Il Tempio assalito. Introduzione allo studio della campagna antiesoterica nell’Italia fascista – da Politica Romana n. 5, 1998/1999
Questo lungo saggio è comparso per la prima volta su Politica Romana. Crediamo di non errare se affermiamo che la rivista propugna una spiritualità romana contrapposta sia a quella nordico-germanica sia al cattolicesimo, con uno spirito risorgimentale che la mette spesso in contrasto con ambienti di estrema destra.
La cultura che questa rivista rappresenta non ci pare tuttavia molto lontana dalla “via aperta all’Iniziazione Massonica al modo come la Tradizione si è presentata in Italia nell’insegnamento di Pitagora” cui si richiama il nostro Serenissimo Rito, e, non a caso, l’autore, il dott. Lloyd Thomas, è un ricercatore storico di indubbia capacità che è stato ospite alla VI Accademia del Rito Simbolico Italiano. Ringraziamo l’autore per averci permesso di ripresentare qui il suo articolo.
L’Italia occulta
Quale è stato il ruolo storico dell’esoterismo in Italia nel ventesimo secolo? Fino ad ora si tratta di una domanda che pochi storici si sono voluti porre, a parte qualche specialista. Forse il fatto non sorprende, dal momento in cui, nella storiografia italiana del dopoguerra, anche un fenomeno macroscopico sul piano storico e sociale come la Massoneria (la quale, pur non volendo definirla come organismo “esoterico” tout court, presenta diversi legami con il mondo dell’esoterismo) è stato sostanzialmente trascurato, oppure, salvo qualche notevole eccezione, fatto oggetto di trattazioni di parte che non hanno sempre contribuito a delinearne l’effettivo ruolo. In quanto alle vicende di altri movimenti del Novecento, di minore consistenza numerica ma non per questo meno significativi, come il Gruppo di Ur, gli ermetisti che fanno capo a Giuliano Kremmerz, gli steineriani ed i gruppi teosofici, è sceso un velo di silenzio. Ciò, nonostante l’imponente apparato pubblicistico e poliziesco che si era messo in moto, non solo per combattere l’antifascismo politico ma anche – e forse soprattutto – per schiacciare i tentativi di coltivare filosofie, modelli di pensiero e tipi di spiritualità diversi dall’ortodossia politico-religiosa dominante. Riteniamo utile, quindi, presentare queste considerazioni introduttive relative ad un particolare aspetto della vita spirituale dell’Italia: la campagna antiesoterica condotta durante regime fascista.
Un’introduzione alla “storia dell’esoterismo” dell’Italia contemporanea deve inquadrarsi nell’attuale situazione della storiografia in cui all’approccio idealista (e tendenzialmente ideologizzato) tende a sostituirsi la posizione positivista, che privilegia maggiormente il ricorso alle fonti archivistiche. A questo proposito, non è solo il progresso delle conoscenze storiografiche a determinare un modo diverso di studiare o di interpretare la realtà, ma è il mutare dell’assetto sociale e culturale ad imporre il ricorso a nuove interpretazioni. Una maggiore attenzione a questo fenomeno si rende ancora più necessaria, dal momento che alcuni ambienti integralisti tornano a propagandare una visione politico-teologica della storia italiana, stigmatizzando il ruolo di correnti di pensiero alternative al cattolicesimo.
Abbiamo preferito parlare di storia dell’esoterismo, anche se la materia trattata in questa sede non riguarda tanto l’esoterico in senso strettamente filologico, quanto un vasto mondo, alquanto eterogeneo, all’interno della società italiana, che in qualche modo si identificava nell’esoterico o nell’occulto. Dice bene Parodi che “l’esoterismo non è una moda, che ciclicamente rinasce dalle ceneri del razionalismo materialista: esso è un “modo di essere”, di porsi nei confronti della realtà universa” [1] . Vale comunque la pena di soffermarci in primo luogo su alcune definizioni, poiché la stessa terminologia è stata manipolata nell’ambito della polemica politica e religiosa nei confronti dell’esoterismo.
Innanzi tutto, nel periodo da noi studiato, si utilizzano spesso i termini “esoterismo” e “occultismo” senza distinguere l’uno dall’altro; chiediamo l’indulgenza del lettore, che dovrà tenere conto della mancanza di rigore filologico in molta documentazione dell’epoca. Da una parte, com’è noto, la spiritualità “nascosta” o esoterica presuppone l’esistenza di un corpo di insegnamenti religiosi e filosofici palesi o essoterici, per cui è lecito parlare, per esempio, di buddismo esoterico o di esoterismo dantesco. D’altra parte, il termine occultismo nasce nell’Ottocento per descrivere quell’insieme di idee e di movimenti i quali, in contrasto con il positivismo materialista dell’epoca, miravano a valorizzare sia le antiche scienze occulte (dette anche ermetiche) come l’alchimia e l’astrologia, sia il nascente fenomeno dello spiritismo o della metapsichica, precursore, in un certo modo, della parapsicologia [2]. In seguito agli sforzi del materialismo scientista oltreché delle varie confessioni religiose, il termine ha acquisito un certo alone negativo. Nel periodo che ci interessa, il termine occultismo veniva talvolta adoperato in senso dispregiativo, ma anche con accezione puramente descrittiva, e comprendeva non solo l’esoterismo ma anche lo spiritualismo e il misticismo in genere. A volte si trattava di una definizione piuttosto generica, come quella del vociano Panzini, per il quale occultismo significava lo studio e la penetrazione di tutto ciò che nella natura è mistero [3]. Per Evola, invece, si trattava del sapere contrapposto al fideismo: Il presupposto gnoseologico fondamentale dell’attitudine occultistica è dunque questo: che è meglio saper di non sapere che credere [4]. Anche l’Enciclopedia Italiana mantenne un tono relativamente distaccato: per i cultori dell’occultismo, era possibile venire a conoscenza di certi enti e certe forze attraverso pratiche svariatissime, implicanti profonde modificazioni psichiche individuali [5]. La guerra delle parole ebbe comunque un ruolo importante per quelle forze intente ad imporre una condanna di stampo politico-teologico, sia attraverso i controlli sulla stampa periodica imposti dal regime nel 1926, sia per il clima inquisitoriale il quale, in presenza della legislazione liberticida, favoriva improvvisi ripensamenti nel campo delle scelte spirituali.
Non è compito di questo saggio offrire uno studio comparato delle diverse scuole, esoteriche od occulte che siano, né di fornire un quadro particolareggiato delle loro dottrine; né si tratteranno in questa sede i fenomeni della magia popolare e dei servizi a pagamento offerti dai chiromanti e via dicendo. Si cercherà piuttosto di fare luce su alcuni personaggi ed organizzazioni di un certo spessore culturale che in vario modo si sono occupati di indagini sul mistero negli anni tra le due guerre. Dopo aver tracciato un quadro sintetico dell’Italia esoterica nei primi anni Venti, si passerà all’esame dell’opera di persuasione culturale, una vera e propria campagna antiesoterica mossa principalmente dalla corrente che si potrebbe definire clerico fascista: ossia quella vasta area di convergenza tra fascisti ed esponenti del cattolicesimo politicizzato, i quali accettarono, in qualche misura, le ragioni delle rispettive politiche 6 . Tale connubio, a prescindere dal fatto che nascesse per convinzione o per opportunismo, era sorto soprattutto con la fusione tra il Partito Nazionale Fascista e l’Associazione Nazionalista Italiana (ANI), ed ha lasciato chiare tracce nella cultura italiana fino ai nostri giorni 7 . Infine, si esaminerà qualche episodio di repressione poliziesca nei confronti di circoli ritenuti rei principalmente di esoterismo, anche se tale reato non compariva in nessuna norma di legge.
L’attacco contro l’esoterismo si manifestava in uno sforzo costante ma talvolta irto di contraddizioni. Si esprimeva in linguaggi diversi, dalla monomania di un Preziosi alla prosa ammaliante di un Evola, dalle accuse di improbabili patti con il diavolo alla manipolazione dei miti nazionali, in particolare del mito di Roma e di quello dantesco. La sede di queste polemiche variava altrettanto a seconda lo scopo prefisso: dalle delazioni di «Roma Fascista» si passavano ai saggi articolati su riviste di rilievo nazionale, per arrivare fino alla prestigiosa Enciclopedia Italiana. Si differenziavano anche le misure repressive: mentre, per esempio, molti massoni dovettero subire violenze e provvedimenti di confino a partire dal 1925, la Società Antroposofica fu formalmente autorizzata fino al 1941.
Il rinnovamento defeliciano degli studi storici ha posto in evidenza come il regime fascista non nasceva in un vuoto, ma fu piuttosto la conseguenza di una serie di fattori concatenati di tipo politico, sociale, economico e culturale: e noi aggiungeremmo, anche di tipo spirituale. Non si può quindi trascurare il fatto che in Italia, uscita vittoriosa dall’estenuante esperienza della Grande Guerra, esisteva una vasta gamma di organizzazioni, di circoli, di periodici e di attività editoriali collegati in qualche modo con l’esoterismo e con l’occulto. Si trattava di una vera e propria rete socioculturale, caratterizzata da una dinamica di scambio tra persone (per affiliazioni formali o per semplici frequentazioni) ed idee (per la lettura delle stesse riviste e degli stessi libri).
Questa rete si era già diffusa tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, grazie anche all’intensa attività in ambito locale che caratterizzava non solo Roma ma anche altre città come Firenze, Napoli e Milano. Si trattava di un’epoca di grandi mutamenti in cui alle antiche e ben consolidate organizzazioni o correnti filosofico-iniziatiche come il pitagorismo, l’ermetismo, il neotemplarismo e la Massoneria simbolica ed esoterica si aggiungevano forze nuove come la Società Teosofica e la ricerca metapsichica. Anche molti esponenti letterari ed artistici del Futurismo fiorentino si occuparono di esoterismo.
Fermo restando la critica, articolata e spesso giustificata, svolta da Guénon, Reghini ed Evola nei confronti della teosofia e dello spiritismo, riteniamo che solo oggi, placate le polemiche di tipo personale che affiorano nelle testimonianze dell’epoca, si possa cominciare ad intuire l’impatto della divulgazione culturale operata da quel mondo multiforme che rientrava in quello che era chiamato in maniera generica teosofia e occultismo.
Nell’Italia la geografia dell’occulto era caratterizzata da alcuni territori vasti, e spesso dai contorni vaghi: le organizzazioni teosofiche, la Massoneria e lo spiritismo erano quelle più diffuse dal punto di vista quantitativo, con diverse migliaia di persone tra aderenti e ambiente, principalmente tra la media e alta borghesia. Oltre alle attività propriamente esoteriche al loro interno, si potrebbe affermare che questi gruppi costituivano un fenomeno di una certa rilevanza anche sociopolitica, che tra l’altro alimentava una consistente attività editoriale.
In quanto ai circoli più ristretti, si potrebbe dire che essi costituivano il fulcro dell’attività intellettuale e spirituale intorno al quale si muovevano i maggiori personaggi dell’esoterismo, tra cui i circoli kremmerziani, il filone pitagorico di Reghini e di Armentano e le derivazioni dell’esoterismo massonico.
In quanto all’ambiente romano nei primi anni Venti si possono citare diversi cultori del filone esoterico e mistico-religioso, anche nella migliore società della Capitale, i quali avevano animato, a partire dai primi anni del secolo, un’intensa attività culturale e editoriale: per esempio, Ersilia Caetani Lovatelli, Leone Caetani, Giacomo Boni, il gruppo dei teosofi indipendenti della rivista «Ultra», i teosofi ufficiali di «Gnosi», e il gruppo di spiritisti e spiritualisti della rivista Luce e Ombra. Sempre a Roma, negli anni Venti, veniva pubblicato «Atanòr», l’insigne rivista di studi iniziatici diretta da Arturo Reghini. Da non dimenticare, poi, la rivista «Mondo Occulto», che usciva regolarmente a Napoli dal 1921 al 1939, e la miriade di pubblicazioni su argomenti anch’essi occulti.
L’equivoco massonico
Il punto di partenza della campagna antiesoterica si potrebbe individuare nel problema dell’equivoco massonico, paravento dietro il quale si sono svolte da lunghi anni in Italia varie operazioni politiche e culturali la cui portata è ancora da chiarire. La Massoneria, già elevata dalla Chiesa cattolica a rappresentante inquietante e onnipotente del male, venne presa di mira da varie forze politiche. Tra loro vi furono non solo i cattolici ma anche l’Associazione Nazionalista Italiana (ANI) e, successivamente, una parte dei fascisti, inaugurando l’epoca dell’attacco politico-teologico: gli avversari furono contestati non solo dal punto di vista dei programmi e delle politiche, ma furono anche accusati di rappresentare il male metafisico. Le critiche riguardanti la politica interna ed estera si confondevano con l’accusa di massonismo e di lesa maestà nei confronti della Chiesa. Dopo un primo periodo di consolidamento del regime fascista, si arrivò alla firma dei Patti Lateranensi del 1929; con tale atto si cercò di forzare i tempi del lento processo in atto che aveva già portato alla nascita del sentimento patriottico nella maggior parte dei cattolici italiani. Il regime volle, invece, affermare “l’identità inscindibile” tra l’essere fascista (inteso come obbedienza all’apparato autoritario e le sue direttive) e l’essere cattolico (inteso non tanto come intima convinzione religiosa quanto come ossequio esteriore alla Chiesa). E di conseguenza, nacque anche il teorema dell’identità tra antifascismo e anticattolicesimo [8].
La natura eterogenea dell’istituto massonico in Italia e delle sue molteplici manifestazioni non facilita il compito dello studioso. Le organizzazioni massoniche si occupavano di scienze esoteriche, per costituire una specie di “anti-Chiesa”? Oppure si trattava di società segrete nel senso tecnico, cioè di organismi, come la Carboneria, dediti a trame politiche sotterranee? Oppure si aveva a che fare semplicemente con un partito politico trasversale della borghesia “progressista” dell’Italia post-unitaria, in cui l’aspetto rituale contava in modo incidentale, o semmai nel senso psicologico e sociologico? Per formulare una risposta a queste domande, rimandiamo il lettore agli studi specializzati in merito. In ogni modo, come per qualsiasi grande organizzazione storica, i gruppi liberomuratori ed i loro esponenti evidenziano tratti molteplici e talvolta contraddittori. All’innegabile eterogeneità della Massoneria si affiancava la grande varietà degli affiliati. Parlando dei primi decenni del Novecento, in quale misura possono essere accomunati personaggi diversissimi come Ettore Ferrari, scultore e uomo politico di sinistra, il liberale ed esoterista Giovanni Amendola, il generale degli Arditi Luigi Capello e iI “ras” di Cremona Roberto Farinacci, per il semplice fatto della loro affiliazione massonica? Si tratta verosimilmente di un legame talmente vago e generico da essere paragonabile a quello dell’affiliazione religiosa, la quale teoricamente accomunava la quasi totalità della popolazione italiana in un cattolicesimo nominale, mentre in pratica il sentimento religioso si manifestava in mille modi diversi.
Mentre si è ipotizzata l’esistenza, negli anni tra il Settecento e la prima metà dell’Ottocento – spesso segnati dalla persecuzione statale ed ecclesiastica – di un “ombrello” massonico sotto il quale avrebbero trovato rifugio i rappresentanti di varie correnti iniziatiche – cristiani e pagani, cabalisti e pitagorici, neotemplari e rosacroce oltre ovviamente ai liberomuratori in senso stretto – non crediamo che si possa affermare un’identità assoluta ed inequivocabile tra esoterismo e Massoneria per quanto riguarda il primo Novecento.
In quegli anni del Novecento i massimi dirigenti delle due Massonerie – quella del Grande Oriente, detta di Palazzo Giustiniani, e quella della Grande Loggia, detta di Piazza di Gesù – dedicavano notevoli sforzi all’attività politica. Questa fase politicizzata, eredità della prima generazione post-unitaria, comportava un variegato impegno partitico di molti “fratelli” massoni, sparsi in diversi i raggruppamenti parlamentari, ad esclusione della parte cattolica e dell’estrema sinistra 9 . Nel periodo post-unitario, comunque, si osservava spesso l’identità tra affiliazione massonica e classe politica10 . In alcune frange della Massoneria politicizzata, si manifestava una tendenza alla retorica antireligiosa, espressione di una corrente di tipo razionalista, estranea e talvolta avversa alla corrente esoterica. Allo scoppio della guerra in Europa, i dirigenti massonici ebbero l’opportunità di andare oltre la politica in senso strettamente elettoralistico, pronunciandosi per l’intervento contro l’Austria allo scopo di liberare Trento e Trieste. In seguito diedero il loro appoggio anche all’impresa di Gabriele D’Annunzio a Fiume.
