IL RICORDO FONTE DI VITA

Tavola del 3° 1780 cA noi massoni non piacciono le cose semplici. Tanto è che la via iniziatica per noi non è mai diritta.

Se è vero che la via più breve fra due punti è una linea retta, questa è anche la via più noiosa. La nostra via iniziatica invece è tortuosa, lunga, sofferta, ma ben più affascinante.

Ecco allora che per noi massoni anche la Morte non è una, ma triplice.

Affrontiamo infatti, durante l’arco della nostra vita massonica: la morte iniziatica, la morte mistica, la morte fisica.

Moriamo tre volte in cambio di una vita eterna.

1 – La “morte iniziatica” diventa la condizione “sine qua non” di ogni rigenerazione spirituale e in ultima analisi, condizione essenziale dell’immortalità.

Infatti non dobbiamo mai perdere di vista che la “morte iniziatica” significa al tempo stesso la fine dell’uomo naturale, non culturale, ed il passaggio ad un nuovo modo d’esistenza: quella di un essere che non vive unicamente in una realtà immediata.

La morte iniziatica fa dunque parte integrante del processo “mistico” mediante il quale si diventa “un altro”.

2 – La “morte mistica” è la capacità, da parte dell’iniziato, di porre la propria coscienza e quindi la propria entità pensante nelle medesime condizioni in cui verrebbe a trovarsi nello stato di “morte fisica”; pur rimanendo lo stato di vita e di coscienza.

Simboleggia la “Putrefazione” della materia, tappa ineliminabile per ogni autentico processo di “Rinascita”.

Ed è in questo stato di morte apparente che poniamo le basi per la nostra immortalità. Iniziamo a vivere una vita in un realtà o piano diversi.

Una realtà che ci legherà ad altri iniziati non con le azioni, ma con il Ricordo inciso nei nostri pensieri.

3 – La “morte fisica” a questo punto è piccola cosa perché appare come strumento di salvezza, quindi desiderabile perché utile e necessaria. Usciamo definitivamente dal piano fisico e, terminato il processo di “Putrefazione” con la morte mistica, ci avviamo alla Rinascita che ci porterà alla definitiva Immortalità.

Così come la Crisalide, abbandoniamo il bozzolo che ci ha contenuto e come spirito, inteso come principio immateriale del pensare e del valere, ci libriamo nello spazio infinito, vivi, finché vivo sarà il pensiero, o memoria, o ricordo.

Ecco, il ricordo!

La prima azione che compie il Maestro delle cerimonie nel Tempio ancora immerso nelle tenebre è quella di accendere il Testimone, in memoria e quindi nel ricordo dei Fratelli passati all’Oriente Eterno.

E’ la prima azione del Rituale di apertura dei lavori. E la prima celebrazione che affrontiamo all’inizio dell’anno massonico non a caso, è il rito funebre. Tutto questo ha un fine. Tutto questo significa: ricordare per dare. Dare una speranza ai vivi e una vita eterna ai morti.

E’ in serate come questa, Fratelli, che mi sovviene una massima a me cara di Cicerone:

“La vita dei morti sta nel ricordo dei vivi”.

Per me che non credo nell’aldilà cattolico o nella reincarnazione buddista, niente altro mi dà forza come questo aforisma.

Perché il pensiero di Cicerone rafforza il concetto di immortalità che ci trasmette la massoneria.

Teniamo in vita i nostri Fratelli, ricordandoli; e auguriamo allora lunga vita alla Loggia, affinché sempre ci sia uno di noi che ricordi.

“Fratelli cari, siamo ancora una volta insieme!”.

Rodolfo Barbagli