonai per sentire se eri intenzionato a rispondere ma mi fu detto che non era il caso trattandosi di una persona anziana. Io, però, come Presidente di un Rito non potevo sottacere a tali affermazioni e feci pubblicare sul nostro sito web (non avendo alcuna facoltà per rispondere a mezzo stampa) l’articolo che ti allego in copia.
Tutta questa questione mi addolora perché mi immagino cosa possano pensare tutti quei Maestri che non sono iscritti ad alcun Rito (e sono la maggioranza) di questa ingerenza di alcuni Riti nelle vicende dell’Ordine. Da parte del Rito Simbolico Italiano sai benissimo che rispettiamo in pieno il “Protocollo d’intesa” firmato a suo tempo e l’unica nostra preoccupazione è di portare all’Ordine quanto da noi elaborato all’interno del Rito per arricchire i lavori dell’Ordine medesimo.
Chiedo scusa di questo mio sfogo ma, da vecchio massone, sono affezionato al Grande Oriente d’Italia e mi disturba vedere alcuni comportamenti che non sono né fraterni né adeguati al rispetto che tutti quanti dobbiamo all’Ordine ed al suo Gran Maestro.
Con il triplice fraterno abbraccio.
Ottavio Gallego
Gran Maestro degli Architetti
del Rito Simbolico Italiano
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BALAUSTRA N° 1/GR DEL 9 FEBBRAIO 2006 E\ V\
L’UNITÀ DELLA COMUNIONE
E IL RUOLO DEI CORPI RITUALI
I GRANDI ORIENTI
La secolare Avvedutezza Muratoria ha, da tempo, voluto i Grandi Orienti come i luoghi istituzionali, idonei e privilegiati, in cui il Lavoro dell’Arte Reale dei singoli Fratelli e delle singole Officine potesse amalgamarsi, in maniera adeguata, perfetta e proficua. Questo affinché l’esperienza individuale, filosofica ed esoterica di ciascun Fratello e di ogni Loggia — in una fattiva, spontanea e reciproca condivisione — potesse accrescersi sempre più, illuminando con la Luce della Saggezza il cammino spirituale, etico, civile e culturale di un popolo. È il motivo per cui, a partire dalla sua istituzione; ogni Grande Oriente è coinciso e coincide, geograficamente e organizzativamente, con lo Stato di cui — in ossequio agli Antichi Doveri e con massima e democratica lealtà — rispetta le Leggi Fondamentali e gli Ordinamenti. Ed è anche il motivo per cui la Libera Muratoria, pur auspicando aggregazioni super-nazionali di Stati, non cessa di difendere strenuamente, con la forza del convincimento, dell’esempio e della testimonianza l’unità dello Stato, vedendo in essa la garanzia di una giusta, equilibrata ed armonica crescita di tutti i cittadini: indipendentemente dal censo, dalle condizioni sociali, dal grado d’istruzione e dalle idee politiche e religiose.
IL PRINCIPIO DI UNITÀ NELLA LIBERA MURATORIA
In tale scelta, la Libera Muratoria è — tradizionalmente ed esotericamente — confortata dall’assoluta centralità ed importanza del principio di unità. Tale principio — che fa dell’uomo e del cosmo un’unica ed indivisibile realtà, deve essere ovunque propugnato, ovunque perseguito, ovunque difeso come l’asse portante del Perfezionamento Esoterico: a partire dall’individuo. Senza l’unità non può neppure esistere — se non a livello di finzione o di “strumento del potere” — quella molteplicità che tanto sta a cuore alla Libera Muratoria ed in cui si esprimono, al loro massimo grado, la Liberta, la Fratellanza e la Tolleranza. Senza di cui non può essere pensabile né sussistere l’Uguaglianza che è tale in quanto presuppone un comune fondamento: ossia l’unità.
