Simbologia del sacro monte di Varese


Foto 1. I Cappella. Particolare

Cenni storici

Da un’antica pergamena risalente al 922 si scopre che fu la chiesa di Santa Maria, sita in Monte Vellate, ad un’altezza di 880 metri sul livello del mare, ad assegnare il nome al Sacro Monte di Varese; anche se documenti più antichi narrano che fu S. Ambrogio nel 389 a portare il primo altare sulla cima del monte come ringraziamento della vittoria sugli Ariani.

Nel 1196 la chiesa conobbe una riedificazione romanica e, per tutto il periodo del medioevo, le strutture fortificate attorno alla stessa chiesa conservarono la loro funzione militare-difensiva in modo tale da rappresentare una delle zone fortificate più importanti del Contado del Seprio.

Sempre nello stesso periodo si sviluppa il concetto di sacro monte o monte sacro; concetto per altro già sviluppato in diverse religioni semitiche e mediterranee (Monte Olimpo, Monte Sinai, Monte Tabor). Questo concetto altresì si sposa con il fatto che l’altura inizia ad essere vista come modo estatico ed allegorico di ascesi dello spirito. Nella prima metà del XV secolo, infatti, gruppi di anacoreti si stabilirono sul monte per vivere una vita di preghiera e sacrificio. Fu in seguito a questo fenomeno che furono costituiti i primi romitaggi (1452 – Beata Caterina e Beata Giuliana).

La terza riedificazione della chiesa venne eseguita nel 1472 e fu opera della nobile casata degli Sforza che commissionarono anche la costruzione della “Porta sforzesca” (Foto 2) realizzata nel 1532 e tuttora presente in loco.

Foto 2. Porta sforzesca. Particolare della volta

San Carlo Borromeo (1538-1584) diede nuovo impulso al fervore religioso rinnovando l’antica tradizione dei pellegrinaggi mariani. Fu grazie a tale fervore che venne ideata la Via Sacra e fu, allo stesso tempo, grazie all’intuizione di un nobile frate cappuccino: Padre Giambattista Aguggiari da Monza, che pensò di rappresentare, in chiave didattico-simbolica, i contenuti teologici della dottrina cattolica riguardante i Misteri del Rosario.

Ufficialmente l’inizio dei lavori porta la data del 25 marzo 1605, giorno dell’Annunciazione. Il termine di tale maestosa opera viene riferito nell’ultimo decennio del XVII secolo.

In seguito si sono susseguiti numerosi restauri che, pur mantenendo più o meno intatte la struttura esterna delle cappelle, non sempre sono stati in grado di salvaguardare dal degrado i numerosi affreschi posti ad ornamento delle cappelle stesse. Infatti, molti di essi sono andati irrimediabilmente perduti.

Foto 3.I Cappella. Particolare

Struttura del Viale del Rosario

Il percorso del viale risulta scandito da 3 archi che annunciano i Misteri del Rosario.Il primo arco, detto anche Arco del Rosario, annuncia i cinque Misteri Gaudiosi (relativi alla nascita e all’infanzia di Gesù); il secondo arco, o Arco di San Carlo, annuncia i Misteri Dolorosi (inerenti alla passione e morte di Gesù); infine il terzo arco, o Arco di Sant’Ambrogio, annuncia i Misteri Gloriosi (riguardanti l’ascesa al cielo). Ogni cappella si trova quindi a rappresentare un ben definito Mistero del Rosario. Il piccolo Oratorio di Sant’Ambrogio, in cima al monte, divenne chiesa nel medioevo e, solo in età viscontea e sforzesca, fu notificato come santuario.

Gli ordini architettonici rappresentati nelle Cappelle della via Sacra sono diversi; si va, infatti, dalla rappresentazione dell’ordine dorico, ionico e corinzio con influenze del tuscanico e romanico.

Simbologia rappresentata sulla Via Sacra

Numerosa e varia è la simbologia rappresentata sul percorso del Sacro Monte. Simbologia ovviamente confacente ai canoni cristiani con rappresentazioni dei già citati Misteri del Rosario. Altri simboli si rifanno a tradizioni religiose più antiche, a tradizioni pagane agresti e celtiche, altri ancora riprendono elementi esoterici o che potrebbero essere interpretati come tali.