La Massoneria possedeva in ogni caso per definizione alcuni tratti di tipo esoterico; il suo punto di forza era costituito proprio dallo svolgimento di riunioni in forma rituale, in modo da unire diversi individui in un unico sodalizio in cui tutti si consideravano, per l’appunto, fratelli, intenti a raggiungere la perfezione. La stessa struttura gerarchica e l’esistenza degli “alti gradi”, con i loro rituali particolarmente ricchi di simbolismo iniziatico, implicavano la possibilità di un eventuale interessamento agli aspetti esoterici da parte dell’affiliato dei primi gradi. A questi aspetti si contrapponevano le correnti di forte ispirazione razionalista e materialista che si erano diffuse tra i liberomuratori europei dell’Ottocento, a partire dalla Francia. La tendenza alla politicizzazione ed alla “razionalizzazione” della Massoneria italiana non era comunque gradita a tutti gli affiliati, e nell’arco degli anni vi furono diversi tentativi di riprenderne alcuni indirizzi di tipo spiritualistico. Per esempio, Arturo Reghini aveva cercato di portare la Massoneria verso la riscoperta delle posizioni ideali di un pitagorismo romano.
Come nacque la formula adoperata dalla propaganda fascista e dagli informatori di polizia che equiparavano Massoneria, occultismo e “sovversione antifascista”? Innanzi tutto, va ribadito che non tutti i massoni furono esoteristi ed occultisti (segnatamente non lo fu la componente “laica” e razionalista), come non tutti gli esoteristi furono dei massoni; ma fu proprio questo equivoco il cardine della politica repressiva contro l’esoterismo in toto. In questa sede, il ruolo della Massoneria e la campagna antimassonica del clerico-fascismo saranno analizzati non tanto in relazione ad una problematica identità effettiva e complessiva tra esoterismo e le varie correnti massoniche, quanto all’importanza della qualifica di massonismo attribuita alle organizzazioni esoteriche in generale, da parte della pubblicistica clerico-fascista e della Polizia politica. Durante il Ventennio, le organizzazioni dell’ambiente esoterico erano regolarmente bollate “di tipo massonico” a prescindere della loro derivazione filosofica o iniziatica, e senza tener conto della loro natura effettiva, allo scopo di fornire una motivazione giuridico-ideologica alla soppressione o alla sorveglianza esercitata nei confronti di vari gruppi e di personaggi ritenuti “sospetti”.
Mentre è nota la posizione antimassonica di Benito Mussolini, non traspare in lui una particolare ostilità nei confronti del concetto di esoterismo in quanto tale; nelle conversazioni con il suo biografo Yvon De Begnac, Evola ed altri personaggi sono associati a temi esoterici senza parole di censura 11 . Mussolini non disdegnava la collaborazione di Antonio Bruers alla propria rivista personale «Gerarchia»; Bruers, autore della densa rubrica «Cronache del pensiero filosofico» era anche un noto personaggio del mondo dell’occultismo, dannunziano e da anni animatore della rivista di studi spiritisti e spiritualisti «Luce e Ombra».
Lo storico Aldo A. Mola ha già analizzato i vantaggi a breve ed a lungo termine, che Mussolini avrebbe voluto trarre dalla soppressione della Massoneria italiana. Oltre all’intento di seguire una linea gradita al Vaticano, si può ricordare come l’operazione consentì l’eliminazione di alcuni dissidenti fascisti, come nel caso del generale Luigi Capello, il popolare reduce della Grande Guerra, “fratello massone” e notissimo personaggio dell’arditismo, condannato per il presunto coinvolgimento nel fallito attentato Zaniboni. Oltre al diretto rafforzamento della posizione personale di Mussolini nel difficile periodo tra il 1924 ed il 1926, non era da sottovalutare, il valore politico della criminalizzazione, esplicita o implicita, di vasti settori della borghesia. Le liste degli iscritti alle logge (e, in misura minore, degli appartenenti alle organizzazioni spiritualiste) potevano costituire potenziali liste di proscrizione, trattandosi in molti casi di persone di cultura con una buona posizione sociale [12].
Il punto di vista della Chiesa
In quanto ai pregiudizi nei confronti dell’esoterismo coltivati all’interno della Chiesa cattolica, possiamo distinguere tre posizioni nell’epoca che ci interessa: quella ortodossa e tendenzialmente teologica, quella maggiormente intransigente e politicizzata, e quella minoritaria che ammetteva una certa apertura.
Secondo la posizione ortodossa, l’affermazione di qualsiasi credenza in contrasto con la dottrina della Chiesa rischia di porre il battezzato (e quindi, per quanto riguarda l’Italia, la quasi totalità della popolazione) nella condizione di “eretico”. A tale riguardo è illuminante l’esposizione di Giuseppe De Luca sotto la voce “eresia” nell’Enciclopedia Italiana 13 . In questa ottica, ogni adesione a dottrine come il neoplatonismo, alle correnti “eretiche” del cristianesimo ed a concetti “orientali” come la reincarnazione era da condannarsi senza possibilità di appello. Lo stesso vale, poi, per le altre pratiche “esoteriche” che hanno accompagnato l’uomo nell’arco della sua storia, come per esempio la divinazione, condannata dalla teologia cattolica come violazione del primo comandamento.
La secolare condanna della Massoneria (la prima di una lunga serie risale al 1738) si distingueva soprattutto per le critiche di sfondo politico, prima nel Settecento (quando il papato la stigmatizzava come strumento della politica inglese), e poi nel periodo risorgimentale allorché la Chiesa cercò di contrastare con argomenti di natura anche teologica le lotte contro il potere temporale. Quindi, nei documenti ecclesiastici contro la Carboneria e la Massoneria, veniva sviluppata nel tempo una tesi articolata, enunciata con toni più o meno veementi secondo il momento storico, secondo cui questi organismi costituivano un pericolo non solo per la religione ma anche per società.
In quanto all’atteggiamento normativo della Chiesa verso il “nuovo” fenomeno dello spiritismo, il S. Uffizio emanò un divieto netto solo nel 1917; ai fedeli fu vietato di presenziare alle sedute medianiche “con o senza medium”. Il provvedimento coincideva con la rinnovata diffusione di esperienze medianiche in seguito alle reazioni emotive alla carneficina nelle trincee. Il problema morale non era tanto la realtà oggettiva dei fenomeni, quanto l’attribuzione di queste manifestazioni a Dio oppure al diavolo. Se il diavolo interferisce negli svariati rapporti interpersonali, c’era da aspettarsi, si diceva, anche l’interferenza nei fenomeni paranormali 14 . Il divieto del 1917 sussiste comunque senza che si debba fare indagini ex post per determinare l’eventuale natura diabolica dei fenomeni, anche se non si emette un giudizio definitivo sulla natura dei fenomeni psichici e della percezione extrasensoriale.
Peraltro la Lettera Apostolica Officiorum ac munerum del 25 gennaio 1897, aveva già proibito la lettura e anche la semplice detenzione di libri che insegnavano o avallavano la divinazione, la magia e l’evocazione degli spiriti 15 .
In quanto agli intransigenti, si può citare innanzi tutto il p. Oreste Nuti. Pur rappresentando il punto di vista di quella che sembrava soltanto una minoranza di sopravvissuti, antirisorgimentali e nostalgici del Sillabo di Pio IX e del potere temporale, egli riveste una certa importanza per due motivi: in primo luogo, già negli anni Venti egli sosteneva, insieme con Bernardo Maraglia [16], la tesi del complotto ebraico-massonico che avrebbe avuto fortuna negli anni Trenta. Per Nuti, poi, dalla ipotesi del legame tra Massoneria e paganesimo si arriva alla la tesi della natura fondamentalmente massonica del fascismo (si riferiva al periodo antecedente all’epurazione preconciliare). La lotta risorgimentale fu considerata “guerra satanica”, un tentativo di “rivincita e ripristinamento pagano” [17]. Il nazionalismo, nato con il liberalismo ottocentesco, aveva sostituito alla religione la statolatria, chiamata da Nuti, con la sua prosa costellata di virgolette, «il culto “imperiale” del “Dio-Stato”, un vero e proprio “culto pagano”» [18]. Scopo del nazionalismo fascista sarebbe stato «il paganesimo “romano” che dal “Fascismo” – con processo a ritroso – si vuol rimettere a nuovo»19. Non sappiamo esattamente quando furono scritte queste parole: alla fine del libro appare la data del novembre 1924. Nonostante che il culto della romanità del fascismo fosse ancora agli incerti esordi – e peraltro destinato ad essere considerato deficitario da un cultore della romanità del rigore di Arturo Reghini – queste manifestazioni non passarono inosservate al pubblicista cattolico. Questa linea critica ritornò in auge verso la fine del fascismo con la ricomparsa della critica contro la “statolatria”.
Durante il pontificato di Pio XI, la politica interna della Chiesa fu caratterizzata dalla lotta tra i gesuiti romani, da una parte, e gli intransigenti di mons. Umberto Benigni e del cardinale spagnolo Merry del Val, dall’altra20.
Benigni (1862-1934) si era fatto notare per l’instancabile opera di propaganda antimassonica ed antiebraica, ma anche antiesoterica. Fondò il Sodalitum Pianum, l’organismo internazionale preposto alla lotta contro il modernismo nella Chiesa, facendo abbondante uso della delazione: “Manipolavano notizie, denunciavano, condannavano, calunniavano chiunque si allontanasse dalla loro intransigente ortodossia” [21]. Collaborava inoltre con la rivista francese «Revue Interationale des Sociétés Secrètes» dell’abbé Ernst Jouin; questa pubblicazione, alla pari del clerico-fascismo italiano, considerava Massoneria, esoterismo e ogni tendenza liberale come manifestazioni del processo “sovversivo” scatenato dalla Rivoluzione francese. Nel primo dopoguerra il Benigni si dedicò alla denuncia della “piovra giudeo-massonica-bancaria” [22], parallelamente alle iniziative dell’ex sacerdote Giovanni Preziosi.
Dopo la soppressione del Sodalitiurn Pianum da parte delle autorità ecclesiastiche, Benigni continuò la sua opera, creando l’Intesa Romana di Difesa Sociale. Dalla lotta al modernismo cattolico egli allargava il tiro al parlamentarismo, all’ebraismo “talmudico”, a “tutte le sette” massoniche e all’esoterismo di tipo “teosofico, spiritualista, idealista, spiritista” [23]. Mentre la posizione antiesoterica potrebbe corrispondere a quella effettiva della Chiesa, Benigni si distingueva per l’ulteriore esasperazione della “questione massonica”, che veniva interpretata in un contesto reazionario ed antisemita. In un sostanziale ritorno alle tesi del Sillabo, si sottolineava che qualsiasi avvicinamento ad una forma di spiritualità diversa dall’ortodossia cattolica avrebbe costituito un pericolo non solo per la religione, ma anche per l’ordine sociale.
Mentre si collocava nell’area intransigente, anche Benigni, a differenza dei nostalgici di Pio IX, optò alla fine per l’appoggio al processo conciliare. II gruppo di Benigni emerge in maniera significativa anche attraverso le informazioni riservate passate a Mussolini da un anonimo informatore in Vaticano nel periodo delle trattative per la conciliazione. Infatti, all’animosità nei confronti del Segretario di Stato, il cardinale Pietro Gasparri, corrisponde un altrettanto esplicito elogio del Benigni, considerato negli ambienti ufficiali come il rappresentante dell’integralismo cattolico filo-fascista [24].
In quanto alla corrente più “moderata” cui si è accennato, questa compagine sparuta non ha avuto nessuna visibilità nel periodo in questione, almeno in Italia. Le “simpatie gnostiche” (che poi, a ben vedere, simpatie non erano) di un Buonaiuti erano avversate sia dalla Chiesa sia dal fascismo. Le oscure accuse di Benigni contro le “connivenze massoniche” dei gesuiti riguardavano più che altro le lotte interne alla Chiesa, e in particolare contro le componenti più “liberali” della Compagnia attive nelle sedi decentrate, specialmente in Francia [25], e, successivamente, negli Stati Uniti.
Il nucleo romano dei gesuiti, incarnato soprattutto da Pietro Tacchi Venturi e da Enrico Rosa, direttore di «La Civiltà Cattolica», mantenne una posizione nettamente conservatrice, giocando un ruolo di spicco nella campagna politico-culturale contro l’esoterismo e in particolare contro la Massoneria. Effettivamente, il periodico gesuita poté vantare che in “settantacinque e più anni di vita e di battaglie non si è stancato mai di richiamare l’attenzione dei lettori sulla insidiosa opera della setta, intenta a sovvertire i fondamenti stessi degli ordinamenti religiosi e civili della società”26. Anche in questo caso, l’antimassonismo del periodico di Via di Ripetta si ergeva a difesa non soltanto della religione ma anche della società civile. Con l’avvento del fascismo, in ogni caso, l’Italia era “ritornata cristiana e liberatasi dal giogo massonico” nonostante la persistenza di “tristi pregiudizi” di stampo laico [27].
Negli anni Venti, «La Civiltà Cattolica» aveva pubblicato e messo in commercio numerose operette “popolari” del genere antimassonico e contro varie manifestazioni dell’occultismo; vi era persino un opuscolo contro il concetto dei diritti degli animali, altra idea che stava guadagnando terreno negli ambienti della spiritualità controcorrente28. Un altro esponente della Compagnia, Antonio Oldrà, si occupava nello stesso periodo di osservazioni sull’occultismo [29]. Ma già nel 1907 il quindicinale aveva condannato l’esoterismo, in cui, similmente a Benigni, si scorgeva l’inquietante zampino del modernismo.
In merito a questo intenso attivismo da parte della rivista dei gesuiti, si è ipotizzato che la continua attenzione nei confronti delle scienze occulte avrebbe persino alimentato un maggiore interesse per questi argomenti, enfatizzando fenomeni che altrimenti sarebbero stati visti dai più con relativa indifferenza [30].
Infine, ricordiamo la pubblicistica nella quale diversi autori contribuivano alla campagna antiesoterica in nome della dottrina cattolica. A tale proposito avremo modo di citare Mario Baronci [31], il quale fa risalire lo spiritualismo contemporaneo ad un processo esclusivamente negativo, una tappa della lotta secolare degli “eretici” contro la Chiesa cattolica sfociata in tempi più recenti nel “modernismo” tanto stigmatizzato dagli intransigenti. Dal punto di vista dottrinale è da citare anche il libro del domenicano Giovanni Polestra; nell’opera, munita di imprimatur ecclesiastica, si sostiene la superiorità del cristianesimo sul paganesimo greco-romano e sul neopaganesimo moderno, identificato principalmente nella “trinità” spiritismo-teosofia-antroposofia [32].
La cultura dal nazionalismo ad Evola
Passando all’esame di alcuni aspetti politici della cultura italiana tra le due guerre, va ricordato il ruolo del movimento nazionalista. Quest’ultimo, secondo il modello proposto da Perfetti [33], ebbe all’inizio forti tendenze estetiche, manifestate dagli scrittori del “Leonardo”, della “Voce” e poi del “Regno”. Mentre vi fu una corrente risorgimentale e irredentista rappresentata da Scipio Sighele, allontanatosi dopo la nascita del partito vero e proprio, nell’ANI si affermò l’ala di “estrema destra” e comunque filoclericale di Emilio Bodrero e Luigi Federzoni.
Avvenne un passaggio di massima importanza con la fusione nel 1923 tra il PNF ed i nazionalisti, fusione con la quale l’ANI venne opportunamente trasformato in organismo culturale. In altri termini, il fascismo delegò ai nazionalisti – ma sarebbe più preciso chiamarli conservatori filocattolici – il compito iniziale di elaborare le basi culturali del nuovo regime. Sebbene Mussolini stesso, a distanza di qualche anno, denunciasse il tentativo nazionalista di conquistare un ruolo predominante nella cultura fascista -affermando, naturalmente, che era stato il fascismo a fagocitare il nazionalismo – si trattava di un’azione tutt’altro che fallita, dal punto di vista politico e culturale, dal momento che il fascismo e lo stesso Mussolini accolsero il pregiudizio “teologico” sostenuti dagli uomini dell’ANI, che furono anche tra i maggiori fautori dello Stato autoritario. Rispetto ai “clericali” veri e propri ed alla nascente Democrazia cristiana, il movimento fondato dall’estetizzante Corradini non sembrava rappresentare, nel panorama politico italiano, una componente fortemente cattolica. Ma ciò che conta è il ruolo effettivo svolto dagli uomini dell’ANI nel consolidamento del fascismo. Nei primi anni del regime, occuparono incarichi di rilievo gli ex nazionalisti Federzoni, Rocco ed Emilio Bodrero, rispettivamente agli Interni, alla Giustizia e alla Pubblica Istruzione. Federzoni fu il fautore del “moderato stato di polizia”34 istituito dal fascismo; Bodrero (cattolico “ortodosso” ma non intransigente35) fu l’autore del noto ordine del giorno antimassonico presentato al Gran Consiglio; mentre il giurista Rocco, che inneggiava ad una ritrovata unità tra religione e patria [36], fu promotore di quella legislazione contro la libertà di associazione che fu alla base del controllo capillare dei moti di pensiero indipendente.