A ciò si aggiunge — in una sapienziale e reciproca specularità — che il convertere in unum della vita pubblica, e a maggior ragione di quella Massonica, deve caratterizzare la vita di ciascun uomo che, tramite l’Iniziazione, voglia accostarsi e far propria la Luce Muratoria. Così, perseguire l’unità in se stessi equivale a rifiutare le centrifughe spinte negative provenienti dalla profanità e ribadire che totum requirit homo: che l’uomo cerca la totalità. Ma totalità ed unità sono una cosa sola: sono il tesoro prezioso della Conoscenza Muratoria e la meta cui deve guardare colui che vuole ad essa ispirare vita e pensiero.
IL GRANDE ORIENTE D’ITALIA E L’UNITÀ DELLA COMUNIONE
Non stupisce, di conseguenza, che ogni Grande Oriente ponga particolare attenzione a valorizzare — in sommo grado — il principio di unità, scorgendovi il motivo fondante della propria esistenza, di quella della Libera Muratoria e di ogni Scopo Iniziatico. A ciò non fa eccezione il Grande Oriente d’Italia che, nella sua storia bicentenaria,— in nome della Unità Nazionale, della Unitarietà della Sua Tradizione e della sua Unità come Istituzione, ha versato sangue, patito persecuzioni, sopportato oltraggi e subito scissioni: senza mai indietreggiare, senza mai cedere, senza mai deflettere dalla ricerca e dal mantenimento dell’Unità: il suo bene più prezioso. Pertanto, sulla base di quanto asserito, non può stupire che dovere fondamentale ed imprescindibile per chiunque regga il Supremo Maglietto del Grande Oriente d’Italia sia essere — come recitano le Costituzioni — il Garante della Tradizione Esoterica così come della Coesione e dell’Unità dell’Istituzione. Deflettere da tale dovere significherebbe venir meno al mandato di Sommo Interprete della Tradizione Esoterica — che compete alla Gran Maestranza — ma anche tradire la propria originale Scelta Iniziatica: ribadita ed accresciuta nei successivi passaggi di Grado e nei solenni Giuramenti connessi all’assunzione delle Cariche e dei relativi Carismi.
I RITI E L’UNITÀ
Con questo spirito, il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia — desideroso di preservare la Comunione da ogni minimo disagio — non può esimersi dal rilevare come, oramai da tempo, da parte di alcuni Fratelli appartenenti a Riti si delineano posizioni che contrastano con lo spirito di Unità che contraddistingue e ha sempre contraddistinto il Grande Oriente d’Italia. Simili posizioni — indipendentemente dal Grado rivestito dei loro sostenitori all’interno dei Riti — sono in palese ed aperta contraddizione con la Tradizione Esoterica della Libera Murato ria ed anche con il sorgere dello stesso Sistema Rituale. I singoli Riti — dai più antichi ai più recenti, dai più numerosi a quelli di minori dimensioni numeriche — non esistono certo e neppure sono mai esistiti in alternativa o in opposizione ai Grandi Orienti e tanto meno al Grande Oriente d’Italia. D’altronde — assodato in maniera assolutamente incontrovertibile che il primo ed unico Nucleo Massonico è stata, storicamente, la Loggia — anche quando l’esistenza del Grande Oriente d’Italia è stata preceduta dall’esistenza del Supremo Consiglio di un Rito, quest’ultimo, non appena possibile, ha contribuito a dar vita al Grande Oriente ed in esso, con grande senso di responsabilità, è confluito. Infatti, qualsiasi Grande Oriente non è che l’estensione spaziale della singola Loggia al fine di costituire — in primo luogo esotericamente ed in secondo luogo istituzionalmente ed amministrativamente — un più ampio Corpus Massonico Nazionale. Corpus il cui fine ultimo — in profonda armonia con i Principi Universalistici della Libera Muratoria da sempre professati — è quello di costituirsi in un unico ideale Corpus Mondiale: in nome della Libertà, dell’Eguaglianza, della Fraternità, dell’Amore e della Tolleranza. Questo accade anche per il corpus ecclesiastico in cui nessun ordine religioso potrebbe, neppur lontanamente, pensare di sostituirsi alla Chiesa come corpo dei fedeli. Pertanto chi farnetica di una priorità iniziatica rituale o chi si sente prima membro di un Rito e, solo secondariamente, del Grande Oriente, tradisce la Solenne Promessa e si esclude dalla Comunione con la Libera Muratoria del Grande Oriente. Nel contempo, infrangendo l’Unione, la Totalità e la Complexio Oppositurum, che costituisce il Corpus Massonico-Iniziatico del Grande Oriente, si qualifica come un “contro-iniziato”: ossia come colui che lavora per il trionfo di tutto ciò che è ostile allo Spirito Massonico. Come tale — per il bene dell’intero Corpus Massonico — deve essere allontanato dalla Comunione, cui di fatto non più appartiene.
