IL RUOLO DEL MAESTRO VENERABILE

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Prima di parlare del ruolo del Maestro Venerabile ritengo opportuno intrattenermi sulla figura del Maestro in genere, della quale la massima autorità della Loggia costituisce uno degli aspetti. Diceva Francesco Brunelli, che per l’appunto è stato uno dei nostri fratelli più impegnati nella ricerca, che “I Maestri esistono nella psiche come idee e come simboli”. Ciò fa parte di quel meccanismo psichico per cui ogni essere umano, per fare l’esperienza della propria identità rispondendo alle tre domande fondamentali che da sempre ciascuno si pone, ha bisogno di un punto di riferimento, di un modello, in altre parole di un Maestro. E più è valido il Maestro, tanto più completa e migliore sarà la formazione dell’IO.

Da quanto sopra detto derivano due conseguenze fondamentali: la prima, che il rapporto con il Maestro o con i maestri che si succedono nella vita di una persona assume connotazioni diversissime a seconda del grado di evoluzione di colui che chiameremo discepolo; la seconda, che il Maestro, anche se esistente in carne ed ossa, vive, insegna e muore essenzialmente dentro di noi. Perciò anticipando quella che sarà la conclusione di questo lavoro si può dire che l’uccisione del Maestro, che simbolicamente si ripete più volte nel corso della vita di ciascun uomo, non è altro che la fine di un suo stato di coscienza per pervenire ad uno stato di coscienza superiore, è la morte di ciò che di vecchio e superato esiste in ciascuno di noi, nel corso di quel costante divenire che è la vita e la crescita interiore.

Dobbiamo prima di tutto tener presente che nella mente umana ogni cosa od evento viene vissuto, al di là della cosa o del fatto in sé, anche come simbolo di una realtà che trascende il singolo oggetto o circostanza: ed il simbolo è forse il miglior strumento di apprendimento e di crescita, perché la conoscenza si acquista essenzialmente per mezzo delle analogie. L’insegnamento è tale quando non resta in superficie ma scende ad influenzare profondamente la psiche del soggetto, a livello cosciente ma soprattutto a livello inconscio, producendo dei cambiamenti spesso radicali. Perciò Maestro è colui che favorisce lo sviluppo delle potenzialità del soggetto con suggerimenti idonei e che è capace di influenzare i suoi processi psichici più profondi, modificandone sia l’atteggiamento che il comportamento.

Come si è visto, il Maestro esiste nella psiche di ogni uomo come idea e come simbolo e viene percepito in maniera diversa a seconda del diverso livello evolutivo del discepolo: questa differenza emerge soprattutto al momento della ricerca. Infatti vi è chi si mostra decisamente refrattario a certi tipi di insegnamento o per sua natura è sempre all’opposizione, e chi non muove un passo se prima non si è consigliato con qualcuno; chi tende a porsi come leader nel gruppo di appartenenza e chi mostra sempre un istinto gregario, e così via. Perciò il rapporto Maestro-discepolo non può essere correttamente inquadrato e studiato se non avendo ben presente la struttura della psiche umana ed in particolare quell’importantissima funzione psicologica che chiamiamo volontà e dal cui sviluppo dipende il grado evolutivo di ciascun individuo.

Infatti l’uomo non evoluto, il cui comportamento è di mera reazione a stimoli interni ed esterni, cercherà una guida solo per ciò che concerne i suoi problemi pratici di sopravvivenza, non si porrà problemi esistenziali e non cercherà la risposta alle tre domande fondamentali che sono fuori della sua portata. L’uomo che si risveglia e l’uomo in evoluzione, che si trovano invece in una delicatissima fase di transizione e di momentaneo squilibrio, cercheranno maestri ovunque e saranno facile preda di pericolose illusioni, anelando all’esperienza transpersonale senza aver prima armonizzato la loro personalità.

Infine l’uomo evoluto, che ha sviluppato la volontà come componente del suo IO ed è in grado di tenere un comportamento attivo, cercherà il Maestro interiore avendo “ucciso” quelli esterni, ed avvicinandosi all’ideale utopico dell’uomo totale, dell’uomo realizzato, sarà in grado di porsi come Maestro favorendo l’evoluzione altrui. Tuttavia, anche al di fuori di questa gerarchia ben precisa, ognuno in determinate circostanze può essere Maestro o discepolo, perché ogni rapporto umano – ed anche il rapporto dell’uomo con il contesto che lo circonda, con il grande Libro della Natura – è sempre fonte di insegnamento e di apprendimento.

