SABBIA, SALE E ZOLFO: ALCUNE RIFLESSIONI SU ERMETISMO E MASSONERIA

Premessa

Non sono un cultore di alchimia o di arti magiche in genere. Non ho mai usato l’atanòr e neppure un alambicco, né ho mai sperimentato alcunché. La mia curiosità è puramente intellettuale, sollecitata dall’osservazione che nel Gabinetto di Riflessione, sul tavolino, vi sono anche tre ciotole contenenti sabbia, sale e zolfo.

Mi sono chiesto il perché e credo di aver trovato la soluzione di questo ‘arcano’. La sottopongo pertanto alla Vostra riflessione, sollecitando il Vostro contributo al dibattito.

L’Ermetismo

Il Fr. René Guénon afferma che con questo termine si designa una dottrina essenzialmente cosmologica d’origine egiziana, filtrata poi attraverso la cultura ellenistica. La si fa derivare da Ermete Trismegisto, figura leggendaria d’iniziato, considerato dai Greci identico al dio egiziano Thot, inventore della scrittura e del calcolo (1). Inoltre, la peculiarità d’indagine della dottrina suddetta è legata al tipo di iniziazione, regale e non sacerdotale: solo quest’ultima reintegrerebbe l’iniziato al Principio, direttamente, consentendogli di realizzare i Grandi Misteri; laddove la prima si limiterebbe al compimento dei Piccoli Misteri. L’iniziazione a questi ultimi comporta “lo sviluppo delle possibilità dello stato umano considerato nella sua integralità; essi mirano dunque a ciò che abbiamo chiamato la perfezione di questo stato, vale a dire a ciò che è stato designato tradizionalmente come la restaurazione dello ‘stato primordiale’” (2). La distinzione è presente in tutte le culture tradizionali: nel taoismo, per esempio, si distingue fra “uomo vero” e “uomo trascendente”. Aggiunge il Fr. Guénon che l’iniziazione sacerdotale è andata irrimediabilmente perduta e che ci si deve giocoforza accontentare delle iniziazioni ai Piccoli Misteri, come quelle di mestiere, tra le quali la Massoneria e il Compagnonaggio: a questo punto, più prosaicamente, mi sia consentito rammentare il vecchio adagio, nel quale è però racchiusa una grande saggezza: “chi si accontenta, gode”.

“Tutto è nel Tutto e il Tutto è in tutto”. Questo motto condensa la dottrina ermetica, che vedeva una stretta correlazione tra fisica e metafisica, la prima essendo un riflesso della seconda. Se il logos del Vangelo di Giovanni è la Parola ordinante, la Natura è il Liber mutus che la custodisce. Lo studio di questo libro può allora essere uno dei possibili strumenti con il quale ritrovare la ‘parola’ andata poi ‘perduta’.

Anche l’uomo è oggetto di studio. A differenza però di altre filosofie, quali la Scolastica, l’Ermetismo si propone anche di incidere sulla Natura – e quindi sull’Uomo – allo scopo di ottenerne la trasformazione. Così, mescolando sapientemente umori di piante e di metalli, gli alchimisti arricchivano la loro farmacopea. Puntualizzo tuttavia che il lavoro sulle piante (spagirìa) o sui metalli (alchimìa) non era mai fine a se stesso: come i muratori che, sgrossando la pietra, lavoravano il loro sé interiore, così gli ermetisti, mutando il piombo in oro, lavoravano essenzialmente sub specie interioritatis per ottenere la trasmutazione del loro Io, attendendo così alla Grande Opera.

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Gli scienziati ci dicono che il nostro mondo è cominciato con un Big Bang, cioè con una deflagrazione effetto della dilatazione spasmodica di una struttura infinitesimale. I testi vedici ci parlano dell’uovo primordiale, in cui era contenuta tutta la Manifestazione; l’esoterismo islamico identifica il Principio con il punto geometrico, figura senza dimensioni, dal cui irraggiamento nasce tutto l’universo. La forma e il significato del numero “zero” possono sollecitare interessanti speculazioni. Nel Genesi l’attuale assetto del mondo è il frutto di molteplici distinzioni: “In principio Dio creò il cielo e la terra”. Il racconto prosegue e ci tramanda la separazione fra luce e tenebre, firmamento ed acque, acque e terra asciutta.