I CORPI RITUALI
I Riti invece — non a caso chiamati “Corpi Rituali” — sono sorti o sono confluiti nel Grande Oriente allo scopo di favorire e migliorare ulteriormente il Cammino Iniziatico che, per ciascun Fratello, ha preso l’avvio con il grado di Maestro. Grado regolarmente conseguito sotto gli auspici del Grande Oriente e senza il quale — giova ricordarlo — non è possibile accedere a nessun Rito. Con ciò — implicitamente ed esplicitamente — ribadendo la priorità esoterica della Liberà Muratoria che, come Grande Oriente, esprime la Regolarità Iniziatica propria alla Trasmissione Massonica. Cosa questa che non sottrae né indebolisce l’autonomia dei Corpi Rituali di cui proprio il Grande Oriente si onora di essere il Supremo Garante. Semmai ne accresce il prestigio e la rilevanza, rendendo tutti i Riti partecipi del prestigio, della rilevanza del Grande Oriente: senza esclusioni, preconcetti o favoritismi. I Riti insomma sono una ricchezza di cui il Grande Oriente è orgoglioso di essere il depositario ed il contenitore, a patto che essi non vadano oltre le proprie funzioni, non aspirino a ruoli vicari e non travalichino le proprie competenze. Questo non sarebbe tollerato né dai Fratelli, né dalle Logge né dal Grande Oriente che non desiderano alcuna rottura della loro Coesione Iniziatica da parte di chiunque: Rito, Fratello o profano.
FIDUCIA E SEVERITÀ
Il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia — sulla base di queste convinzioni derivate dalla ininterrotta Tradizione Muratoria — non può, quindi, che ribadire la sua piena e totale fiducia nei Corpi Rituali. Non può che considerarli importanti e fondamentali per l’esistenza stessa della Libera Muratoria e del Grande Oriente. Nel contempo, però, non può esimersi dal richiamare — fraternamente ma severamente — chi per cattiva fede, ingenuità, superficialità o eccesso di zelo devia dal Cammino Massonico. Il Gran Maestro non può passare sotto silenzio chi vuole fraintendere il significato dell’esistenza dei Corpi Rituali, rischiando di incrinare l’unità del Corpus Massonico del Grande Oriente. Questo non potrà essere ulteriormente tollerato e permesso. Non lo consente l’Obbedienza alla Tradizione Esoterica, l’Amore per l’Unità della Comunione e l’Armonia indispensabile al Lavoro Muratorio: principi questi che vincolano ogni Fratello e — più di ogni altro — il Gran Maestro del Grande Oriente.
Tuttavia il Gran Maestro è assolutamente sicuro che il Corpus Massonico del Grande Oriente d’Italia è sano, maturo ed esotericamente motivato e preparato. Per questo non dubita che prevarrà — come, per altro, tutti i Fratelli credono e si augurano — la Luce della Saggezza, dell’Intelligenza e della Comprensione fugando le tenebre passeggere di ogni confusione. Tenebre che talora turbano gli uomini e, ovviamente, anche qualche Fratello. D’altronde, la Tradizione Sapienziale insegna che la Luce brilla nelle tenebre, ma insegna anche che senza le tenebre la Luce non potrebbe brillare in tutta la sua forza, in tutta la sua luminosità. Quindi, vengano pur le tenebre, se poi di nuovo — più forte, più brillante, più decisa e più sicura — la Luce divamperà nei cuori dei Fratelli, nei Corpi Rituali e nel Corpus di tutta la Comunione.