Foto 4. Madonna Nera

Madonna Nera (Foto 4) Come apice e culmine del primo arco vi è la rappresentazione statuaria della Madonna Nera col bambino. Oltre alla già ovvia e nota valenza cristiana, che avverte o meglio ricorda al pellegrino che sta per intraprendere la Via del Mistero del Rosario, tale elemento potrebbe rappresentare, parallelamente, una conoscenza alternativa. Conoscenza dedicata ad “iniziati” e in ogni caso discorde e distante da quella “ufficiale” cristiana. A volte comunque appare impossibile o assai difficoltoso districarsi dai numerosi elementi comuni esistenti tra sacro e profano (Foto 5).

L’origine della Madonna Nera del Sacro Monte è assai dubbio, anche se, secondo la tradizione, fu lo stesso Sant’Ambrogio a donare al monastero un simulacro ligneo della Madonna Nera nel IV secolo.

Il culto della Madonna Nera, o di divinità aventi le stesse caratteristiche e le stesse sembianze antropomorfe, si perdono nella notte dei tempi. Infatti, la divinità sumero-babilonese Isthar (II millennio a.C.) era già rappresentata come una donna dal volto nero e, come narra la leggenda, salì al cielo per splendere tra le stelle delle Pleiadi. Troviamo qui il primo riferimento agli astri, riferimento che riprenderemo nei dettagli in seguito.

La stessa raffigurazione femminile col volto nero è stata in seguito ripresa dagli egizi con il culto di Iside (moglie di Osiride, dio degli inferi) dea della conoscenza e della fertilità (concetto della dea Madre). Tale divinità viene, infatti, rappresentata nell’atto di allattare il figlio Horus. In seguito la divinità Isthar –Iside per il popolo frigio prese il nome di Cibele per arrivare fino ai greci e ai romani con il nome di Adone. La dea madre dei celti, Ana o Anna (si noti l’analogia con Sant’Anna, madre di Maria, raffigurata col volto scuro presso le vetrate della Cattedrale di Chartres), ha anch’essa sembianze antropomorfe e viene raffigurata col viso di colore nero. Spesso questa divinità si ritrova strettamente a contatto o in vicinanza di fonti o sorgenti di acqua. Un’altra analogia con il Sacro Monte di Varese, zona nota per la presenza di pregressi insediamenti di popolazioni celtiche e luogo di origine di numerose sorgenti di acqua. Il culto della dea dal volto bruno, identificata dai latini come MATER DEA (si veda l’origine del nome della città di Matera) o MATER BRUNA (da cui il nome proprio di persona ancora oggi molto frequente nella nostra penisola) è stato molto diffuso nelle aree rurali fino ed oltre al tardo Medioevo, convivendo in stretta simbiosi con la fede cristiana. Solo con l’avvento dell’Inquisizione (1233) il culto della MATER BRUNA è stato “sostituito”, senza per altro scomparire del tutto, con il culto della Madonna Nera.

Nella tradizione cristiana il culto della Madonna Nera fa la sua comparsa proprio agli albori del cristianesimo stesso. La leggenda infatti narra che fu proprio San Luca, conoscendo personalmente la Madonna, a raffigurane l’immagine dipingendola con il volto scuro. L’icona in questione è attualmente conservata presso il monastero bizantino (XII sec.) di Kikkos a Cipro.

Foto 5. VII Cappella

Per arrivare a secoli più vicini ai nostri, secondo alcune teorie, credenze e tradizioni si può ipotizzare che gli appartenenti ai più alti gradi dell’Ordine Templare fossero gnostici e, come tali, adoravano la Madonna Nera vista però come la rivificazione del culto di Isthar-Iside; divinità che rappresentava la conoscenza.

Secondo un’altra teoria, sempre inerente all’Ordine Templare, la Madonna Nera non è altro che la rappresentazione di Maria Maddalena, moglie di Gesù, ed il bambino che porta in grembo rappresenterebbe il primogenito della stirpe di Gesù, ossia il capostipite della dinastia dei Rex Deus.

Anche in questo caso viene ripreso il mito della dea Madre. Tutto ciò può essere fatto culminare con la rappresentazione di Maria con l’avvento del Cristianesimo o, come già detto sopra, con il culto della Maddalena secondo una tradizione che potrebbe definirsi ereticale.