Gli ermetisti raffiguravano la materia indistinta con una circonferenza.

Essa è stata fecondata dal sole, simboleggiato dalla circonferenza con il punto centrale: . Il simbolo del creato è invece una circonferenza il cui diametro è in posizione orizzontale: . Il riferimento alla divisione è quindi molto evidente.

Questo grafema è anche il simbolo alchemico del sale. Non ci si riferisce, però, al sale marino: con questo termine gli ermetisti indicavano piuttosto la personalità essenziale di ogni uomo. Occorre anzi mettere in evidenza che i termini del linguaggio ermetico non hanno alcun riferimento con quelli dell’odierna chimica, trattandosi di metafore, di simboli che devono essere interpretati in chiave esoterica. Coloro i quali presero alla lettera i testi ermetici, accingendosi ai fornelli con pentolini e alambicchi, furono chiamati, spregiativamente, “soffiatori di fumo”. A loro può essere forse attribuito il merito di avere dato impulso alla chimica moderna; è tuttavia chiaro che siamo su un piano di lavoro affatto diverso da quello degli ermetisti, mancando i primi di ogni afflato spirituale.

“La sostanza che si cerca è la stessa cosa di ciò da cui bisogna trarla”. L’aforisma, riferito ad Huginus a Barma (3), ci fa ben comprendere come il lavoro ermetico – alchemico avesse per oggetto l’uomo: si trattava dunque di lavorare su di lui per fare nascere l’homo novus, trasformando la pietra grezza in pietra cubica.

In potenza, quasi tutti gli uomini sono pietre grezze idonee ad essere squadrate. Basta che lo vogliano: il massone non è forse “uomo di desiderio”? Il profano che bussa alla porta del nostro Tempio deve essere però come il Folle, raffigurato dalla lamina dei Tarocchi, quella senza numero: un uomo che va verso l’ignoto.

La sua bisaccia è piccola: ha tenuto per sé l’essenziale; appare spinto da un’irrefrenabile ansia, da un dàimon, simboleggiato dal cane che gli morde la gamba, e pur tuttavia il suo viso non esprime sofferenza. Nella mano destra regge un bastone, dal quale spunta un germoglio: se persevera, il suo giardino interiore conoscerà lo splendore della nuova fioritura ed il Nostro raccoglierà rigogliose messi, premio del suo impegno e della sua costanza.

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Il sale – elemento ‘fisso’ – entra a contatto con le influenze esterne. Nel simbolismo ermetico queste ultime sono simboleggiate dal mercurio, elemento ‘volatile’. L’ideogrammaci aiuterà a comprenderne meglio il significato. Sotto la circonferenza, simbolo dell’indeterminatezza della materia, c’è una croce.

Per inciso, è opportuno rilevare che nel linguaggio ermetico la croce non ha un significato a sé stante, designando piuttosto un lavoro, da compiersi o già compiuto. Come ha rilevato il Fr. Oswald Wirth, “il braccio orizzontale è passivo, come l’uomo che dorma o riposi steso al suolo; al contrario, il braccio verticale è attivo, simile all’uomo che sta in piedi, all’uomo ‘svegliato’, cosciente. L’attivo I, che passa attraverso il passivo, suggerisce l’idea di fecondazione, e proprioall’unione dei sessi si ricollega filosoficamente la Croce +, beninteso a patto di sublimare e di ampliare la nozione volgare di accoppiamento. L’idea, penetrando nell’intelligenza ricettiva, la feconda. Dio si unisce alla Natura per generare ciò che è. La nostra energia sposa il nostro organismo, perché questo agisca. È l’applicazione che dà valore ad ogni forza: questo indica la Croce +, segno di azione e di effettivo lavoro. Secondo che il lavoro sia da effettuare o sia già compiuto, gli Alchimisti tracciano la Croce + sotto un elemento grafico o, viceversa, sopra di esso” (4).

Nel caso al nostro esame, la croce sotto la circonferenza simboleggia il lavoro necessario per l’evoluzione della materia prima: non per nulla, in astrologia, con questo stesso segno s’indica Venere, dea dell’amore. La luna sormontante denota che l’evoluzione di cui trattasi dovrà prodursi nel dominio sublunare, dunque nella sfera della materialità soggetta continuamente ai cambiamenti. Per potere affrontare il ‘mercurio’, cioè l’azione dell’ambiente esterno, il ‘sale’ dovrà essere prima opportunamente purificato.