IL GRAN MAESTRO
Gustavo Raffi
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M E S S A G G I O
del
GRAN MAESTRO DEGLI ARCHITETTI
del
RITO SIMBOLICO ITALIANO
RAPPORTI FRA ORDINE E RITI
In relazione all’articolo apparso su “La Repubblica” del 2.11.03 contenente l’intervista al Fr: Manlio Cecovini, ed in attesa che il Gran Maestro ed il Sovrano Gran Commendatore del R.S.A.A. prendano posizione riguardo alle dichiarazioni ivi contenute, ritengo mio dovere, non per spirito polemico ma per amore di verità, far chiarezza ancora una volta in merito ai rapporti esistenti fra i Riti – compreso ovviamente il R.S.I. che ho l’onore di rappresentare – e l’Ordine.
E’ un argomento che ho ritenuto opportuno affrontare più volte nelle sedi più idonee, al fine di chiarire – per quanto possibile, visto che ancora si fanno dichiarazioni come quella in oggetto – che fra i Riti, tutti e ciascuno, e l’Ordine la relazione non può essere che di assoluto rispetto reciproco senza alcuna interferenza per quanto concerne i regolamenti interni e la ritualità, mentre vi è e vi deve essere una totale comunanza di intenti per quello che è lo scopo cui tendono tutti gli uomini liberi e di buoni costumi.
Quindi nessuna posizione di preminenza o di sudditanza, nemmeno formale, tra i Riti e l’Istituzione, con la speranza che ci si renda conto di ciò per evitare affermazioni che stonerebbero anche nel mondo profano e con le quali si cerca tendenziosamente di stabilire una gerarchia tra gli insegnamenti offerti dagli uni e dall’altra.
Colgo l’occasione per trascrivere le conclusioni cui si è addivenuti in occasione del recente incontro di Torino – organizzato dal Rito Simbolico Italiano – del 4 ottobre 2003 sul tema “La funzione dei Riti nella libera Muratoria del terzo millennio”, convegno al quale hanno partecipato e portato il loro contributo insigni rappresentanti di tutti i Riti riconosciuti dal Grande Oriente d’Italia. “ Le dotte esposizioni dei vari oratori ci consentono, a mio avviso, di raggiungere lo scopo che ci eravamo prefissi nell’indire questo Convegno e cioè dare una risposta alla domanda che ne costituisce l’argomento: quale sia la funzione dei Riti nei confronti dell’Ordine. Infatti lo studio parallelo e l’applicazione costante di simbologie e tradizioni diverse non può che produrre l’auspicato passaggio dalla diversità all’unità, mentre la ricerca spirituale condotta ed approfondita nei vari campi ha come risultato quello di offrire a ciascuno di noi una visione sempre più ampia della Realtà se accogliamo nel nostro cuore e nella nostra mente, insieme a quella parte della Verità che siamo riusciti ad intravedere con il nostro sforzo personale, anche la Verità che è stata colta dagli altri.
Mai come ora ho trovato estremamente utile il paragone che il mio Maestro era solito fare tra la verità ed i diamanti: ne ho parlato molte altre volte ma ritengo utile ricordare che la Verità assoluta è come un immenso diamante dalle infinite sfaccettature, ed ogni uomo, dalla posizione in cui si trova, è in grado di vederne solo alcune, e questa è appunto la sua verità. Ma se egli non rifiuta ed anzi è disponibile ad accettare quella parte della Verità che gli altri hanno a loro volta intravisto, la sua visione diverrà sempre più ampia e più vicina all’Assoluto.