Si potrebbero poi citare le prese di posizione antiesoteriche di un altro esponente ufficiale della cultura del PNF, Paolo Orano (1875-1945). Proveniente anche lui dalla file nazionaliste, già massone37 e sindacalista rivoluzionario con i “fratelli” massoni Bianchi e De Ambris, fu fascista della prima ora e autore di diverse opere e di numerosissime prefazioni; come molti altri ex nazionalisti, fu anche assertore dell’antiebraismo. Elaborò per diversi anni la tesi di “Gesù diventato romano in Roma”, riassumendo, nel 1928, i risultati delle sue fatiche nel libro Cristo e Quirino; secondo questa tesi, simile a quella seguita successivamente dall’Evola post Imperialismo pagano, il cattolicesimo politico-religioso che si era insediato a Roma era da considerarsi di gran lunga superiore al cristianesimo primitivo sorto in Palestina. Ad un certo momento, Orano si scontrò con Antonio Bruers, altro assertore della “romanità cattolica” ma con altre sfumature. In un discorso alla Camera dei Deputati nel maggio 1922, egli andò oltre il consueto antimassonismo per condannare anche “la corrente spiritistica, il falso spiritualismo” come nemici della latinità, mentre Bruers difendeva in qualche modo la liceità di una spiritualità non del tutto infeudata nell’ortodossia cattolica [38]. Bruers asseriva che il cristianesimo si era sostituito al paganesimo per un’intrinseca superiorità morale; più che per le antiche religioni greco-romane, egli si dichiarava preoccupato per il cosiddetto “falso paganesimo” coltivato da Giosuè Carducci, il quale si era permesso di affermare la superiorità del paganesimo sul cristianesimo; ma la critica si scontrava con il culto di Bruers per i versi paganeggianti e mistico-patriottici di Gabriele D’Annunzio, già bersagliato dalla condanna del Sant’Uffizio.
La campagna antimassonica del giornale «Roma Fascista», sospettato di aver incassato “fondi neri” provenienti dal Ministro Federzoni, non aveva nessuna pretesa di spessore intellettuale, dedicandosi alla delazione e all’esortazione alla violenza. D’altronde, tra i principali animatori dell’antimassonismo romano troviamo il segretario federale Italo Foschi, proveniente anche lui dal nazionalismo; fu visto tra la folla di facinorosi che diedero assalto alle sedi massoniche romane nel 1925.
Non sorprende più di tanto quella parte della campagna antiesoterica ispirata direttamente da organismi cattolici: poteva spiegarsi quasi come una funzione “istituzionale”. Quello che invece spicca nel periodo fascista è il clericalismo, ossia l’atteggiamento, principalmente da parte dei laici, inteso a sostenere, eventualmente con un concreto impegno politico, quello che essi interpretavano come il compito dei cattolici nella vita pubblica. E a questo atteggiamento la pubblicistica cattolica e in particolare quella dei gesuiti faceva naturalmente eco. In quanto ai motivi della condanna della Massoneria citati nella nota “inchiesta” condotta nel 1913 dal giornale nazionalista «L’Idea Nazionale», coglie nel segno un anonimo articolista di «La Civiltà Cattolica»: viene osservato come, “cosa strana, uno solo, e laico, il prof. F. Filomusi Guelfi, è il più esatto ed esplicito nel dare le vere ragioni: “Niun principio etico e giuridico può giustificare una società segreta come la Massoneria. Essa è contraria alle Rivelazione, e contraddice alla Dottrina Cristiana e alla Dottrina Cattolica che è la Religione dei nostri antenati e della grandissima maggioranza degli italiani”. Molti si avvicinano alla esattezza del Filomusi Guelfi. Tra gli altri degno di nota è il prof. Alfredo Rocco (al presente Ministro di Grazia e Giustizia)”39 . Effettivamente, quando i laici si esprimevano in questo modo, al clero rimaneva solo il compito di dare l’imprimatur alle condanne già pronunciate da altri.
L’attacco antiesoterico di stampo politico-teologico non proveniva solo dall’esterno, dagli ambienti cattolici e nazionalisti, ma anche da persone all’interno dello stesso esoterismo; così si ha il fenomeno di un Evola esoterista ma contemporaneamente anche nemico dichiarato di alcuni aspetti dell’esoterismo, nel nome di un suo personale “superfascismo”. Si è già sottolineato il conservatorismo di Evola e la sua estraneità alle linee guida del primo fascismo: interventismo, irredentismo, sindacalismo, combattentismo [40]. Potrebbe sembrare paradossale parlare di “Evola antiesoterico”: non era stato proprio lui uno dei protagonisti della cultura esoterica in Italia? Ciò nonostante, nei lunghi anni tra il 1929 e il 1943, egli aveva contribuito non poco alla lotta del regime fascista contro correnti e organizzazioni che in qualche modo si richiamavano all’esoterismo. E non si trattava soltanto di una presa di posizione di tipo intellettuale, ma era anche politica, poiché si trattava di attiva collaborazione con un regime che non esitava a mettere in atto la repressione poliziesca contro i nemici, veri e pretesi tali.
Mentre le analisi di Evola su questioni di spiritualità, in quanto si appellano alle grandi civiltà tradizionali, costituiscono un contributo importante al pensiero italiano ed europeo, non va trascurato il rovescio della medaglia; traspare da esse anche un atteggiamento inquisitorio (intriso di quel pathos che egli stesso condannava) nei confronti di tutto ciò che egli riteneva “decadente”. Nemmeno l’interesse per il taoismo e la dottrina tradizionale dei cicli cosmici riusciva ad attenuare, con una visione più ampia, l’astio evoliano nei confronti di personaggi e gruppi ritenuti “sovversivi”. Dopo la fase creativa dell’idealismo magico e del Gruppo di Ur, Evola si occupò sempre di più di politica, ma dovette constatare che Imperialismo pagano aveva raccolto scarse adesioni anche tra i “fascisti indipendenti”, pubblico prescelto dell’opera [41]. Arrivò una pioggia di critiche al libro; le dure critiche ed il tono polemico nei confronti del cristianesimo risultarono controproducenti, ed allo scrittore trentenne, che lucidamente ambiva a diventare un “maestro di pensiero” della cultura fascista, si prospettava lo spettro della “stroncatura” definitiva per la sua contiguità con gli ambienti esoterici, in cui molti personaggi, compreso Reghini, erano stati messi al bando per la loro affiliazione massonica. Lo scrittore fu accusato di “satanismo”; il nome della rivista «Ur», fu definito da un informatore della scuola “complottista” (evidentemente ignaro, tra le altre cose, dei fatto che la parola Ur significa “origine”) come organo di una congiura mondiale per la “Universal Republic”: “nome esoterico della rivista del famigerato Evola [42]. Si può comunque ipotizzare che questo “spettro” incidesse non poco sul passaggio di Evola dalla fase “pagana” a quelle successive caratterizzate dalla rivalutazione di alcuni aspetti dell’integralismo cattolico e del medioevo germanico, dalla massonofobia ed infine dalla tesi della civiltà europea assediata dalla congiura “demo-pluto-giudaica-massonica”, da contrastare con un insidioso “razzismo dello spirito”. Alla fine, nonostante la propria posizione poco ortodossa rispetto agli insegnamenti della Chiesa [43], egli finiva, in pratica, per condannare quasi tutte le correnti e le organizzazioni che in Italia avevano cercato di proporre una spiritualità diversa dall’ortodossia cattolica.
Evola, quindi, come il giobertiano Antonio Bruers, sosteneva una forma di cattolicesimo filo-esoterico e francamente eterodosso; mentre però lo scrittore dannunziano, nella lotta contro il “falso paganesimo”, riservava le sue ire per l’ormai defunto Carducci, Evola si impegnò in un attivismo più spiccatamente politico, con tutti i relativi risvolti repressivi, contro individui e movimenti con i quali aveva precedentemente intrattenuto anche rapporti di amicizia e di collaborazione.
L’intervento polemico in cui Evola invocava, sulle pagine di «Roma fascista», il confino di polizia per Arturo Reghini, destò scalpore all’epoca per il suo carattere delatorio. E non si trattava solo di una polemica giornalistica o di uno sfogo personale. L’accusa di affiliazione massonica dopo lo scioglimento delle logge. comportava effettivamente il rischio di un provvedimento di polizia per l’incolpato. Per diversi anni, tuttavia, continuarono i contributi di Evola alla rivista romana di cultura protestante «Bilychnis», oltre alle numerose conferenze svolte nel circolo di Piazza Nicosia a Roma, organizzate dall’”eretico” Mario Puglisi, redattore della rivista «Il Progresso Religioso»; ciò nonostante, Evola si sarebbe distinto anche per la sua “crociata” antiprotestante [44].
Queste contraddizioni si evidenziano in una delle prime fatiche di Evola rivolte all’analisi complessiva dell’esoterismo moderno: Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, che tra l’altro riprende certe tesi critiche di Guénon nei confronti dell’occultismo (o “teosofismo”) dell’epoca. Ma le dure critiche rivolte a Helena Petrovna Blavatsky ed al movimento teosofico si trovano in pieno contrasto con la dottrina, coltivata e diffusa dallo stesso Evola, dell’esistenza di antiche razze e continenti scomparsi, sconosciuti alla storiografia ufficiale; al di là dell’enigmatico riferimento di Platone ad Atlantide, la formulazione e la diffusione in Europa di questi concetti erano derivate quasi esclusivamente dall’autrice della Dottrina segreta, come ha ricordato anche Joscelyn Godwin.
Mussolini e «Gerarchia»
Per meglio capire le radici della campagna antiesoterica si impone un breve cenno alla questione, non ancora del tutto risolta dalla storiografia, della religiosità di Benito Mussolini. Mentre egli non professava il materialismo dialettico, i frequenti riferimenti allo “spirito” nei discorsi mussoliniani vanno comunque giudicati non tanto in base ad una religiosità di tipo devozionale, ma piuttosto in base alla duplice influenza marxista-nietzscheana, oltre alla giovanile diffidenza nei confronti della religione e della Chiesa cattolica (aveva tra l’altro scritto un saggio favorevole all’eretico boemo Giovanni Huss).
Nella recensione del libro Le religioni orientali nel paganesimo romano, pubblicata nell’«Avanti!» del 6 settembre 1913 [45], si trova uno dei pochi giudizi specifici di Mussolini sulla religione pagana. In questo articolo, egli professa un’ammirazione nietzscheana per il mitraismo, ma allo stesso tempo anche un entusiasmo piuttosto marxista per la rivolta degli schiavi. Concorda comunque con i due pensatori nello scetticismo nei confronti del cristianesimo, rifiutando l’ideale ascetico, considerato dai due filosofi come il “rigetto della vita”. In merito a questo vitalismo, non va dimenticato che in quello stesso periodo il Mussolini socialista esortava i seguaci alla violenza più spietata quale strumento di lotta politica.
Secondo De Felice, Mussolini, sino all’inizio degli anni Trenta, avrebbe misurato la religione quasi esclusivamente in rapporto al proprio potere politico 46. Andrebbe detto, però, che lo storico tende ad accettare i frequenti sfoghi di tenore anticlericale nelle conversazioni private come conferma dell’agnosticismo di Mussolini. Secondo un’altra ipotesi di segno opposto 47, il riavvicinamento al cattolicesimo di Mussolini socialista ed agnostico fu un vero e proprio processo di conversione, cominciato già nel 1915 durante la convalescenza per le ferite riportate in guerra.
È comunque certo che il fratello Arnaldo influì non poco in questo senso. A differenza di Benito, Arnaldo Mussolini (1885-1931) si era dichiarato credente “sin dall’infanzia” [48]. Postulava un’identità pressoché assoluta tra cattolicesimo e fascismo fino al punto di suscitare non poche perplessità negli ambienti ecclesiastici, affermando che il giuramento fascista fosse l’atto più sacro in assoluto dopo il Battesimo, la Cresima e l’Eucarestia [49]. Gli insegnamenti della scuola di “mistica fascista” vennero da lui ritenuti “perfettamente consoni alla dottrina cattolica” [50]. Arnaldo Mussolini, autoproclamatosi “rivoluzionario”, condivideva la massonofobia dei conservatori dell’ANI; il fascismo sarebbe nato proprio con lo scopo di abbattere la Massoneria [51] , con buona pace alla numerosa schiera di “fratelli camerati” del primo fascismo. Arnaldo condannava quello che egli chiamava clericalismo, ma pensando ovviamente non tanto alla gerarchia ecclesiastica filo-fascista quanto a Luigi Sturzo ed ai reduci del Partito popolare, i quali, dopo la sostanziale sconfitta dell’opposizione di sinistra, erano diventati gli ultimi nemici da abbattere [52]. Oltre al peso politico insito nell’incarico di direttore del «Popolo d’Italia» e della rete editoriale del partito, Arnaldo godeva della massima stima e fiducia del fratello Benito. Anche se non vi fu una completa sintonia intellettuale tra i due sul tema della “mistica” clerico-fascista, si può ipotizzare che Arnaldo avesse contribuito in maniera meno palese a plasmare le vedute del fratello a tale proposito. Comunque, è noto che, nelle pagine del «Popolo d’Italia» egli contribuì in maniera non indifferente a creare il clima favorevole alla realizzazione dei Patti lateranensi, esprimendo più volte il proprio ossequio al cattolicesimo contestualmente ad un acceso antimassonismo [53]. Lo stesso Benito Mussolini conferma l’amicizia tra il fratello ed un altro artefice della Conciliazione, il gesuita Tacchi Venturi [54]. Il destino volle che Arnaldo scomparisse prima di vedere il tragico epilogo dell’alleanza tra Vaticano e fascismo: quella parabola che avrebbe portato Benito Mussolini dai fasti dell’“uomo della Provvidenza”, osannato anche dalla gerarchia ecclesiastica, all’ignominia della sbrigativa liquidazione da parte del cardinale Schuster 55 nell’incontro di Milano dell’aprile del 1945.
Va osservato che la prima apertura mussoliniana nei confronti della Chiesa fu carica di importanza simbolica. Dopo solo 30 giorni a Palazzo Chigi, il nuovo Presidente del Consiglio richiamò l’obbligatorietà del regolamento del 6 febbraio 1908 sull’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche [56] (norma emessa proprio dall’odiato Giovanni Giolitti, da sempre bersagliato dalla polemica fascista), prima di avviare una serie di colloqui con il Vaticano. In altri termini, era passato ad una nuova fase politica con la disinvoltura che lo avrebbero caratterizzato negli anni successivi.
Il concetto di esoterismo di per se stesso non faceva paura a Mussolini, il quale esprimeva più volte la propria ammirazione per Evola, definito come “uomo di profonda cultura esoterica” [57] ; ed era anche perfettamente consapevole dei risvolti esoterici dell’ambiente dannunziano. In ogni caso, è ormai noto che, oltre alla posizione ideologica che prediligeva il modello conflittuale rispetto al concetto di fratellanza, la massonofobia di Mussolini presentava un carattere prevalentemente pragmatico, volto alla conquista del potere politico. In quanto al contesto psicologico, va osservato che sin dai tempi delle esperienze giovanili, incideva verosimilmente un certo astio personale nei confronti della borghesia e quindi dell’estrazione borghese e piccolo borghese di molti liberomuratori; come per i comunisti, i massoni potevano essere visti in un certo modo come “nemici di classe”.