Si noti che nel Gabinetto di Riflessione il mercurio è significativamente assente: il recipiendario è solo con se stesso, deve conoscere la sua intima individualità, e dunque non può e non deve essere affatto condizionato dall’esterno. Da questo punto di vista, il locale è assolutamente sterile, come la sabbia contenuta nella ciotola.

In Massoneria la purificazione avviene mediante i quattro viaggi simbolici ai quali corrispondono, rispettivamente, le prove di terra, acqua, aria e fuoco. Comincia così il cammino iniziatico, dapprima verso i recessi della nostra coscienza, quindi verso l’alto, verso la dimensione dello Spirito. Una volta spogliato dei metalli, cioè dei pregiudizi e delle passioni, l’iniziando mette a nudo la sua personalità essenziale, la sua quintessenza, ovvero ciò che rimane di lui dopo le quattro prove superate.

A questo punto, il profano è pronto per ricevere la Luce, come il sale è pronto all’incontro con il mercurio. La Luce provocherà l’ignizione dello zolfo, ma di ciò parleremo in seguito.

L’incontro è selettivo: l’iniziato non subisce più passivamente le influenze esterne, come un albero investito dal vento, ma se ne serve, scegliendo opportunamente quelle che gli saranno d’aiuto nella sua crescita spirituale e scartando invece le altre. Il Vangelo ci esorta a “separare il grano dal loglio”, nel linguaggio ermetico si parla invece di ‘coagulazione del mercurio’.

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Retto pensiero, retta parola, retto agire. Quest’ultimo compito è quello più impegnativo per l’iniziato, che non può però sottrarvisi, dovendo dimostrare con i fatti d’avere assimilato e di sapere mettere in pratica i precetti ricevuti.

La Luce ricevuta ha acceso lo zolfo che l’iniziato custodiva nel profondo del suo Io. Lo zolfo è il Fuoco realizzatore esistente nel nucleo essenziale di ogni essere. Rappresenta l’ardore della volontà, lo slancio verso l’ideale. È simboleggiato da un triangolo che sormonta una croce: . Il triangolo è il simbolo del fuoco; la croce sottostante si riferisce al relativo processo d’irraggiamento che deve essere compiuto dall’iniziato. La combustione dello zolfo è calmierata dal sale, che s’interpone fra lo zolfo e il mercurio: l’iniziato mantiene vivi sentimenti e idealità, ma il suo comportamento è sempre misurato e composto.

A questo punto, possiamo opportunamente cogliere contatti, ma anche differenze, tra la Massoneria e l’Ermetismo.

Comune alle due Scuole è, senz’altro, il lavoro interiore. Abbiamo già detto che le pratiche alchemiche, di derivazione ermetica, non avevano quale obiettivo primario la così detta mutatio metallorum, la trasformazione dei metalli, quanto piuttosto la trasmutazione dell’iniziato.

È, questo, un concetto universalmente conosciuto e accettato. Ne è testimone, per l’Oriente, l’espressione araba kimia es sadaa, alchimia della felicità, quella ineffabile che prova la creatura allorché conosce il suo creatore: felicità estatica, eminentemente spirituale. Per inciso, va affermato che il mondo arabo ha visto fiorire filosofia ermetica e pratiche alchemiche, giunte a noi attraverso i Templari, che alla guerra con i musulmani preferivano decisamente il “commercio di dottrina e Luce”.

Per l’Occidente, invece, vale la pena meditare sulla XIIª lamina del tarocco, l’Appeso: è raffigurato un uomo, impiccato per i piedi, dalle cui tasche cadono per terra alcune monete.

L’uomo è capovolto, come capovolti sono i valori del mondo iniziatico rispetto a quelli del mondo profano (5), mentre le monete che lascia cadere alludono tanto alla spoliazione dei metalli, quanto ai valori che egli diffonde nel mondo, con la parola e, soprattutto, con l’esempio.

Ai suoi lati vi sono due tronchi, che ci rammentano le colonne B\ e J\; la sua gamba destra è piegata ed incrocia la sinistra, formando un triangolo con la punta all’ingiù: . L’ideogramma è il simbolo dell’acqua di vita, pronta a ricevere il Soffio vitale: la Grande Opera è così compiuta (6).