Ed infatti non è pensabile che un solo Rito, così come un solo culto o una scuola filosofica sia in grado di elaborare l’enorme congerie di concetti, idee, supposizioni, intuizioni ecc. che nel corso dei secoli, fin dagli albori dell’umanità si è venuta accumulando su quello che è il punto focale della ricerca di ogni essere umano: chi sono, da dove vengo e dove vado. Così come dobbiamo riconoscere i meriti delle varie scuole che si sono succedute nell’evolversi del pensiero umano, analogamente dobbiamo essere grati a coloro che in ciascuno dei Riti di cui oggi parliamo hanno portato il loro contributo alla ricerca comune.
Da tutto ciò l’Ordine non può che trarre un indubbio vantaggio e lo conferma il fatto che, con il riconoscimento di vari Riti, ha inteso decentrare la sua opera di studio e di approfondimento dei vari aspetti della Tradizione, compito questo quanto mai importante ma anche gravoso, di cui l’Istituzione non potrebbe farsi totalmente carico. Ma è nell’Istituzione che debbono confluire gli apporti dei Riti soprattutto se consideriamo il potenziale energetico costituito dal lavoro svolto da ciascuno di essi e l’arricchimento che ne consegue per tutti i Fratelli.
Di questo movimento dalla periferia al centro, di questo cammino dalla diversità verso l’Unità, possiamo fare molti esempi: prendiamo le mosse dalla ricerca e dalla scoperta dei punti in comune esistenti tra le ritualità più diverse e non solo tra quelle massoniche. Non possiamo fare a meno di notare come in ogni tipo di relazione umana, anche le più comuni, sia invalso un atteggiamento che porta inevitabilmente alla regressione anziché all’evoluzione: mi riferisco all’abitudine di cercare sempre e ovunque i motivi di contrasto e non quelli di accordo, di notare prima di tutto ciò che divide anziché ciò che unisce.
Tutto ciò lo riscontriamo continuamente nella vita quotidiana; ma ove subentri un comportamento rituale, specialmente in Massoneria, si impone la conciliazione degli opposti, che debbono essere visti e vissuti non come contrari ma come complementari. Questo equilibramento degli opposti può avvenire sul piano orizzontale, che è quello della vita quotidiana, ma anche sul piano verticale, ove si muovono gli iniziati. Un esempio molto chiaro è quello della conciliazione tra odio e amore, che nella quotidianità può dar luogo all’indifferenza, ma a livello spirituale ha come risultato la comprensione amorevole.
Ma l’apporto che i Riti possono dare all’Istituzione e all’umanità intera, nei loro compiti di studio e di ricerca, va molto al di là di un semplice fatto culturale o filosofico. Infatti è lecito pensare che nel corso dei secoli molti iniziati ed altri uomini di pensiero abbiano progredito sulla via della realizzazione e di questa loro esperienza abbiano voluto tramandare la memoria ai posteri: senonchè, trattandosi di esperienze che andavano al di là del livello mentale, era impossibile comunicarle con il normale linguaggio e si rendeva quindi necessario ricorrere a simboli e metafore.
La Tradizione ci ha quindi trasmesso tutta una serie di messaggi che debbono essere colti intuitivamente e quindi decifrati nel loro profondo significato simbolico. Questo è appunto uno dei compiti più importanti, se non il più importante, che spetta a ciascun Rito, a seconda di quel ramo della Tradizione cui fa capo, e che certo non potrebbe essere svolto dal solo Ordine, il quale si limita a raccogliere questa messe preziosa e ad utilizzarla per le proprie finalità, comuni a tutti i Riti. Ecco ancora una volta che in pratica si effettua il passaggio dalla diversità all’unità.
Ottavio Gallego
Gran Maestro degli Architetti
del Rito Simbolico Italiano
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LA REPUBBLICA – DOMENICA 2 NOVEMBRE 2003
INTERVISTA ALL’EX SOVRANO DEL RITO SCOZZESE,
CHE METTE IN GUARDIA DALLA PROLIFERAZIONE DI LOGGE SPURIE
Concita De Gregorio
ROMA – «Dovrebbe provare a chiedere udienza al Sovrano», suggerisce uno dei massimi studiosi di massoneria in Italia mentre archivia, accatasta, sfoglia e cerca tra i cassetti.