Qualsiasi fossero i sentimenti personali di Mussolini riguardo alle organizzazioni esoteriche e massoniche, ed ai singoli affiliati – e nonostante l’influenza di tipo cattolico-integralista esercitata da due persone per le quali egli nutriva grande stima, cioè il fratello Arnaldo e il padre Tacchi Venturi – è da ritenersi che all’inizio il suo atteggiamento fosse sostanzialmente politico. Per esempio, al congresso socialista di Ancona del 1912, egli si era servito abilmente dell’ordine del giorno antimassonico in maniera di eliminare i propri rivali moderati all’interno del partito. Ancora nel 1921 dichiarò: “Per me la Massoneria è un enorme paravento dietro al quale generalmente vi sono piccole cose e piccoli uomini” [58], quasi per sdrammatizzare i toni striduli dell’antimassonismo cattolico. La repressione messa in atto tra il 1924 ed il 1925 aveva tre scopi politici ben precisi. Innanzi tutto, vi era la fusione tra il PNF e l’Associazione nazionalista, un processo il quale, nelle parole di Luigi Federzoni, Ministro dell’Interno nel periodo tra il giugno 1924 e l’ottobre 1926, “non era possibile senza la preventiva eliminazione della Massoneria dall’organizzazione del fascismo. I dirigenti nazionalisti posero tale assoluta condizione”. Inoltre, si doveva spianare la strada ad un accordo con la Chiesa poiché Mussolini si era “orientato alla difesa della pace religiosa in Italia e al rispetto del Papa” [59] , come se la situazione di tolleranza religiosa vigente dal compimento dell’Unità nazionale costituisse un “dispetto” al Vaticano. E vi era anche uno scopo di tipo più contingente ma non per questo meno importante: l’eliminazione delle ultime frange del fascismo dissidente come lo squadrismo di Luigi Cappello, “fratello e camerata”, e dei vari elementi della provincia recalcitranti alla disciplina del regime. Infine, la composizione sociologica della Massoneria, con circa ventimila iscritti tra professionisti, militari e funzionari statali rendeva interessante la soppressione delle logge e la schedatura degli affiliati per scopi squisitamente legati all’instaurazione dello Stato autoritario e al controllo esercitato su una fascia importante della popolazione.
Se l’antimassonismo di Mussolini era animato prevalentemente dall’istinto volto a cogliere le opportunità politiche per rafforzare il proprio potere, si può dire lo stesso per il suo atteggiamento nei confronti della religione cattolica?
Alcune indicazioni in merito ci vengono fornite nelle pagine del mensile politico «Gerarchia», organo personale del Duce, la cui direzione operativa, fino ai primi anni 30, era affidata a Margherita Sarfatti. Nel primo fascismo vi furono al riguardo dei segnali contraddittori. Scrivendo su «Gerarchia» del mese di aprile 1923, Vilfredo Pareto dichiarò fieramente che “la storia mostra sicuramente che vi è più male da temere che bene da sperare da limitazioni della “libertà” religiosa. Nuoce al sentimento religioso molto più il fanatismo che la tolleranza. Giova che lo Stato rispetti ogni religione, compresa quella che ha nome “libero pensiero”, e che non tenti menomamente di imporne alcuna” [60].
Successivamente però la linea divenne ben diversa. Innanzi tutto, la rubrica “Cronache del pensiero religioso”, firmato con lo pseudonimo “Fermi” contiene dei passaggi che precedono di parecchio tempo quella linea, successivamente sostenuta in piena regola dal regime, secondo cui i massoni fossero da condannare per ragioni “teologiche” come nemici del cattolicesimo e quindi dello Stato. Ciò, nonostante che nella stessa rivista l’autore della rubrica Cronache del pensiero fîlosofico fosse Antonio Bruers, il quale nelle pagine di «Luce e Ombra» tentava la non facile e poco ortodossa conciliazione tra spiritismo e cattolicesimo.
Comunque, già nel 1923 il mensile mussoliniano non si risparmiava negli attacchi di tipo religioso, confondendo il piano politico e quello teologico. In un articolo delle Cronache del pensiero religioso si spiegava come i massoni inglesi “furono deisti in religione, razionalisti in filosofia, ma soprattutto inglesi in politica. Conservatori in casa propria, si acconciavano a esportare magari l’anarchia ed il satanismo nella patria degli altri” [61]. Per quanto possa sembrare fuori luogo in una rivista politica l’accusa di satanismo, non si tratta di altro che del proseguimento della linea di Pio IX, il quale, nel bollare la Massoneria come “Sinagoga di Satana”, aveva fornito la giustificazione dottrinale per le persecuzioni di sfondo politico-religioso del Novecento intraprese nei paesi dell’Europa cattolica contro le logge e le organizzazioni “di tipo massonico”.
Negli anni successivi la rubrica di Fermi avrebbe rappresentato un’importante espressione della teoria del legame indissolubile tra fascismo e cattolicesimo. Di fronte alle organizzazioni “di tipo massonico” lo Stato doveva affermare la propria opposizione, ma in via subordinata rispetto alla Chiesa cattolica. Ogni collaborazione tra le due potenze andava vista in rapporto ad una “Chiesa moralmente più alta, lo Stato materialmente più forte” [62]. In un altro “gioiello” delle Cronache, leggiamo alcune considerazioni interessanti in cui si cerca di spiegare come mai alcuni tra i migliori imperatori romani fossero stati coinvolti nella persecuzione dei primi cristiani [63].
La guerra dei miti
La creazione di nuovi miti e la manipolazione di quelli esistenti caratterizzavano tutto il percorso politico-culturale del fascismo 64 . Mentre il “mito dell’uomo nuovo” e il culto personale di Mussolini costituivano i tratti più noti e di carattere prettamente politico, nel caso dei temi di Roma e di Dante, si denotano, invece, anche dei risvolti più propriamente “esoterici”.
Non sarebbe possibile riassumere in poche righe l’importante argomento del mito di Roma utilizzato nella propaganda fascista. Tuttavia, si tratta del nocciolo della questione, tant’è che lo stesso concetto di romanità ed i sacri simboli dell’imperium, sfruttati in modo improprio dal fascismo, vennero indebitamente screditati agli occhi del mondo in seguito al triste epilogo politico-militare del regime mussoliniano.
Già nel 1921, Mussolini, pur esaltando l’eredità romana, dichiarò alla Camera che l’unica idea universale della Roma moderna fosse quella che emanava dal Vaticano [65]. Al dogma, avallato ufficialmente, dell’identità tra universalità romana e quella cattolica, si oppose pubblicamente Arturo Reghini, il quale condusse una battaglia quasi solitaria in questo senso.
Scrivendo su «Gerarchia», Antonio Bruers affermò che furono i barbari, e non i cristiani, i nemici dell’Impero: “Lasciamo dunque stare l’anti-romanità del Cattolicesimo. L’Impero Romano cadde per esaurimento storico, fato comune a tutte le cose mortali. Il Cristianesimo, respinto dai suoi paesi natali, assunse universalità secolare in Roma e raccolse e perpetuò sotto altra forma e spirito la romanità, cioè la missione universale.” La Chiesa aveva avversato l’unità nazionale? Un mero incidente di percorso [66].
Le contestazioni di Reghini sull’opportunità di distinguere tra romanità e cristianesimo, nonostante si trattasse di una posizione apparentemente minoritaria, non passarono inosservate. La dura condanna pronunciata da Fermi67 nei confronti del pensiero di Reghini fu scritta come risposta al suo articolo L’universalità romana equella cattolica apparso nel 1924 su una rivista di sponda opposta, «La Vita Italiana» diretta da Giovanni Preziosi. Insieme a diverse considerazioni di tipo storico e dottrinale, Reghini coglie nel segno quando fa riferimento alla sostanza politica: “Questa identificazione dell’universalità romana con quella cattolica, che è patrocinata dal partito nazionalista, ed è affermata dai gesuiti, costituisce un errore di fatto; e quindi una politica che identifichi e subordini gl’interessi della romanità a quelli vaticani poggia sul falso, ed è necessariamente dannosa alla vera universalità, quella concepita da Giulio Cesare, da Augusto, da Dante” [68]. Fermi invece sostiene che “sotto l’egida della chiesa, la civiltà classica salvava la propria unità e spiegava la sua influenza sopra altre genti”. Il cristianesimo, prosegue, “nella sua forma cattolica, assorbì greci e barbari e li tenne uniti per quasi mille anni, senza rinunciare neanche oggi al suo gran sogno…”. Dopo questa apologia, Fermi prosegue denunciando Massoneria, protestantesimo e la tesi del Dante iniziato. Si conclude con una vera e propria filippica contro l’occultismo e l’esoterismo dell’epoca, respingendo le alternative al cattolicesimo. I libri sacri dell’oriente o sono semplicemente mistici o sono moralisti: “l’asiatismo importatoci da A. Besant, Schuré, Steiner, che è troppo fantastico per essere una scienza, troppo vaporoso per essere una fede”.
Basti per ora la constatazione che la “romanità fascista” si occupava molto di rievocazioni tendenti a rafforzare specifiche iniziative di politica estera (ad esempio, l’invasione dell’Etiopia proposta come compimento del ruolo imperiale dell’Italia, e “Malta baluardo di romanità”, come voleva una canzone dell’epoca). Al di là di questo e delle rievocazioni iconografiche ed architettoniche, si dimenticavano troppo spesso non solo i principi fondamentali della Roma antica – come per esempio virtus, libertas e concordia – ma anche il concetto di romanità rinnovatosi prima e durante il Risorgimento e mirato al consolidamento dell’Italia come nazione protagonista sulla scena europea. Certi aspetti della politica interna del fascismo – il culto del capo, l’instaurazione di un regime di polizia seppure “moderato”, e l’abbandono della linea cavouriana della separazione tra Chiesa e Stato rappresentavano, comunque, un distacco talmente netto dalla linea risorgimentale da richiedere un altro tipo di legittimazione storica, anche se spuria. La Terza Italia e la Terza Roma evocate dal fascismo non erano ormai quelle agognate da Mazzini e da Garibaldi; anzi, si cercava di emarginare la corrente mazziniana, la cui eredità poteva apparire sospetta non solo dal punto di vista politico, ma anche da quello religioso, vista l’affiliazione del Genovese alla Carboneria ed il suo cristianesimo molto controcorrente. Il regime fascista arrivò anche alla conferma simbolica di tale distacco, con la soppressione della festività del 20 settembre, la data in cui l’Italia aveva riacquistato la propria capitale storica, ormai impropriamente bollata come “festività massonica”.
Il concetto di romanità si confondeva con quella della “romanità cattolica”, del Cristo “erede di Quirino”, come suggeriva Orano. Anche il prestigioso Istituto per gli Studi Romani, sovvenzionato dall’amministrazione comunale di Roma e dal Ministero della Cultura Popolare, ebbe un ruolo importante in questo senso, relegando la Roma antica ad una sfera prevalentemente archeologica e commemorativa. Evola, pur dimostrandosi non indifferente alla questione della tradizione romana e alla sua relegazione nella sfera archeologica 69, non poté offrire contributi utili a questo proposito, essendo la sua visione troppa deviata dalla drastica contrapposizione bachofeniana tra le tradizioni matriarcali e quelle patriarcali, che lo portò persino a denigrare il ruolo dell’Etruria nella spiritualità romana 70 .
Anche Dante fu “arruolato” nelle file clerico-fasciste durante il ventennio. In quanto ai Patti lateranensi del 1929, si affermava che “la voce di Dante Alighieri, lo indicò già, nel lontano Trecento, come la via sovrana per la regolamentazione dei rapporti fra la Chiesa e lo Stato” [71] . Non sorprende più di tanto questa affermazione del 1939 da parte di p. Agostino Gemelli, noto protagonista della cultura cattolica, né la sua dimenticanza del Dante eretico, della maledizione rivolta a Costantino, e della sua Monarchia, fatta ardere dal boia su ordini del papa. Viene da chiedersi piuttosto perché Benito Mussolini volle occuparsi non solo del Dante poeta nazionale, ma proprio del “Dante esoterico”.
I nuovi miti ebbero un sapore antico, come quello di Dante esoterico. Così si intitola il primo di una serie di articoli di Fermi, uscito nel mese di marzo 1924 72; e questa volta l’articolo appare non nella rubrica Cronache del pensiero religioso, stampata in caratteri piccoli, ma nel corpo stesso della rivista. In apertura, l’autore rende omaggio ad un grande dantista del secolo precedente, Michelangelo Caetani, e all’insigne Luigi Valli, di cui era stato da poco pubblicato Il segreto della Croce e dell’Aquila nella Divina Commedia; lo definisce libro geniale, e prosegue: “Rimando ad esso chi aspira ad iniziarsi”. Indubbiamente l’opera aveva suscitato l’interesse del mondo della cultura; per la sua formazione giornalistica – oltre al fiuto nel capire le esigenze politiche del momento – Mussolini non poté rimanere indifferente. Quello che ci sembra interessante è piuttosto il tono del titolo e dell’apertura, gli insoliti riferimenti all’esoterico, all’iniziazione. Si trattava forse di un tentativo da parte del regime di acquisire simpatie di ambienti esoterici o presunti tali?
Effettivamente, almeno dai tempi di Dante Gabriele Rossetti, l’Alighieri veniva considerato non solo come figura letteraria ma anche come personaggio di grande spessore spirituale, tematica, questa, abilmente ripresa da Luigi Valli. Bisogna anche tenere conto della terminologia; all’epoca la parola “iniziato” evocava non solo l’esoterismo in generale ma anche la Massoneria; già dal secolo precedente vi era la “diffusa tendenza a spacciare Dante come “grande iniziato” e forse persino “cavaliere Kadosch” [73]. Comunque, l’idea del “Dante esoterico” circolava negli ambienti del primo fascismo, anche in relazione alle aspettative di cambiamenti epocali che si eran diffuse in ogni ambito sociale dopo la fine della guerra nel 1915-1918; nel marzo 1923 Giovanni Giuriati, uno dei protagonisti dell’impresa fiumana, fascista della prima ora, e probabilmente iscritto alla Massoneria [74], aveva scritto a Mussolini affermando la sua “fede fermissima che tu sia il Veltro vaticinato da Dante” [75].
In ogni caso, questo approccio misticheggiante era destinato ad avere vita breve, e nel corso degli anni trenta la “fabbrica del consenso” rivolse la propria attenzione a temi meno elitari, più “virili” o comunque guerreschi, preferendo non spingersi troppo oltre nello sfruttamento di un personaggio di levatura soprattutto spirituale (anche se non certo pacifista) come Dante Alighieri.
La cultura ufficiale: dall’Enciclopedia Italiana al Dizionario di politica
La tendenziale intransigenza cattolicheggiante della pubblicistica di regime viene alquanto attenuata o comunque resa meno palese nell’espressione “ufficiale” dell’Enciclopedia Italiana, la quale riusciva a mantenere almeno una parvenza di dignità intellettuale, ospitando qualche contributo non del tutto “allineato”. La stesura della voce “spiritismo” fu affidata ad Emilio Servadio, psicologo e membro del Gruppo di Ur, e quella di “teosofia” a Vittorino Vezzani, storico attivista degli ambienti teosofici; essi erano entrambi esperti nei rispettivi campi, e affrontarono con garbo argomenti non graditi all’intransigentismo cattolico ed agli esponenti della tesi del “pericolo ebraico-massonico” stile Preziosi [76]. Secondo l’anonimo autore della voce “occultismo”, “l’occultista crede nell’esistenza di ‘enti’ e ‘forze’ non sperimentabili sul piano normale e empirico di sensibilità e consapevolezza”, ma conoscibili attraverso determinate pratiche. Si afferma anche l’errore di associare occultismo e magia [77]. Sulla Massoneria invece le esigenze della politica ebbero la precedenza su quelle storiografiche. Nella relativa voce della Treccani si sostiene la tesi fascista (e cattolica) della Massoneria come “istituto anacronistico e ambiguo”, opportunamente messo fuori legge dal regime. Ciò nonostante, l’autore, Alberto Maria Ghisalberti, sosteneva che, contrariamente alla tesi della congiura internazionale ebraico-massonica coltivata da Evola e Preziosi, il preteso internazionalismo massonico si era in realtà dissolto durante la Grande Guerra per seguire le correnti nazionalistiche dei singoli paesi [78]. In questo articolo, e ancora di più sotto la voce “Massoneria” del Dizionario di politica a cura del PNF, si riafferma comunque la posizione di Alessandro Luzio, lo storico antimassonico che si sforzò di dimostrare – contrariamente alla precedente storiografia di derivazione risorgimentale – che la Massoneria non avrebbe avuto praticamente nessun ruolo di rilievo nel processo di unificazione nazionale [79].
È comunque noto, nell’ambito degli studi storici promossi dallo stesso Istituto dell’Enciclopedia Italiana, che mentre Giovanni Gentile riuscì ad inserire come collaboratori alcuni intellettuali antifascisti, egli doveva affrontare un continuo braccio di ferro sulle pretese di censura esercitate dalla Chiesa. Però collaborarono non solo antifascisti, ma anche personaggi degli ambienti esoterici, tra cui Evola80.