Analogamente, il lavoro del massone che sgrossa la pietra è volto anzitutto alla purificazione della mente e all’elevazione dello spirito.

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Le analogie con l’Ermetismo, tuttavia, finiscono qui. Le ricerche svolte non ci consentono di raccogliere tracce di un lavoro politico – nella comune accezione di questa parola, coordinato ed organico – rivolto anche all’esterno, da parte degli ermetisti, sebbene il Cinque e il Seicento li vedano coinvolti a vario titolo, ma sempre individualmente.

Viceversa, la costruzione massonica del Tempio interiore precede quella del Tempio esteriore. Le due costruzioni non procedono di pari passo, né lo potrebbero: prima di rivolgersi all’esterno occorre, intuitivamente, fortificarsi all’interno. Tuttavia è illusorio pensare di migliorare se stessi e disinteressarsi dei problemi del mondo. Il simbolismo delle due colonne è, a tal riguardo, davvero eloquente.

La Bibbia riferisce che quando Hiram costruì il tempio per incarico di Salomone, pose al suo ingresso due colonne. Quella di destra fu chiamata Jakin, quella di sinistra Boaz. I loro nomi significano, rispettivamente, Essa è stabile e Forza (7). Il simbolismo non è però originale: gli ebrei ne sono debitori agli egiziani, che avevano posto una colonna nel regno del Basso Egitto, a nord, a Eliopoli; un’altra in quello dell’Alto Egitto, a sud, presso Tebe. L’unificazione dei due regni avvenne più di 5.200 anni or sono. Il faraone, figlio di Horus, il dio-sole, “luce da luce”, presiedeva al regno unificato, governando il suo popolo con ma’at, cioè con “verità”, “rettitudine”, “giustizia” (8).

Presso gli ebrei la colonna Boaz rappresentava il pilastro regale (Mishpat), Jakin quello sacerdotale (Zedeq). Ambedue le colonne erano idealmente unificate da un archivolto denominato shalom, pace (9).

La pace, la prosperità possono dunque scaturire solo dall’armonioso connubio fra il temporale e lo spirituale. Intendiamoci, la Massoneria non può fare politica, perché i programmi dividono gli uomini, sono invece i princìpi che li uniscono. Compito della Massoneria è formare uomini, maestri di vita, capaci di diffondere la luce e riunire ciò che è sparso.

Diverso è il discorso per i massoni: la costruzione, come dicevamo, è globale; pertanto essi non possono e non devono estraniarsi dalle grandi problematiche religiose, sociali, in una parola: politiche, del nostro tempo. Ciò che veramente conta è che nel loro impegno non dimentichino la tolleranza, cioè, se non l’amore, almeno il rispetto per chi la pensa diversamente, sia questi profano o ‘fratello’: senza, non vi può essere via iniziatica, non vi può essere costruzione, non vi può essere Massoneria.

Giovanni Lombardo

(1) R. Guénon, Considerazioni sulla via iniziatica, Milano 1945, pag. 338.
(2) R. Guénon, op. cit. pag. 325.
(3) Alchimista vissuto nel XVII secolo. Di lui segnalo La pietra di tocco, una raccolta di massime raccolte da R. Alleau, Aspetti dell’alchimia tradizionale, Atanòr, Roma 1989.

(4) O. Wirth, Il simbolismo ermetico nei suoi rapporti con l’Alchimia e la Frammassoneria, Ed. Mediterranee, Roma 1991, pag. 23.

(5) Rammento che i lavori di loggia sono aperti dopo che il Primo Sorvegliante ha ‘ribaltato’ la squadra.

(6) Cfr. “… e lo Spirito aleggiava sulle acque”, Genesi 1, 2.

(7) I° Re 7, 21.

(8) Ma’at non è traducibile con una sola parola. Il Fr. Mircea Eliade spiega che la ma’at appartiene alla Creazione originaria: dunque riflette la perfezione dell’Età dell’Oro. Sul punto, v. dello stesso A., Storia delle Credenze e delle Idee religiose, I, Sansoni 1991 pag. 106.

(9) Sull’argomento v. C. Knight – R. Lomas, La chiave di Hiram, Mondadori, Milano 1997, capp. 7 e 11.