«Guardi qui», tende una pagina.E’ una lettera di un alto prelato, uomo di chiesa eminentissimo, rivolta ad un uomo politico di rango.Data, 11 ottobre 2003: «Nutro per Gelli il rispetto dovuto ai parrocchiani, e lo ricordo ogni mattina nella messa», c’è scritto in un passaggio della missiva.
Diceva del Sovrano, professore. «Sì, provi a cercare il Sovrano.No, non quello attuale.Cecovini, il Sovrano per eccellenza. E’ ancora lui oggi in Italia il più autorevole e avvertito tra tutti i massoni ». Manlio Cecovini, 89 anni, è stato per dieci anni «Sovrano e Gran Commendatore del Supremo Consiglio del 33°ed ultimo grado del Rito Scozzese Antico e Accettato».Per i profani, con un paragone illecito, il Papa della massoneria dal 1977 al 1986.
Un tempo lunghissimo, durante il quale Gelli – all’epoca massone regolare – costruiva la P2.
Negli stessi anni in cui era Sovrano del Rito scozzese Cecovini, avvocato generale dello Stato, è stato sindaco di Trieste (1978-‘83) eletto con la Lista per Trieste, poi europarlamentare (1979-‘84j.Giornalista saggista e scrittore, ha pubblicato più di trenta volumi.Il suo nome compare nelle sentenze per la strage del 2 agosto 1980, essendo stato Cecovini a ratificare la promozione dal 3’ al 18’ grado massonico dei due principali imputati al processo.E’ stato, racconta lui stesso, «sentito per tre anni» dalla commissione P2 presieduta da Tina Anselmi.Era Sovrano nel periodo in cui Armando Corona era Gran Maestro del Goi: Il Rito scozzese sta al Grande Oriente d’Italia come un master alle scuole elementari.Il Grande Oriente è «la base», va dal primo al terzo grado di iniziazione massonica.Il Rito scozzese dal quarto grado al 33°, ultimo e perfetto.Ha scritto di lui Ettore Loizzo, ex gran maestro aggiunto del Goi, nel libro “Confessioni di un Gran Maestro”: «Un uomo di assoluto prestigio.La massoneria registrò con lui un grande recupero di credibilità e di immagine.Furono anni straordinari».
Avvocato Cecovini, il senatore Cossiga parla di una nuova primavera della massoneria.
«E’ così.Stiamo attraversando un buon momento».
Un boom di iscrizioni nelle 74 massonerie italiane.
«Settantaquattro?»
Censite. Così ci ha spiegato il Gran Maestro del Goi Gustavo Raffi. «Pulviscoli.Velleitari.Esiste una sola massoneria legittima in Italia».
La sua.
«Certamente. Il Grande Oriente, che è la base, e sopra – ma solo idealmente, noi non abbiamo gerarchia – il Rito scozzese antico e accettato di palazzo Giustiniani».
Anche la massoneria di piazza del Gesù ha una sua importanza.
«Lasci stare, non si addentri. Sfortunatamente nello stesso palazzo del Supremo Consiglio ha sede un’associazione spuria, di qui l’equivoco. Per antica dottrina, c’è una sola massoneria legittima e riconosciuta in ogni paese».
Dunque la Serenissima Gran Loggia Nazionale di Rito Scozzese antico e accettato, quella di Giorgio Paternò, quella che ha Licio Gelli come presidente onorario, è una massoneria irregolare.
«Realtà spurie. Purtroppo non ci sono leggi che regolino la materia. Ciascuno può darsi il nome che vuole, e costituirsi in massoneria. Attirano gli ingenui, che però spesso si ravvedono».
Non è il caso di Gelli, questo dell’ingenuità.