Nel caso del Grande Dizionario Enciclopedico dell’U.TE.T., il frate Giovanni Polestra, a cui abbiamo già accennato, affronta invece le voci “spiritismo”, “teosofia” e “antroposofia” da un punto di vista nettamente ostile: l’esoterismo viene fatto risalire al paganesimo, e avrebbe guadagnato consensi nel mondo moderno grazie anche agli “errori” del modernismo.
Anche il Dizionario di politica divenne un veicolo per una condanna di stampo teologico rivolta al paganesimo. Commentando la fine del paganesimo, si sottolinea la natura maggiormente egualitaria del cristianesimo, ossia quell’aspetto criticato non solo da Reghini e dal primo Evola ma anche dai fautori della “romanità cattolica” come Orano. Il paganesimo, recita l’articolo, aveva compiuto la sua missione, non avendo ancora chiara la distinzione tra spirito e materia, e dovette fare i conti con la nuova religione che apriva “orizzonti di fede, di pace e di speranza” ai ricchi e ai poveri, ai liberi come agli schiavi, “tutti uguali davanti a Dio” 81.
Secondo la definizione dello storico D. Cantimori, il “neopaganesimo” era il ritorno alle religioni precristiane come, ad esempio, il buddismo; si identificava nell’epoca moderna con l’iirrazionale e il ritorno alla natura, trovando il massimo rappresentante letterario in D’Annunzio. Anche l’istituzione dei Giochi olimpici in epoca moderna da parte del barone De Coubertin fu stigmatizzata come manifestazione di neopaganesimo, insieme al “movimento verso il buddismo e altre religioni non europee” specialmente nel mondo anglosassone [82].
Firenze: i convertiti e “L’Universale”
Negli anni subito prima della Grande Guerra si era creato a Firenze un singolare gruppo umano, informale ma compatto. Nell’avanguardia fiorentina gli interessi spaziavano dall’arte alla letteratura, dalla politica all’esoterismo; un gruppo umano che leggeva e animava le stesse riviste («La Voce», «Leonardo»), si lasciava andare in discussioni concitate al caffè delle Giubbe Rosse, andava a sentire le conferenze alla Biblioteca Filosofica e frequentava le mostre futuriste. Il futurismo fiorentino si distingueva, infatti, da quello “nordico” – cioè milanese – anche per una consistente vena esoterica83.
Con la fine della Grande Guerra, per le grandi trasformazioni in atto e la partenza di Arturo Reghini e Amedeo Armentano, già animatori della “corrente esoterica”, gli ambienti dell’avanguardia fiorentina si erano irrimediabilmente trasformati. Il vecchio fermento creativo era regredito in un rigurgito di vecchie faziosità: laici e clericali, massoni della due obbedienze, fascisti e antifascisti si scontravano tra loro.
Nel corso delle violenze antimassoniche scatenate in Toscana nel 1925, gli elementi più irruenti tra i fascisti regolavano i conti politici – ma anche personali – con il pretesto della lotta “antisettaria”. Qui, come a Roma, prevalse la linea filoclericale tra gli eredi del nazionalismo corradiniano, caratterizzata anche da crescenti tendenze antiebraiche [84].
La Biblioteca Filosofica fondata da Reghini, dopo una fase di gestione da parte del cattolico Arrigo Levasti, fu commissariata dal prefetto: nel 1928, venne nominato commissario Balbino Giuliano, il deputato fascista di estrazione nazionalista, un’ulteriore conferma dell’egemonia culturale degli ex nazionalisti.
La Firenze dei “cenacoli” conservava in ogni caso un certo “alone esoterico”, anche se, secondo un anonimo informatore, il testimone sembrava essere passato alla Biblioteca filosofica romana di Piazza Nicosia, “vecchio covo teosofico massonico” dove Evola era tra i più assidui conferenzieri. Invece la vecchia Biblioteca Filosofica fiorentina, già animata da Giovanni Amendola e Arturo Reghini, era ormai stata “fascistizzata”. A parte Luisa Gamberini, figura storica del movimento teosofico sulle rive dell’Arno, l’ambiente esoterico – o comunque mistico – si sarebbe caratterizzato ormai per “gente di tinta guelfa” tra cui anche qualche esponente del clero85.
Mario Manlio Rossi, conoscitore dell’ambiente fiorentino e scrittore su «Atanòr» prima di rinnegare gli “errori giovanili” della collaborazione con quel “diabolico” esoterismo, divide gli occultisti tra “maghi” e “teosofi”. Il suo pentimento coincide a perfezione sia con la Conciliazione (il suo libro “antimagico” uscì nel 1929), sia con il processo di “conversione” al cattolicesimo verificatosi tra alcuni degli ex protagonisti dell’avanguardia fiorentina 86.
Mentre Giovanni Papini non era mai stato un personaggio “esoterico” in senso stretto, il suo impegno nella rivista «Leonardo» e l’amicizia con il pitagorico Reghini, lo avevano collocato, per un certo tempo, al di fuori del conformismo culturale. Ma nel primo dopoguerra anche lui ebbe dei “ripensamenti”, seppure, a differenza di M.M. Rossi, ben prima dell’avvento del fascismo87; alla vigilia del Concordato, infatti, veniva ormai annoverato tra gli scrittori cattolici88. A Firenze era attivo anche un altro “convertito”, Domenico Giuliotti, che evocava addirittura il ritorno dell’Inquisizione (anche se per Mussolini la sua poesia “nulla ha di reazionario” [89]).
Non sorprende, pertanto, il diffondersi di atteggiamenti tendenziosi nei confronti dei rapporti tra cattolicesimo ed esoterismo. Oltre all’influenza dei “complottisti” stile Benigni e Preziosi, possiamo citare una delle riviste fasciste con pretese “eretiche”: «L’Universale» di Berto Ricci. Ricci riunì intorno a sé un gruppo eterogeneo di letterati e artisti della Firenze degli anni Trenta, tra cui Rosai, Perrone, Tinti, Garrone e Brocchi. Per il Ricci giornalista, fece da maestro Arnaldo Mussolini90. Vi fu anche Alberto Luchini, animatore dell’Istituto di Cultura Fascista e protagonista del razzismo dopo il 1938. Troviamo interventi saltuari ma significativi di Alfonso Del Guercio, il quale, nell’immediato dopoguerra, avrebbe avuto un ruolo di rilievo nelle organizzazioni kremmerziane. Egli figura tra i firmatari del Manifesto realista91, un documento nel quale si denunciavano, con spirito spengleriano, i mali della civiltà occidentale vista ormai come vittima del materialismo più ottuso. Il declino colpiva non solo l’economia (abusi del capitalismo) e la politica (nazionalismo al servizio di interessi economici) ma anche la religione. Il Manifesto denunciava la decadenza del cristianesimo, il quale, spesso ridotto a forme di superstizione e di bigottismo, si era allontanato dai precetti originari di carità. Allo stesso tempo però si lamentava “il palese prevalere quasi dappertutto del potere pratico e spirituale dello Stato sul potere pratico e spirituale della Chiesa di Roma”; lo Stato, insomma, secondo gli autori, non doveva assolutamente prevalere sulla Chiesa, con buona pace dei principi dell’Italia risorgimentale. In linea con i sostenitori della tesi della “romanità cattolica”, il cattolicesimo viene definito come fusione tra paganesimo mediterraneo e cristianesimo, “condizione certa e costante della storia italiana, col risultato di contemperare i due elementi fino a che una più alta forma non li riassuma”. Questa posizione apparentemente poco ortodossa sulle origini “pagane” del cattolicesimo consentiva una alquanto dubbia scissione tra gli elementi “ebraici” e quelli “romani” del cattolicesimo, e veniva comunque ampiamente compensata dall’affermazione della tesi guelfa del predominio della Chiesa sullo Stato.
In un suo articolo92, Del Guercio denunciò la decadenza della Chiesa, condizione che avrebbe aperto le porte all’occultismo, visto come fenomeno prevalentemente negativo, e naturalmente anch’esso “decadente”: a suo dire imperversava una “crescente tendenza spiritualista (spiritualismo inferiore, che raccoglie tutti questi sviluppi, pseudoreligiosi o no, che vanno sotto il nome di teosofismo, di spiritismo, di Scienze Occulte ecc.) per me nella maggior parte delle sue manifestazioni decadenti”. Egli afferma che il clero farebbe bene a investigare i “fenomeni occulti” ma senza limitarsi ai “tavoli che ballano”. In un trasparente richiamo al “decadente” esoterismo francese di fine Ottocento, Del Guercio scrive: “È curioso notare che in vari casi, specialmente al principio del movimento spiritualista (iniziatosi sotto l’aspetto moderno, nel pieno periodo positivo-materialista), coloro i quali ne erano gli esponenti rappresentativi tenevano a dichiararsi più cattolici e cristiani della stessa Chiesa”. Se è vero che gli esoteristi fossero ritenuti, come sembra, delle “pecorelle smarrite” bisognosi di conversione, la soluzione che si impone alla decadenza sarebbe non tanto una riforma dell’occultismo quanto un rafforzamento del cattolicesimo. In fin dei conti, quindi, per Del Guercio va rafforzata la fede. Il bisogno religioso va vissuto come conquista e non passivamente, come semplice freno alle passioni umane. In ossequio al ribellismo avanguardista della rivista, l’autore ammette che ci sarebbero dogmi della Chiesa non accettabili “sotto l’attuale forma”, e respinge “le inframmettenze politiche ecclesiastiche”, distinguendo però tra religione e “l’aspetto attuale del ‘corpus’ religioso”.
In fin dei conti, Del Guercio avrebbe voluto traghettare verso la Chiesa le “pecorelle smarrite” dell’occultismo. Non è chiaro se egli abbia fatto qualcosa di concreto in questo senso, e manca la spiegazione su come dovrebbe avvenire un nuovo risveglio fideistico di tipo “solare”; egli si limita a dichiararsi in disaccordo con l’ammirazione di Berto Ricci per la via francescana.
Non si trattava, però, di una semplice esercitazione letteraria: negli anni Quaranta, tutti questi fermenti si concretizzarono in un vero e proprio tentativo di deviare l’esoterismo italiano in senso razzista. Dopo l’esperienza della rivista «L’Universale», Luchini e Del Guercio mantennero evidentemente i contatti. Negli anni Trenta, Luchini si dedicò assiduamente alla politica razzista, seguendo una via parallela a quella di Evola nell’avvicinamento al nazionalsocialismo, inserendosi anche nelle nuove organizzazioni del regime create allo scopo di promuovere il razzismo: nel 1941, venne infatti nominato Capo dell’Ufficio Studi e Propaganda sulla Razza del Ministero della Cultura Popolare [93].
In una lettera inedita, indirizza a Del Guercio su carta intestata del Ministero, Luchini si dichiara convinto che fossero “maturi i tempi per la costituzione di un fronte unico spiritualista-razzista italiano”94. In una evidente risposta ad un quesito posto dallo stesso Del Guercio, Luchini scrive: “Per le ricerche che ti interessano, relative a Kremmerz, bisognerà che, in autunno, tu trovi il modo di venire a Roma”. Scrivendo a Giuseppe Della Gherardesca, Luchini si dichiara inoltre esecutore di “direttive precise” volte a “istituire i collegamenti più stretti con tutte le persone, i gruppi, i centri, i quali, in Italia, comunque e dovunque, si occupano con serietà di razzismo”, allo scopo di trovare una soluzione al “problema giudaico-massonico” [95].
Questi inquietanti piani orditi nei palazzi del potere e volti a deviare l’esoterismo italiano nella direzione del razzismo promosso dal regime – verosimilmente nella direzione del “razzismo dello spirito” evoliano – lasciano intendere che, al di là della semplice repressione poliziesca, operassero intelligenze raffinate ma pur sempre prevaricanti. Si era pensato forse di asservire la corrente ermetica kremmerziana al clerico-fascismo di stampo razzista? Ma un tale progetto sarebbe fallito per motivi di incompatibilità. Una ipotesi più probabile e quella secondo cui Del Guercio, nel tentativo di ricondurre le “pecorelle smarrite” dell’esoterismo verso il cattolicesimo, avrebbe visto nella Schola Hermetica un serio ostacolo a questi propositi.
Evola, Preziosi e “La Vita Italiana”
Dopo la rottura con Arturo Reghini, l’opera di Evola proseguì su un doppio binario – politico ed esoterico – con numerosi punti di incrocio. Si trattava, però, di un binario il cui corso, nel tempo, si sarebbe deviato sempre di più verso la preoccupazione per la “congiura ebraico-massonica”, in merito alla quale egli condivideva molti temi con il “politologo” Preziosi e il “teologo” Benigni96. Solo che nel caso di Evola la “congiura” poteva essere debellata rafforzando la “razza ario-romana” (cioè l’etnia nordica: la parola “romana”, per lo scrittore, non evocava che uno scarso collegamento con gli Italiani odierni).
Evola costituisce l’anello di congiunzione tra una componente dell’esoterismo italiano e personaggi affini in Germania, accomunati da una interpretazione quasi mistica della teoria della razza “ariana” (dove di solito per “ariano” si intendeva germanico), la nostalgia per una cavalleria medievale cattolica e nel contempo iniziatica, forse più ideale che reale; bisogna comunque dire che questi “conservatori” non si entusiasmarono mai per un certo wotanismo. In un articolo97 del 1932 su Erich Ludendorff, Evola dimostra una grande dimestichezza con le teorie del generale tedesco, da sempre vicino al movimento nazionalsocialista. Incoraggiato dalla moglie Mathilde von Kemnitz, Ludendorff si era scagliato controogni tipo di Massoneria, teosofia e antroposofia, considerate come fonti di sovversione 98. Secondo Ludendorff, anche i gesuiti, insieme ai massoni e agli ebrei, erano da considerarsi come nemici della Germania e dell’umanità intera. Commentando il libro di Ludendorff Weltkrieg droht!contenente profezie su una nuova guerra europea, Evola concorda sostanzialmente con l’ex generale nel credere che la Massoneria politicamente impegnata a sinistra costituisse la principale forza sovversiva in Europa, pur esprimendo qualche dubbio sul fatto che il Grande Oriente di Parigi – l’ossessione di Ludendorff e di Preziosi – fosse veramente nelle mani di “ebrei iniziati”: l’antisemitismo tedesco gli era sembrato “volgare e limitato”. Dissentiva però dalla tesi del generale secondo cui il fascismo aveva liberato l’Italia dalla sottomissione al Grande Oriente francese solo per consegnarla alla Chiesa ed ai gesuiti; questa parte della tesi complottistica è definita una “fantasia”. Dal momento in cui le affinità di Evola con il pensiero germanico del periodo erano soprattutto con la corrente del conservatorismo cattolico nostalgico degli Asburgo, l’antigesuitismo era quindi da respingersi con forza.
Dopo il consolidamento del nazionalsocialismo, l’elaborazione della tesi della “razza dello spirito” e la collaborazione culturale tra Evola e Heinrich Himmler nella forma di una serie di conferenze su argomenti politico-esoterici per un pubblico scelto, si accentuano ulteriormente le contraddizioni della sintesi evoliana, la quale, nell’arco soprattutto degli anni tra il 1937 e il 1944, volle conciliare l’inconciliabile, non solo per quanto riguarda gli aspetti già noti (come, ad esempio, il nazionalsocialismo, da una parte, e il cattolicesimo “tradizionalista” dall’altra), ma anche per il paradosso di fondo segnalato in queste pagine e meritevole di ulteriore approfondimenti. Evola, da sostenitore del regime fascista nella campagna contro quelle manifestazioni dell’esoterismo a lui invise, poté successivamente operare, seppur indirettamente, su scala europea, fornendo un sostegno dottrinale alla repressione ben più pesante esercitata dal regime tedesco, in patria e nei Paesi occupati.
Questi tentativi di Evola coincidono inoltre con il progetto dell’“evoliano” Alberto Luchini di dare un indirizzo razzista all’esoterismo italiano.