Vi sono poi, nella vita di ogni essere umano, figure più o meno idealizzate cui egli attribuisce particolare importanza in quanto hanno avuto un’influenza determinante su una parte della sua esistenza: e qui bisogna distinguere se si è trattato veramente di maestri, magari a loro insaputa o loro malgrado, perché hanno offerto un valido insegnamento, o si è trattato di persone che hanno formato oggetto di proiezioni inutili o dannose ai fini della crescita dell’individuo. La tematica del Maestro come simbolo è ricorrente in tutte le culture: dal mitico Chitone, maestro di Dei e Semidei, al mago Merlino, maestro di Artù nell’epoca di passaggio dalla civiltà druidica all’era cristiana, dal Dragone di Saggezza dei cinesi, al Serpente che iniziò Adamo ed Eva alla scienza del bene e del male.

Il Maestro è colui che dà al discepolo il potere di trovare il tesoro nascosto o la spada che gli consente la conquista del regno: da un punto di vista psicologico possiamo dire che ci è maestro chi ci consente di scoprire i tesori nascosti dentro di noi e di conquistare il potere su noi stessi e da questo punto di vista possiamo riconoscere chi veramente ci è stato maestro di vita e liberarci da eventuali situazioni di dipendenza da chi maestro non è. Non dobbiamo dimenticare che l’oggetto di qualsiasi ricerca è sempre la propria identità: “Chi sono Io” è la domanda costante che ogni uomo rivolge a se stesso e rivolge a colui nel quale crede di ravvisare un Maestro in grado di dargli una risposta, dal padre che con la sua sola presenza consente al bambino la prima conquista del senso di identità, fino al Padre celeste in cui si identifica il mistico.

Nella molteplicità delle esperienze che ogni individuo compie nel suo processo di crescita interiore, ravvisiamo una serie ininterrotta di scelte di modelli che dopo un po’ di tempo vengono superati, creandosi così la necessità di nuove scelte. E poiché sappiamo che ogni scelta è sempre ansiogena, è facile comprendere come questo processo, anche ridotto al minimo come ambizioni personali ed elevatezza di mète e di ideali, si svolga non senza una buona dose di sofferenza e di stress: e non è detto che l’anelito del mistico che cerca il contatto con la Divinità sia meno sofferto di una banalissima arrampicata sociale, perché in ogni caso ciò che viene messo in gioco è la propria identità.

La scomparsa del Maestro corrisponde al raggiungimento dell’autonomia da parte del discepolo. Il Maestro scompare perché muore fisicamente, o interrompe volontariamente il rapporto, o perché è il discepolo stesso che “lo uccide”, sia abbandonandolo, sia mutando la natura del rapporto. E quando ciò accade senza che vi sia la scelta di un nuovo Maestro, due sono le possibilità: o il discepolo è cresciuto e si è liberato da ogni dipendenza psicologica, se non affettiva, e non ha bisogno di altri Maestri perché si sente tale egli stesso, avendo ormai sperimentato il rapporto con il Maestro interiore, con il suo SE’; o vi è una inflazione dell’IO, per cui l’individuo si sente onnipotente, perde il senso della misura, dei giusti rapporti umani, ed entra in una spirale involutiva dalla quale difficilmente potrà uscire senza l’aiuto di un vero Maestro.

Di questi ultimi esempi purtroppo ne vediamo tanti, nella vita di ogni giorno ed anche in Istituzioni dove costituiscono un vero anacronismo, che non occorre dilungarsi. Vediamo piuttosto qual è l’eredità che riceviamo dai nostri Maestri. Se interpelliamo un certo numero di persone, sentiremo che ognuna serba un ricordo reverente e riconoscente di coloro che nel suo vissuto si sono poste come Maestri, e ognuna racconterà esperienze diverse, facenti parte dell’immenso caleidoscopio dei rapporti umani. In realtà l’eredità del Maestro è sempre e soltanto una, perchè unico è l’oggetto della ricerca e ciò che il discepolo trova al termine del cammino altro non è che se stesso.