Giovanni Preziosi, uno dei più noti fautori della campagna antiebraica in Italia, ebbe anche lui un ruolo nella denuncia della “congiura” esoterica. L’organo da lui diretto, «La Vita Italiana», pubblicò numerosissimi articoli antimassonici nell’ambito della teoria, coltivata dall’ex sacerdote campano, secondo cui gli avvenimenti della storia sarebbero stati mossi da un vasto complotto definito “ebraico-massonico-bolscevico”. Mentre nella teoria di Preziosi primeggia l’accusa di tipo politico contro un internazionalismo massonico, attribuendone la guida al Grande Oriente parigino, visto come nemico degli Stati nazionali, viene spesso sollevata su tali pagine anche la questione religiosa. Non mancano inoltre le condanne specifiche contro l’esoterismo, sulle linee già tracciate da Umberto Benigni. Innanzi tutto, il movimento teosofico avrebbe mirato “essenzialmente allo scardinamento dei principi della religione cristiana”. Questa “alleata naturale della massoneria” aveva come bersaglio niente meno che la “civiltà europea”. I teosofi della Besant volevano rappresentare come nuovo salvatore l’Indiano Krisnamurti, al quale “s’inchina una folta schiera di infrolliti intellettuali europei”. Si afferma che la teosofia (e qui si parla di quella”morbida” della Besant, non quella originaria della Blavatsky, maggiormente critica nei confronti del cristianesimo) è in “aperta contraddizione” con il cristianesimo per la dottrina della reincarnazione, il fatto di negare la “trascendenza del potere divino” e “i misteri della grazia e della misericordia”. Dopo la critica teologica, si passa a quella politica. Il teosofismo aizzerebbe alla ribellione il proletariato, la donna ed i giovani; predicando la libertà, spianerebbe la strada al bolscevismo. Il “besantismo di sinistra” combatteva non solo per l’indipendenza indiana ma anche per lo “sgretolamento e la conquista del l’Occidente” [99].
Ma le ire della rivista sono rivolte principalmente contro la Massoneria. Essa “deriva da fonte ebraica, è diretta dall’internazionale giudaica e, lavorando per l’Internazionalismo, lavora ad esclusivo vantaggio del popolo ebreo”, dei “crocifissori del Cristo”. Dopo questa condanna teologica, si ribadisce la necessità dell’azione politica: “Come si vede il problema della legittimità della setta viene così ad assumere capitale importanza, poiché, precisate e chiarite le cause che la muovono ed il fine a cui tende, pienamente si comprende come Chiesa e Stato debbano trovarsi di fronte ad essa in pieno diritto di legittima difesa”100.
Anche l’occultismo è antifascista, lo conferma la rubrica Le Potenze Occulte del 1939: “Per ora chiarisco i rapporti che intercorrono tra magia, satanismo e massoneria. Dalla massoneria all’ebraismo, il passo è breve. Dall’ebraismo all’antifascismo, il passo è brevissimo: sono sezioni di una sola associazione”. Si prende di mira anche l’Ordine di Misraim, che fa parte della Massoneria esoterica101.
Infine, va ricordato l’antigesuitismo di Preziosi, tendenza che egli condivide con Umberto Benigni da una parte e la stessa Blavatsky dall’altra (ma non con Evola, come abbiamo visto).
Anche il “democratico” Romolo Murri, personaggio di spicco nel cattolicesimo politico e fondatore della Democrazia cristiana, condivideva in qualche misura le idee di Preziosi: a suo giudizio esisteva una “congiura universale” bolscevica e massonica, ed inoltre accusava i gesuiti de «La Civiltà Cattolica» di filomassonismo102. Nonostante la tesi dell’apostasia avanzata in relazione alla scomunica di Preziosi, non traspare un intimo allontanamento dal cattolicesimo; anzi, si denota una sostanziale identità tra le posizioni del pubblicista e quelle “anti-settarie” evidenziate negli esponenti cattolici più in vista durante il periodo fascista, dalla corrente più intransigente a quella apparentemente moderata del democratico cristiano Murri.
La rivista di Preziosi non mancò di ospitare un contributo politico-teologico di p. Giuseppe De Luca nel quadro della stroncatura di Giovanni Gentile, in seguito alle critiche rivolte dal filosofo nei confronti del progetto della Conciliazione quando era ormai in fase di consolidamento [103].
Evola e Preziosi non furono comunque gli unici ad esprimere la natura spesso contraddittoria del “complottismo”. Anche Roberto Farinacci, il loro referente politico oltreché editore (negli anni Trenta, sia il «Diorama» evoliano, sia «La Vita Italiana» venivano pubblicati da «Il Regime Fascista», organo del gerarca cremonese) si lascia andare nell’esprimere critiche politico-teologiche; perciò egli, da ex massone, anticlericale e filonazista, critica l’appoggio dell’«Osservatore Romano» nei confronti del governo cecoslovacco, definito “espressione genuina del paganesimo massonico” [104].
La repressione: “fratelli”, maghi e teosofi
Durante il regime, i pesanti interventi “culturali” degli informatori della polizia politica erano soliti stigmatizzare ogni critica all’ortodossia cattolica. Secondo una nota, i romanzi di Dimitri Mereskowski su Giuliano l’Apostata e Leonardo Da Vinci “distillavano il più sottile veleno “pagano” contro il cristianesimo”, e lo scrittore belga Maurice Maeterlinck veniva liquidato come massone e “fervente occultista”. Questi autori, insieme alle sette protestanti e ai sufi mussulmani, comunque, sarebbero stati tutti al servizio dell’”intrigo ebreo, massonico, antifascista”105.
I libri, già citati, di Baronci e di M.M Rossi, riportano le argomentazioni antiesoteriche nel periodo della repressione. Il cattolico Baronci non ha dubbi sulla genealogia dell’esoterismo: esso deriva in primo luogo dalla “eresia luterana”106 e, successivamente (seguendo l’Abbé Barruel) egli si punta il dito contro il bavarese Adam Weishaupt. Costui, che “era stato gesuita”, era il fondatore dell’Ordine degli Illuminati, “una caricatura della Compagnia di Gesù”; e da questi illuminati sarebbe nato il filone massonico ed esoterico che doveva perseguire la missione di abbattere non solo la Chiesa cattolica ma anche tutti i governi. Ma non è tutto: l’illuminismo avrebbe partorito anche il modernismo tanto avversato da Pio X agli inizi del secolo107. Secondo lo scrittore, spiritismo e spiritualismo, reincarnazione e teosofia, laicismo ed esoterismo cristiano non erano che tappe nella guerra contro la dottrina cattolica, portata avanti in tempi recenti soprattutto dalla “rinascita massonica”108. Vi è una particolare attenzione (negativa) nei confronti del martinismo e della Massoneria esoterica 109. Dopo la requisitoria teologica, si passa a quella politica. In ossequio alla posizione intransigente ed antimodernista del gruppo di Benigni, Baronci afferma che un cristiano non può essere democratico, e approva l’opera del regime fascista, caratterizzato da “virile realismo nazionale”, augurandosi che, di fronte alle “risuscitate magie orientali come delle triste ideologie nordiche”, “l’Italia resti scettica e restia”110. La conclusione dell’opera è in pieno stile totalitario: “incrinare l’armonia delle coscienze” – cioè consentire la libertà del culto e del pensiero – equivarrebbe a “commettere un delitto di lesa Nazione” [111].
Pur non partendo dalle stesse premesse storico-teologiche – si presenta come assertore della filosofia di Kant, tenuta in grande considerazione in Italia a cavallo del nuovo secolo – M.M. Rossi arriva pur sempre a conclusioni simili. È significativa la distinzione che egli adopera tra “maghi” e “teosofi”: “Vi sono poi veri e falsi occultisti. Per ogni occultista, lui e i suoi amici (preferibilmente lui solo) sono davvero occultisti nel vero senso e nel senso buono. Gli altri, sono reprobi: ancora occultisti, ma al servizio del Diavolo…. Ma il tipo chiaroveggente (spiritista o teosofo) non è tanto pericoloso: dottrinalmente fa piangere”112. Tra i “pericolosi” si colloca l’ex amico Reghini, proprio per le sue alte doti, che Rossi non può fare a meno di riconoscere. Mentre il “mago” Reghini veniva estromesso da qualsiasi ruolo pubblico, i “teosofi chiaroveggenti” non sfuggirono comunque alle vessazioni e alle accuse di condurre un’organizzazione “di tipo massonico” oltreché collegata alla Besant, qualificata spia inglese dagli informatori antiteosofici. E poco dopo il Concordato cessarono le riviste storiche dell’area teosofica; “Ultra” dovette chiudere alla fine del 1930 per “mancanza di abbonati”.
Al di là delle “dottrine che fanno piangere” a cui faceva riferimento M.M. Rossi, si denota effettivamente un minore accanimento clerico-fascista contro i circoli spiritisti (o “spiritualisti” come essi avrebbero poi preferito chiamarsi), nonostante le denunce di un Evola o di un Del Guercio nelle vesti di “esoteristi del regime”. Fino alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, fenomeni e esperienze medianiche e parapsicologiche venivano segnalati nelle pagine di “Mondo Occulto” con giustificazioni tra lo scientifico ed il mistico, allo scopo di “provare” la realtà della vita dopo morte. In alcune occasioni vi furono delle reazioni contro le dure critiche alla metapsichica rivolte da esponenti del clero. In risposta agli attacchi di p. Giuseppe Petazzi S.I. a Trieste, Francesco Zingaropoli, presentò una serie di argomentazioni volte a dimostrare che la posizione della Chiesa a tale riguardo non era del tutto categorica; egli cita un altro gesuita, il p. Carlo M. Curci S.I., secondo cui lo spiritualismo avrebbe fornito alla società moderna un altro strumento per contrastare il materialismo [113].
Tra i momenti salienti dell’azione antimassonica la storiografia offre ampie considerazioni sulla cosiddetta “notte di S. Bartolomeo” di Firenze, e il processo contro l’attentatore Zaniboni e il “camerata fratello” Capello. L’episodio è molto noto, ed è altrettanto noto che non sarebbe mai emersa nessuna prova di un coinvolgimento di organizzazioni massoniche nell’attentato a Mussolini. Si può comunque ricordare come nel commento politico-teologico sull’”esecrando attentato”, anche «La Civiltà Cattolica» denunciava la colpevolezza della Massoneria, definita “setta che ammanta il suo odio a Gesù Cristo sotto la lustra della fratellanza e della beneficenza”114; ma il quindicinale aveva già segnalato con soddisfazione che tra i primi condannati dalle “leggi per la difesa dello Stato” dell’8 dicembre 1926 ci fu un magistrato “massonissimo” [115].
Abbondano nei rapporti della polizia politica le accuse che i gruppi teosofici e kremmerziani, spiritisti e spiritualisti, fossero “di tipo massonico”, oppure con “finalità massoniche”. Pur trattandosi sostanzialmente di una valutazione inesatta, essa nasce evidentemente dall’intenzione di trovare l’appiglio formale per giustificare la soppressione di circoli non graditi alle autorità, forti della documentazione spesso velenosa degli anonimi informatori.
A molti non era comunque sfuggito il fatto che la demonizzazione della Massoneria rischiava di essere troppo semplicistica se non addirittura controproducente. Lo stesso Evola, scrivendo, in un momento di maggiore lucidità, sul maggiore organo portavoce della tesi “complottista”, si sentì di dover fare presente i pericoli di vedere dietro ogni angolo una congiura massonica: “bisogna guardarsi da ogni unilateralezza” [116].
I legami tra alcuni teosofi e la Massoneria Mista non potevano che destare il sospetto della Polizia politica. I teosofi perseguivano “dottrine ultra-liberali, socialistiche e principalmente rispondenti a quelle ideologie massoniche”, e si occupavano inoltre di magia e di occultismo. U organizzazione interna della Società Teosofica, l’Ordine della Stella presieduta da Krishnamurti, coltivava ideologie “ispirate a dottrine comunistiche rinchiuse in formule esoteriche e muratorie”. Teosofi e massoni della “Mista” prestavano il loro appoggio al movimento per i diritti della donna e all’Associazione Nazionale Pro Divorzio. Si ammette comunque che “dopo lo scioglimento della Massoneria mista, centro principale del movimento, e dopo le persecuzioni di polizia ai singoli membri più in voga, le tendenze propagatrici hanno dovuto subire una stasi [117]. Qui e in altri documenti l’ormai ottantenne Annie Besant (era nata nel 1847) viene descritta come uno dei più pericolosi personaggi della sovversione mondiale.
I circoli spiritualisti venivano controllati dalla Polizia; pur non essendoci stati, a quanto sembra, particolari esiti giudiziari, gli informatori facevano sentire il “soffio sul collo” a decine di persone in tutte la maggiori città italiane. Tra le due guerre uscirono numerosi libri su argomenti metapsichici. Si potrebbe pensare che questi gruppi venivano considerati meno “pericolosi” rispetto ai “nemici ufficiali” del regime, i massoni (o ex massoni dopo lo scioglimento delle logge) e rispetto ai massimi personaggi del mondo esoterico, ridotti al silenzio o andati all’estero. Ma anche qui aleggiava sempre il sospetto dello zampino delle logge, e si riteneva necessario riferire sulla posizione religiosa delle organizzazioni “di tipo massonico”.
Secondo un informatore, la rivista milanese «Scintille di pensiero» svolgeva “attività esoterico-cristiana, aderente però nella parte dottrinale-teologica ai dogmi definiti dalla Chiesa Cattolica romana. Il corpo degli articoli si propone di svolgere nella vita pratica le ideologie cristiane, sullo schema delle società di tipo massonico, come il martinismo, il templarismo ed altre organizzazioni a carattere esoterico” [118]. D’altra parte, lo stesso Prefetto di Milano si affrettò ad assicurare la Direzione Generale di P.S. che alle conferenze sullo spiritismo “intervenivano sempre elementi fascisti” [119].
Però dal momento che le accuse di sovversivismo rivolte alla Massoneria erano per lo più un pretesto per l’attuazione di scopi politico-religiosi ben precisi, si potrebbero formulare alcune ipotesi sulle motivazioni di questo genere anche per il contrasto con la relativa tolleranza nei confronti dello spiritismo. Da una parte, qualcuno riteneva che spiritismo o metapsichica fossero effettivamente un baluardo contro il materialismo: il “fenomeno” essendo visto come anello di collegamento tra il positivismo e le fede religiosa. Questa la posizione del collaboratore della rivista mussoliniana «Gerarchia», Antonio Bruers, il cui impegno per lo spiritismo venne superato solo dall’esaltazione del cattolicesimo [120].
La campagna antiesoterica non si limitava alle parole, ma comportò in molti casi anche perquisizioni, sequestri, arresti e provvedimenti di confino. Vi fu anche l’azione di controllo svolta da una vasta rete di informatori che penetravano in ogni ambiente della società italiana 121. Nell’esaminare brevemente qualche episodio di repressione e di vessazione, si evidenzieranno anche le motivazioni di tipo politico-teologico citate per giustificare questi interventi. Ci limitiamo ad esaminare altri due casi: la chiusura delle accademie miriamiche e le misure contro il piccolo gruppo dei martinisti.
Innanzi tutto, i kremmerziani furono bersagliati dalla Polizia per legami massonici veri o presunti tali. Infatti, non mancavano negli anni Venti dei libero-muratori all’interno dell’accademia kremmerziana di Bari, fatto che esponeva i circoli agli attacchi dei massonofobi [122].
In quanto ai kremmerziani di Roma, il Circolo Vergiliano era guidato da Giovanni Bonabitacola (1880-1945), un medico chirurgo del foggiano da anni residente nella Capitale. Nei primi mesi del 1923 era stato protagonista, insieme a Reghini, dei tentativi di rafforzare la corrente pagana e pitagorica della Massoneria e di influire in tale senso anche sul neonato governo Mussolini. Nel dicembre 1926 una lettera di un anonimo delatore fu spedita ad Arnaldo Mussolini, nella sua qualità di direttore del «Popolo d’Italia». Seguirono altre denuncie secondo cui, nelle riunioni del Circolo, “si sarebbe fatta propaganda di teorie contrarie all’istituto del matrimonio” mentre alcuni frequentatori “avrebbero subito debilitazioni fisiche e psichiche a causa di pratiche di occultismo su di essi operate”. I locali furono perquisiti dagli agenti che trovarono incenso e oggetti rituali. Da una parte, si dichiarava che gli associati – tra cui spiccavano professionisti, funzionari e impiegati statali, insegnanti, alcuni dei quali erano anche iscritti al PNF – non apparivano politicamente sospetti o pericolosi, ma dall’altra il questore Angelucci suggeriva l’intervento dei “competenti organi sanitari”. Egli emise infine una singolare “condanna” dell’attività kremmerziana: “Per altro, gli argomenti svolti nella “Relazione”, specialmente per le conclusioni cui essa giunge, sull’”effluvio beatificante che emana dalle anime oranti verso lo spirito ricettivo del sofferente”, giudicati alla stregua dei reclami e delle denuncie di cui sopra, non sono tali da persuadere sulla bontà dei principi cui il circolo ispira la sua attività, né da lasciare tranquilli circa i procedimenti adoperati. A parte che l’apparato di secreti cerimoniali e il formalismo simbolico dei “riti “sono in assoluto contrasto con lo spirito della recente legislazione sulle associazioni”123.
Nella relazione successiva, del 23 dicembre, firmata da un altro funzionario, si specifica che secondo il Medico provinciale le pratiche si riducevano a “semplici preghiere” e concludendo pertanto che “non sia il caso di annettere importanza all’attività che svolge il Circolo” [124].
I componenti ritenevano però che la “profanazione” da parte degli agenti di polizia non auspicasse niente di buono per la vita associativa, e optarono per l’autoscioglimento. E avevano ragione, perché la condanna “politica” era stata ormai emessa, poiché la fratellanza miriamica “da fonte confidenziale era stato segnalata come una delle tante associazioni con finalità massoniche” [125].
Nel caso del Circolo Vergiliano troviamo quindi la classica formula della campagna antiesoterica: delazioni anonime, insinuazioni su dannose pratiche occulte e segnalazioni di “finalità massoniche” che rendevano opportuno l’intervento della forza pubblica contro questi presunti “pericoli” per lo Stato fascista.
Anche il martinismo italiano fu preso di mira dalla campagna antiesoterica. Questa corrente si ispirava agli insegnamenti di Martinez De Pasqualis e Louis Claude de Saint-Martin, vissuti nel Settecento. Il martinismo moderno, fondato dall’esoterista Gerard Encausse (Papus) nella Parigi della Belle Epoque, aveva forti connotati mistico-cristiani ed un apparato rituale di carattere massonico; aveva avuto anche un certo successo tra l’aristocrazia zarista. Negli anni Venti, il martinismo italiano si era diviso dopo la morte di Papus tra un gruppo minoritario guidato dal sardo Vincenzo Soro, che riconosceva la “successione francese”, ed il gruppo di Alessandro Sacchi. Si trattava di un gruppo ristretto il quale, non essendo un “rito” latomistico, non faceva parte della Massoneria; anzi, affermava di collocarsi al di sopra essa; comunque, sembra che tra gli iscritti ci fossero diversi personaggi massonici come Reghini (fino al 1925), Adolfo Banti, Arturo Chiarappa e Aldo Lavagnini.
Nel momento della soppressione della Massoneria, Sacchi avrebbe ordinato di negare, in caso di interrogazione, la stessa esistenza dell’ordine, dichiarando che si trattava di una “semplice accademia di studi psichici filosofici”126. I martinisti subirono comunque l’inconveniente dell’associazione non solo con la Massoneria, ma proprio con quella di Palazzo Giustiniani, la piω bersagliata per antifascismo. Chiarappa espatriò in Brasile, e il cugino di Lavagnini, Spartaco (come i diligenti funzionari non si stancarono di ripetere nelle relazioni di polizia) che era stato comunista: fu ucciso nei disordini di Firenze del 1922. Il solerte informatore appena citato scrive che un discorso di Ernesto Bozzano, il famoso studioso di spiritismo, “sembra ispirato alle idee avventistiche, mistico-comuniste, di cui il martinismo fu intessuto”127. Tutti questi temi corrispondono all’identikit della sovversione occultistica paventata dal clerico-fascismo: sarebbe stato facile gridare che un pot pourri di cristianesimo eterodosso, spiritismo, Massoneria recidiva e persino di comunismo costituiva un pericolo per l’”Uomo della Provvidenza”, nonostante le dimensioni numericamente irrisorie del fenomeno martinista.
Nel 1929, la forza pubblica perquisì le abitazioni di alcuni martinisti [128]. Non ci è dato di sapere che cosa pensassero del materiale sequestrato: i commenti sono ancora più laconici che quelli per le indagini svolte al circolo miriamico di Roma. Fu redatto un elenco dei documenti trovati nell’abitazione parmense del sessantacinquenne Sacchi, subito interrogato sull’identità dei numerosi corrispondenti che firmavano con il nome iniziatico secondo la consuetudine martinista. Le risposte ottenute sono frammentarie, ed il fatto che l’indagine non ebbe seguito sembra indicare l’infondatezza del “pericolo martinista” e dei suoi fantomatici legami con il comunismo.
In ogni caso, gli informatori mettevano in allarme la Polizia politica contro i gruppi esoterici, ritenuti particolarmente pericolosi proprio a causa del loro idealismo: “Queste logge caratteristiche, quelle Martinistiche e quelle così dette ‘Templari’ e quelle solamente esoteriche, in realtà si distanziavano dal senso comune massonico-politico, ma costituivano per maggiore idealistica nobiltà di intenti, un pericolo di più grave importanza, in quanto universalizzavano i punti fondamentali delle teorie esoteriche e di più si avvicinavano alla prassi forestiera della polis Universale 129. Queste affermazioni allarmate sulla “pericolosità” per il regime non solo delle correnti massoniche ed affini, politicamente impegnate a sinistra, ma anche dei gruppi esoterici, rappresenta il punto di vista del clerico-fascismo intento a svolgere la funzione di “polizia dell’anima”, di “braccio secolare” pronto a reprimere ogni libera manifestazione di spiritualità.
Conclusione
La campagna antiesoterica del periodo fascista si distingue non tanto per la sistematica ferocia repressiva che caratterizzava gli altri stati totalitari come la Germania e la Russia, quanto per la sua impostazione politico-teologica in cui la censura religiosa e quella politica si giustificano a vicenda. E non mancarono comunque numerosi interventi repressivi.
Quali sono state le conseguenze? Gli strascichi della campagna antiesoterica hanno senz’altro recato gravi danni al pluralismo culturale in Italia. Mentre la caduta del fascismo comportò l’abolizione della censura e delle leggi contro le libere associazioni, la successiva egemonia politico-culturale di due forze antirisorgimentali – i cattolici ed i marxisti – ha comportato notevoli ritardi per la libera circolazione delle idee. Basti pensare, ad esempio, che l’editoria “esoterica” in Italia è tornata a crescere solo dagli anni Ottanta in poi, dopo lunghi anni rispetto ai quali la proposta di opere di spiritualità alternativa era forse addirittura più limitata rispetto al periodo fascista.
Nell’affrontare le vicende delle diverse scuole di pensiero dell’Italia “esoterica” abbiamo cercato di farci interpreti dello spirito della tolleranza, anche perché, in tempi recenti, le recrudescenze di intolleranza religiosa in Italia ed Europa dimostrano l’attualità delle parole cantate da Francesco De Gregori: “La storia non si ferma davanti al portone, ma entra nelle stanze e le brucia”: ecco il monito di un artista contemporaneo sul rischio liberticida inerente all’intento di coloro che vorrebbero imporre, magari con la forza, una visione dogmatica del’uomo e del cosmo.
Thomas Dana Lloyd
NOTE
1 Bent Parodi, L’Iniziazione, Pungitopo, Messina 1986, 5.
2 Joscelyn Godwin, The Theosophical Enlightenment, State University of New York Press, Albany 1994, xii. La metapsichica è quella corrente dello spiritismo che volle darsi una impostazione maggiormente scientifica rispetto alla mistica kardechiana.
3 Alfredo Panzini, Dizionario Moderno, Hoepli, Milano 1927, s.v. “occultismo”.
4 J. Evola, Il valore dell’occultismo nella cultura contemporanea, «Bilychnis», novembre 1927, 252. Il corsivo è dell’A.
5 Enciclopedia Italiana, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 1935, Vol. XXV, 138.
6 Nonostante l’abuso verificatosi, in sede pubblicistica, dell’espressione “clerico-fascista”, il termine si rivela utile se riportato alla definizione proposta. Cfr. Pietro Scoppola, Chiesa e fascismo. Documenti e interpretazioni, Laterza, Roma-Bari 1976, 88-89.
7 Sia fascismo che la Chiesa contrastarono la posizione laica. Vi furono attacchi all’esoterismo provenienti anche dal campo laico; per il caso di Martinetti e la divinazione cfr. Eugenio Garin, Intellettuali italiani del XX secolo, Editori Riuniti, Roma 1996, 245-246. Per il francescano Polestra, l’interpretazione razionalistica dei miti antichi, che tendeva all’evemerismo, rischiava – horrihile dictu – di porre il cristianesimo sullo stesso piano del paganesimo. Cfr. Giovanni M. Polestra O.P., / misteri pagani e il cristianesimo (I rinnovatori falliti e il Rinnovatore Eterno). Morcelliana, Brescia 1943.
8 Oggi questa pretesa identità monolitica viene in parte smentita dagli studi sulla natura effettiva dei rapporti complessi tra fascismo, il clero italiano e il Vaticano; ma, a prescindere da alcuni screzi come le polemiche intorno all’Azione cattolica e le dichiarazioni di qualche gerarca “mangiapreti”, è innegabile che l’alleanza clerico-fascista costituiva un aspetto basilare della vita politica c culturale per l’intero ventennio.
9 A tale proposito è emblematico il caso della Democrazia sociale di Giovanni Antonio Colonna di Cesarò (1878-1940). Nel 1922 entrò nella coalizione a sostegno del governo Mussolini, sebbene probabilmente la quasi totalità degli esponenti fosse affiliata alle logge. Dopo una breve permanenza al dicastero delle Poste, Colonna di Cesarò fu estromesso dal governo e per il resto della sua vita venne sorvegliato come antifascista. Cultore dell’antroposofia, scrisse anche un libro sul mistero delle origini di Roma.
10 Si trattava verosimilmente di un processo sociopolitico, simile alla diffusione della Massoneria tra i ceti dirigenti inglesi e francesi, che a nostro avviso ha ben poco a che fare con l’occultismo e tanto meno con l’esoterismo. Ciò nonostante, la questione del massonismo nell’Italia post-risorgimentale sarebbe diventato il cavallo di battaglia delle forze clericali antiunitarie le quali, sino a giorni nostri, non hanno perdonato l'”offesa” del 20 settembre e la cancellazione (temporanea) dello Stato pontificio.
11 Cfr. Yvon De Begnac, Taccuini mussoliniani, il Mulino, Bologna 1990, 647.
12 Sul problema degli archivi massonici cfr. Aldo. A. Mola, Sfuria della Massoneria italiana, Bompiani, Milano 1994, 583 sgg.
13 P Giuseppe De Luca era un collaboratore del p. Tacchi Venturi per le tematiche religiose dell’Enciclopedia, alla quale contribuì con ben 170 articoli. Scriveva inoltre sulle riviste fasciste di Giuseppe Bottai ed era amico di mons. Giovanni Battista Montini.
14 P Giovanni Battista Guzzetti, Inchiesta sull’occulto e il paranormale, Piemme, Casale Monferrato 1993, 110. Il direttivo si trova in Acta Apostolicae Sedis 9 (1917) 268. Cfr. anche Fernando Palmés S.I., Critica dello spiritismo: errori e superstizioni, [rist] Fratelli Melita, Trento 1989, 476 sgg.
15 Enciclopedia cattolica, Sansoni, Città del Vaticano 1953, Vol. 11, 113.
16 Nato nel 1869 e attivo a Pistoia; autore, tra l’altro, di Massoneria e ebraismo nella vita e nella storia contemporanea. Fatti e commenti, Arte della Stampa, Pistoia 1926.
17 Oreste Nuti, II canto del cigno o “La Penna Azzurra” al tribunale della pubblica opinione per citazione direttissima, Acquapendente, s.d. (1924), 183.
18 Ibid., 187. Parole virgolettate nell’originale.
20 Yvon De Begnac, Polazzo Venezia. Storia di un regime, Rocca, Roma 1950, 430 sgg.
21 Maria Luisa Picheto, Alle radici dell’odio. Preziosi e Benigni antisemiti, Franco Angeli, Milano 1983, 107.
22 Ibid., 113. Secondo le accuse in stile taxiliano lanciate dalla «R.I.S.S.», i massoni erano tutti “adepti di Satana”. Le varie inesattezze ed invenzioni furono criticate da René Guénon. Secondo i «Cahiers de Recherches et d’Etudes Traditionnelles», la «R.I.S.S.», per Guénon, era da considerarsi un “nido di maghi” (“nid di sorciers”).
23 [Umberto Benigni], Il programma dell’Entente romaine de défense sociale, Roma, 1 ottobre 1928. Cfr. anche Ernst Jouin, Bibliographie occultiste et maçonnique: répertoire d’ouvrages imprimés et manuscrits relatifs à la Franc-maçonnerie, les sociétés secrètes, la magie, etc. [par] E. Jouin et V. Descreux, Revue Internationale des Sociétés Secrètes, Paris 1930.
24 Pietro Scoppola, La Chiesa e il fascismo. Documenti e interpretazioni, Laterza, Roma-Bari 1976, 150. Le voci sul preteso massonismo di Gasparri andrebbero interpretate alla luce della propensione di Benigni di “dare del massone” agli avversari politici all’interno della Chiesa, una tecnica già ben collaudata nel Sodalitium Pianum, una “specie di contromassoneria” organizzata “allo scopo di combattere l’infiltrazione settaria nella Chiesa” (cfr. Gianni Vannoni, Massoneria, Fascismo e Chiesa Cattolica, Laterza, Roma-Bari 1980, 167-171). Anche l’abbé Jouin aveva condotto una sua campagna personale contro il “massone ed occultista” cardinale Mariano Rampolla.
25 Alain Woodrow, I gesuiti, una storia di poteri, Newton Compton, Roma 1991, tr. it., 86.
26 Sotto il velame della questione massonica, «La Civiltà Cattolica», 7 novembre 1925, 216. A proposito di questo articolo, Vannoni afferma che si trattava di una critica del fascismo, il cui anti-massonismo sarebbe stato ispirato solo dalla componente nazionalista e ritenuto quindi insufficiente. Cfr. Gianni Vannoni, Massoneria, cit., 183.
27 E. Rosa S.I., Massoneria e Fronte popolare, «La Civiltà Cattolica», 6 marzo 1936, 447.
28 Cfr. per es. La Massoneria (Quel che è – Quel che fa – Quel che vuole).Dialoghi popolari; vi era inoltre una serie di libri di Giovanni Giuseppe Franco S.I: Massone e Massona; L’ipnotismo tornato di moda; Lo spiritismo; I diritti degli animali, e i loro avvocati e protettori. Cfr. anche A. Mola, Storia, cit., 100.
29 Cfr. Antonio Oldrà S.I, Glispiriti. Studio sull’ipnotismo e spiritismo, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1922.
30 Massimo Biondi, Tavoli e medium. Storia dello spiritismo in Italia, Gremese, Roma 1986, 77.
31 Mario Baronci, Lo spiritualismo moderno. Cosa è e cosa non è, Ernesto Coletti Libreria Edit. Ecclesiastica, Officine Grafiche Mantero, Tivoli 1934.
32 Cfr. Giovanni Polestra, Misteri, cit., 146.
33 Cfr. Francesco Perfetti, Il nazionalismo italiano dalle origini alla fusione col fascismo, Cappelli, Bologna 1977.
34 Yvon De Begnac, Taccuini, cit., 242.
35 Cfr. Gianni Vannoni, Massoneria, cit., 210-211, per la critica di Bodrero nei confronti di Pio IX e la contestuale lode a Leone XIII.
37 Aldo A.Mola, Storia, cit., 364.
38 Antonio Bruers, Spiritualismo, spiritismo e italicità. Lettera aperta all’on. Paolo Orano, «Luce e Ombra», gennaio-febbraio 1923, 5.
39 Liberalismo e Massoneria nell’inchiesta dell'”Idea Nazionale”, «La Civiltà Cattolica», 6 febbraio 1926, 235. L’anonimo autore coglie l’occasione (p. 239) per ribattere l’accusa lanciato da molti tra cui anche Reghini, secondo cui la Compagnia di Gesù, “un ordine religioso pubblico e operante alla luce del giorno”, in realtà operasse in segretezza alla stregua dei “figli della vedova”.
40 Dana Lloyd Thomas, Il filogermanesimo di Julius Evola, «Politica Romana», 4/1997, 264.
41 J. Evola, Il cammino del cinabro, Scheiwiller, Milano 1972, 80.
42 ACS, Ministero dell’interno, DGPS, Div. Pol. Politica, b. 100, f. 8~Ordine Teosofico, nota del 28.3.1928-
43 Cfr. Piero Fenili, I miti evoliani del sangue e della crociata e la destra metafisica e massonica, “Politica Romana”, 4/1997.