Come ho già detto, ciò che da sempre l’uomo va cercando è la propria identità, la risposta alla più intima e pressante delle domande “Chi sono Io“, ed ogni crisi esistenziale è sempre una crisi di identità, perché ci siamo sperduti nel mondo delle apparenze, ci siamo lasciati trascinare nella folle danza di Maya ed abbiamo perso o non abbiamo raggiunto il nostro IO. Allora, come foglie al vento, abbiamo avuto bisogno di qualcuno che ci afferrasse e ci trattenesse, inducendoci a guardare nell’interno di noi stessi dopo che per tanto tempo avevamo vissuto rivolti all’esterno; di qualcuno che, come uno specchio terso e fedele, ci facesse conoscere la nostra vera faccia facendoci prendere coscienza del nostro vero essere e aiutandoci a divenire consapevoli della nostra essenziale unicità di corpo, mente e spirito. Ma poi, una volta acquisita questa consapevolezza, divenuti consci delle nostre potenzialità per averle riconosciute nel Maestro che ci faceva da specchio, non resta altro da fare che riappropriarci di tutto ciò che è nostro e che avevamo proiettato fuori di noi, proprio sul Maestro: ecco perché possiamo dire che in sostanza l’eredità del Maestro è la stessa per tutti gli uomini, la conoscenza e l’amore del proprio SE’.

Da questa panoramica si evincono anche quelle che sono le peculiarità del ruolo del Maestro Venerabile, la cui figura costituisce uno degli aspetti del simbolo del Maestro in generale. A sua volta, il Maestro Venerabile è circondato da simboli che lo rappresentano: siede all’Oriente, da cui tradizionalmente proviene la Luce, e sul suo scranno si trovano una statua di Minerva, la spada fiammeggiante ed un candelabro a tre luci. Quanto a Minerva, o Athena, la mitologia narra che nacque adulta e armata balzando fuori dalla testa di Giove: essa rappresenta la saggezza, di cui fanno parte la discriminazione, la comprensione e la compassione, qualità che il M.V. deve sforzarsi di evocare dall’animo degli adepti, soprattutto durante quel delicatissimo compito che è l’istruzione degli Apprendisti. A questo termine preferisco quello di “formazione”, perché è importante che l’uomo di desiderio, avviatosi a diventare uomo di volontà, impari non solo le regole del rituale massonico, ma anche e soprattutto le regole dei retti rapporti umani, per le quali è indispensabile lo sviluppo di determinate qualità.

Quindi, oltre al trinomio che campeggia sulla parete del Tempio, il Maestro Venerabile deve indicare come mèta da perseguire un ampliamento delle coscienze tale da rendere naturale in ciascuno dei Fratelli l’esercizio della tolleranza e delle altre qualità sopra accennate. Quanto al simbolo della spada fiammeggiante, essa si distingue dalla spada usata in altri tipi di iniziazione perché rappresenta al tempo stesso sia il fuoco che distrugge l’uomo vecchio per dar vita all’iniziato, sia la fiamma perenne dell’amore che è alla base di ogni valido rapporto umano. Quindi non un amore possessivo od ablativo, ma un amore radiante come quello che ha dato origine alla Creazione. Infine, per ciò che concerne le tre luci, mi sia consentita una interpretazione personale riguardante i tre requisiti che consentono alla volontà umana di adeguarsi e armonizzarsi con la Volontà Cosmica: infatti la volontà, che insieme alla coscienza è l’energia vitale dell’uomo, deve essere non solo forte – per mantenere la tensione verso la mèta -, ma anche saggia – per ottenere il miglior risultato con il minor dispendio energetico -, e soprattutto buona, cioè orientata positivamente per il bene proprio e dell’umanità.

Questo a mio avviso è il ruolo del Maestro Venerabile, che implica una grande responsabilità, prima di tutto verso se stesso per non venir meno al proprio compito di guida morale e spirituale della Loggia: ma questo compito è reso meno gravoso e soprattutto pieno di gioia se egli è a sua volta inserito nell’armonia universale.

Ottavio Gallego