44 Leggendo la versione fornita da Evola quarant’anni dopo, è difficile capire se egli si fosse indignato di più per un “subdolo tentativo” di “togliergli” la rivista «Ur» oppure per i legami dei “colpevoli” alla Massoneria, “nonostante la sua soppressione nel periodo fascista”. Cfr. Il cammino, cit., 85. In quanto all’antiprotestantesimo politico del Novecento, veniva coltivato anche negli ambienti del primo nazionalismo estetizzante con l’esaltazione della “civiltà latina” identificata con la presenza storica del cattolicesimo. Successivamente, Evola, in Rivolta contro il mondo moderno, riuscì abilmente a formulare una condanna dottrinale del protestantesimo, visto come il distacco da un modello medievale che egli definiva “tradizionale”, per arrivare alle stesse conclusioni già affermate dal cattolicesimo. Va rilevato il contrasto lampante tra l’opinione di Evola e di Leone Caetani. Mentre il primo stigmatizzava la Riforma, Caetani la vedeva animata dallo “spirito di emancipazione religiosa e di sollevamento morale”. Cfr. Leone Caetani, Il Cattolicesimo anticlericale e la ribellione contro il papato romano, Casa Editrice Italiana, Roma 1910, 5.
45 Cfr. Ernst Nolte, Il giovane Mussolini, Marx e Nietzsche in Mussolini socialista, tr. it., Sugarco, Milano 1993, 77-80. Sarebbe auspicabile un ulteriore chiarimento storico dell’atteggiamento di Mussolini nei confronti del cattolicesimo, che lo trasforma da vitalista nietzscheano in artefice del Concordato.
46 Renzo De Felice, Mussolini il duce. Lo stato totalitario 1936-1940, Einaudi, Torino 1996, 143.
47 Ennio Innocenti, Disputa sulla conversione di B. Mussolini, Circolo di Ricerca Religiosa “Luigi Calabresi”, Roma 1972, 9-11.
48 Fausto Belfiori e Luigi Gagliardi, Arnaldo Mussolini: la rivoluzione restauratrice, Europa, Roma 1997, 65.
52 In quanto alla posizione del Vaticano, va ricordato che, con la circolare del 2 ottobre 1922, il Segretario di Stato cardinal Gasparri aveva già proibito al clero la partecipazione alle attività politiche, giornalistiche e partitiche.
53 Cfr. Renzo De Felice, Mussolini il fascista. L’organizzazione dello Stato fascista, Einaudi, Torino 1995, 405-407.
54 Yvon De Begnac, Taccuini, cit., 591.
55 Negli anni ’30, invece, era stata notevole l’influenza dell’arcivescovo di Milano sul quotidiano “L’Italia”, portavoce di tutte le maggiori tematiche care al clerico-fascismo, coniugando all’esaltazione di Mussolini e della sua politica un’accanita campagna antimassonica e antiprotestante. Cfr. P Murialdi in La stampa italiana nell’età fascista, a c. di V. Castronovo e N. Tranfaglia, Laterza, Roma-Bari, 1980, pp. 167 sgg.
56 Aldo A. Mola, Storia, cit., 511.
57 Yvon De Begnac, Taccuini, cit., 391.
58 Pietro Scoppola, La Chiesa e il fascismo, cit., 32.
59 Luigi Federzoni, Italia di ieri per la storia di domani, Mondadori, Milano 1967, 124.
60 «Gerarchia», aprile 1923. Si denota il contrasto con l’affermazione di “Fermi” secondo cui “Solo il Cristianesimo ha portato alla perfezione la difesa dell’individuo contro ogni tirannia sociale” (Cesare e Dio, «Gerarchia», gennaio 1926, 26) che andrebbe preso più come un augurio che non come constatazione storica.
61 Fermi, Cronache del pensiero religioso, «Gerarchia», maggio 1923, 981-982.
62 Fermi, Cronache del pensiero religioso, «Gerarchia», ottobre 1926, 1047.
63 “I migliori fra i Cesari furono i persecutori più accaniti. Perché? II concetto che essi avevano dell’autorità statale- in genere e in specie – faceva un dovere ai più coscienziosi di sradicare una dottrina che, rivendicando l’autonomia della coscienza personale, era giudicata incompatibile con la coesione sociale e statale. A torto, poiché una strenua libertà, cioè disciplina interiore, non può rendere che più intime e spontanee le obbligazioni legittime della vita sociale”. Questo passo (Fermi, Cronache del pensiero religioso, «Gerarchia», luglio 1927, 550), che esalta e allo stesso tempo critica la politica romana nei confronti dei cristiani, rivendica apparentemente la libertà religiosa, mentre in realtà non esprime altro che la dottrina del libero arbitrio per cui si è liberi di credere nella dottrina della Chiesa, ma guai all’eretico, all’apostata, al “pagano”che non crede….
64 Cfr. Gentile Emilio, Il culto del littorio, Laterza, Roma-Bari 1994.
65 Pietro Scoppola, La Chiesa e il fascismo, cit., 33.
66 A.B. [Antonio Bruers], Cronache del pensiero filosofico, «Gerarchia», maggio 1925, 325.
67 Un’altra gerarchia, «Gerarchia», ottobre 1924, 637-642. Non sono ancora emerse delle prove certe te sull’identità dell’autore o degli autori degli articoli firmati Fermi. Mentre si è ipotizzato, nel caso dell’articolo contro Reghini, che si trattasse dello stesso Mussolini (cfr. Marco Rossi, L’interventismo politico-culturale delle riviste tradizionaliste negli anni venti: Atanòr (1924) e Ignis (1925), «Storia Contemporanea», N. 3, giugno 1987, 474) ci sembra probabile che le minuziose trattazioni di storia ecclesiastica e di polemica religiosa di stampo oltranzista nelle Cronache siano invece da attribuirsi ad uno studioso specializzato.
68 Arturo Reghini, L’universalità romana e quella cattolica, «La Vita Italiana», 15 agosto-15 settembre 1924, 130.
69 Cfr. J. Evola, Romanità viva e romanità morta, «Il Regime Fascista», 13 maggio 1935.
70 Che si trattasse di un vero e proprio travisamento della tradizione romana viene sostenuto da tempo da «Politica Romana»; e vi è una ulteriore conferma anche da parte di Vittorio Vernole, Giornata di studio “Evola per cento anni” organizzata dalla Fondazione Julius Evola, Roma, 6 giugno 1998.
71 Agostino Gemelli, Chiesa e Stato, studi storici della Conciliazione tra !a Santa Sede e l’Italia, Vol. I, «Studi storici», Milano, 1939, cit. in Pietro Scoppola, La Chiesa e il fascismo cit., 45.
72 Fermi, Dante esoterico, «Gerarchia», marzo 1924, 152-156. AI di là di certi elementi stilistici di sapore mussoliniano anche in questo caso sarebbe opportuno mantenere una certa prudenza sull’identità effettiva dell’autore.
73 Aldo A. Mola, Storia, cit., 203.
75 Cit. in Emilio Gentile, introduzione a G. Giuriati, La parabola di Mussolini nelle memorie di un gerarca, Laterza, Roma-Bari 1981, xxviii.
76 Il fatto che, nel mese di luglio del 1943, Vezzani ricopriva ancora la presidenza della sezione torinese dell’Associazione di cultura italo-germanica, lascia intendere una completa adesione al regime.
77 Enciclopedia Italiana, Istituto Giovanni Treccani, Roma1935, Vol. XXV, 138.
78 Ibid., 1934, Vol. XXII, 535-537.
79 Luzio era stato allievo di p. Pietro Tacchi Venturi, un suo conterraneo. Cfr. La Massoneria e il “Risorgimento italiano”. A proposito del saggio storico-critico di Alessandro Luzio, «La Civiltà Cattolica», 17 aprile 1926, 107 sgg. Indubbiamente, il filomassonismo di una certa storiografia dell’epoca si ricollegava al ruolo sociopolitico della Massoneria nel periodo postunitario. Tuttavia, la fragilità della tesi che voleva negare alla Massoneria qualsiasi ruolo nel Risorgimento viene sottolineata, nel secondo dopoguerra, anche dal rilancio, da parte dell’intransigentismo cattolico, della critica antiunitaria al “Risorgimento massonico.
80 A proposito di Evola si attende la pubblicazione, a cura di Stefano Arcella, della corrispondenza Evola-Gentile per la collaborazione alla Treccani.
81 E. Ciaceri, “Paganesimo” in Dizionario di politica, a cura del P.N.F., Roma 1940, Vol. III, 340.
82 D. Cantimori, “Neopaganesimo” in Dizionario di politica, cit., Vol. III, 270. Bisogna dire che, insieme al buddismo ed alle Olimpiadi, vi è una critica al “neopaganesimo” germanico. Cantimori comunque fu tra i “conservatori rivoluzionari” alla ricerca di una “emancipazione” del pensiero politico italiano dagli ideali risorgimentali. Cfr. Marcello Veneziani, La rivoluzione conservatrice in Italia, Sugarco, Milano 1994, 48-49.
83 Arnaldo Ginna scrisse in Pittura dell’Avvenire che l’artista doveva sviluppare le facoltà superiori e nascoste della mente in modo da fare dell’arte una specie di alchimia che legava insieme materia e spirito. Si compiaceva della diffusione dei fenomeni del cosiddetto “occulto”: “I fenomeni chiamati occultismo (spiritismo, medianismo, telepatia, alchimia, rabdomanzia, astrologia, magia, divinazione ecc.) sono studiati scientificamente dal’Ecole de Psychologie di Parigi che ne pubblica periodicamente i risultati”. S. Zanotto, Motivi irrazionali ed esoterici nel futurismo toscano in Il futurismo a Firenze 1910-1920, a c. di Gloria Manghetti, Verona, 1984, 111-115.
84 Tra i più estremisti vi furono uomini come Umberto Banchelli; anche Alberto Luchini tra gli attivisti del fascismo fiorentino. Cfr. De Felice Renzo, Storia degli ebrei sotto il fascismo, Eiuaudi, Torino 1995, 67.
85 ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Div. Polizia Politica, b. 100, f. 1 Ordine teosofico, nota del 2 febbraio 1930.
86 Cfr. Mario Manlio Rossi, Spaccio dei maghi, Doxa, Roma 1929. Rossi fu allievo del filosofo Mario Calderoni e, non a caso, molto amico di Papini. Cfr. Eugenio Garin, op. cit., 70.
87 Per il caso Papini cfr. Carlo Falconi, Lo Chiesa e le organizzazioni cattoliche in Italia (1945-1955), Einaudi, Torino 1956, 157-175.
88 Cfr. Giovanni Casati, Scrittori cattolici italiani viventi. Dizionario bio-bibliografico ed indice analitico delle opere, Romolo Ghirlanda, Milano 1928.
89 Yvon De Begnac, Taccuini, Arnaldo Mussolini, 373-374.
90 Fausto Belfiori e Luigi Gagliardi, op. cit., 22.
91 Manifesto Realista, «L’Universale», gennaio 1933. II manifesto è firmato da B. Ricci, O. Rosai, R. Pavese, I. Petrone, A. Luchini, M. Tinti, E. Sulis, G. Contri, D. Brocchi, R. Bilenchi, A. Del Guercio e G. Bertolini: chiude con l’espressione di “calda e sicura devozione” a Mussolini. Di contenuto eterogeneo, difendeva il Rinascimento italiano contro i nostalgici dell’epoca feudale, provocando a tale proposito il dissenso di Evola su «Regime Fascista». Cfr. Mario Tinti, Risposta a Evo!a, «L’Universale», 10 febbraio 1933, e Paolo Buchignani, Un fascismo impossibile. L’eresia di Berto Ricci nella cultura del Ventennio, Il Mulino, Bologna, 1994, 220-224.
92 Alfonso Del Guercio, La religione come conquista, «L’Universale», 10 febbraio 1933.
93 Nel 1936, per esempio, si vantò delle sue traduzioni di alcuni articoli di Goebbels. Per Evola, Luchiniè un “ottimo elemento” (Il cammino, cit., 155), e il “tandem” Luchini – Evola era ben noto: cfr. ACS, Ministero della Cultura Popolare (Gabinetto), b. 93, f. C.A.U.R., lettera del ministro Alfieri del 14 settembre 1937 (Doc. 1).
94 ACS, Ministero della Cultura Popolare (Gabinetto), b. I51, f. Collaboratori Ufficio Razza, sf. Alfonso Del Guercio, lettera del 7 agosto 1941 (Doc. 2). Siamo debitori a Silvio Bertoldi (Il giorno delle baionette, Rizzoli, Milano 1980, p. 169) della segnalazione che ha condotto ad acquisire questo documento.
95 ACS,Ministero della Cultura Popolare (Gabinetto), b. I51, f Collaboratori Ufficio Razza, sf. Giuseppe Della Gherardesca, lettera del 21 giugno1941 (Doc. 3).
96 Cfr. la raccolta di alcuni scritti significativi in Julius Evola, Scritti sulla massoneria, Settimo Sigillo, Roma 1984.
97 J. Evola, L’internazionale ebraica e la profezia della nuova guerra mondiale secondo Ludendorff, «La Vita Italiana», novembre 1932. Evola non tenne conto invece di uno dei punti veramente profetici: quello di una futura alleanza tra il nazismo da una parte e il bolscevismo dall’altra, sancita dal Patto Molotov-Ribbentrop.
98 James Webb, The Occult Establishment, cit., 307. Per queste tesi cfr. Erich Ludendorff, Vernichtung der Freimaurerei durch Enthüllung ihrer Geheimnisse, Ludendorff Verlag, München 1937.
99 Gabriele Gabrielli, Teosofia rivoluzionaria, «La Vita Italiana», aprile 1928, 186-193.
100 X, Imperialismo giudaico, «La Vita Italiana», novembre-dicembre 1928, 119.
101 Piero Pellicano, Le Potenze Occulte, «La Vita Italiana», settembre 1939, 356. In quanto allo spiritismo, Preziosi osserva ironicamente che nelle sedute spiritiche ci si occupa anche della sua rivista; cfr. G. Preziosi, Fatti e Commenti, «La Vita Italiana», novembre 1938, 662.
102 Maria Luisa Picheto, op. cit., 121-122.
103 Cfr. Marcello Veneziani, La rivoluzione conservatrice in Italia, cit., 199-201. Nello stesso periodo era in corso anche la polemica tra l’idealismo gentiliano, ritenuto da taluni troppo “laico”, e le componenti del catto-fascismo, compresa la “mistica fascista” di Arnaldo Mussolini.
104 «Il Regime Fascista», 24 settembre 1938, cit. in Meir Michaelis, Mussolini e la questione ebraica. Le relazioni italo-tedesche e la politica razziale in Italia, La Comunità, Milano 1982, 442.
105 ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Div. Pol. Politica, b. 100, f 8 Ordine Teosofico, nota del 23 marzo 1928.
106 Mario Baronci, op. cit., 9 sgg.
112 M.M. Rossi, op.cit., 12-13.
113 E Zingaropoli, Siete maestri in sinagoga…, «Mondo Occulto», 31 agosto 1934, 171.
114 «La Civiltà Cattolica», 7 maggio 1927, 278.
115 Ibid., 1 gennaio 1927, 84.
116 J. Evola, Sugli strumenti della guerra occulta, «La Vita Italiana», gennaio 1938, 35.
117 ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Div. Pol. Politica, b. 100, f. 1 Ordine Teosofico, nota del 31 luglio 1929.
118 ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Aff. Gen. Ris., Cat. G1, b. 17, Associazione spiritualista italiana, s£ Milano, nota del 28 febbraio 1930.
119 Ivi, nota dell’8 aprile 1930.
120 Nel clima di Controriforma degli anni Trenta, le condanne contro le pratiche medianiche non sembrano aver mobilitato quell’impegno implacabile ed inquisitorio che caratterizzava la lotta anti-massonica, forse anche per il declino della “moda” spiritista dopo la grande diffusione tra la fine del’800 e il periodo della Prima Guerra Mondiale.
121 Cfr. Marco Fucci, Le polizie di Mussolini, Mursia, Milano 1985.
122 G.M.G., Giuliano Kremmer e la Fr+ Tr+ di Myriam, Alkaest, Genova, 1981, 19.
123 ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Aff. Gen. Ris., Cat. G1, Circolo Virgiliano di coltura filosofica, nota del 17 novembre 1927, nostro corsivo (Doc. 4).
124 Ivi, nota del 23 dicembre 1927.
125 Ivi, nota del 24 novembre 1927, nostro corsivo (Doc. 5).
126 ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Aff. Gen. Ris., 1930-31 b. 437 f. Ordine Martinista, nota del 16 febbraio 1930.
128 Ivi, nota del 6 settembre 1929.
129 ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Aff. Gen. Ris., Cat. G1, Associazione Spiritualista Italiana, nota del 26 febbraio 1930 (Doc. 6).