Da quanto descritto possiamo affermare che un unico simbolo può essere interpretato, a seconda dello spettatore che vi si pone di fronte, sia esso cristiano, eretico, profano o iniziato, in modi completamente diversi l’uno dall’altro ma altrettanto importanti per lo stesso osservatore.

Foto 6. V Cappella . Particolare

Rosa canina (Foto 1,3,6,7) Un altro simbolo architettonico ricorrente sulla Via Sacra è la Rosa Canina. Caratteristica distintiva di questa rappresentazione sono i cinque petali che ne compongono la corolla; altra caratteristica di questo tipo di rosa è che per rigenerarsi non ha bisogno di essere impollinata. Grazie a queste qualità rappresenta ed è stata presa come esempio per simboleggiare la verginità. Più in generale possiamo ribadire il concetto che la rosa, fin dall’inizio della storia conosciuta, è stata definita il fiore di Venere e considerata il fiore della saggezza.

La rosa rappresenta anche il volto splendente della Madre, designa la perfezione assoluta, un “compimento” senza difetti. Dal punto di vista prettamente cristiano la rosa a cinque petali può anche rappresentare le cinque piaghe di Cristo.

In molte tradizioni culturali Venere, che viene simbolicamente rappresentata come stella a cinque punte, ha uno stretto legame con la Rosa Canina. A riguardo di ciò sulla via Sacra possiamo trovare diverse rappresentazioni di Rosa Canina con inscritta una stella a cinque punte (Foto 7).

Foto 7. IV Cappella Particolare

Altrettanto spesso possiamo trovare all’interno dei petali più esterni altri cinque petali più piccoli e, al centro, una struttura semicircolare che rappresenta il Sole (Fig. 1). Come sappiamo dalla geografia astronomica questi due astri sono strettamente correlati l’uno all’altro soprattutto considerando l’osservatore sito sulla Terra; infatti, Venere, a seconda della sua posizione sulla volta celeste, viene chiamata sia Stella del Mattino (preannuncia il sorgere del Sole), sia Stella della Sera (precede l’arrivo della notte).

Fig. 1

Perché Venere viene rappresentata come stella a cinque punte? Innanzitutto Venere non è una stella ma un pianeta e, come tale, non brilla di luce propria ma di luce riflessa dal sole e, come tutti i pianeti del sistema solare, il moto di Venere traccia una traiettoria al cui centro troviamo il Sole. Ecco la prima analogia con la Rosa Canina, o meglio con la sua porzione centrale, rappresentata con la già citata struttura emisferica.

Questa traiettoria attorno al Sole traccia una figura lungo la fascia dello zodiaco che risulta essere, guarda caso, una stella a cinque punte! (Fig.2) Tale traiettoria si porta a compimento in un periodo di 40 anni. Nell’antichità, chi era a conoscenza di questi dati, si parla di qualche millennio prima della venuta di Cristo, poteva conoscere con larghissimo anticipo l’andamento delle maree, poteva prevedere le eclissi e, in ultimo, ma non come importanza, poteva “correggere” ed apportare modifiche in modo che il calendario fosse sempre aggiornato. La conoscenza di questi elementi veniva quindi impiegata nella gestione del “potere” da parte di caste di stregoni-sacerdoti. Ecco quindi una possibile correlazione tra CONOSCENZA-VENERE-STELLA A CINQUE PUNTE-ROSA CANINA.

Fig. 2

Non è neppure un caso che l’aureola che cinge il capo di Maria è una “composizione” di stelle a cinque punte!

Quindi, da tutti gli elementi esaminati, possiamo ulteriormente prolungare quella linea appena sopra tracciata immaginando questa volta un percorso che da Venere ci porta alla Rosa Canina (Foto 8) e da questa a Maria per poi osare ad ipotizzare una stirpe generata dal grembo della Maddalena. Secondo la già citata tradizione, che ovviamente si discosta da quella ufficiale, a Maddalena sarebbero dedicate quelle Cattedrali gotiche che sono conosciute come Notre Dame e che si ritrovano sparse per tutta l’Europa occidentale, cattedrali note, per gli “addetti ai lavori”, per le innumerevoli rappresentazioni simboliche in esse scolpite.

Foto 8. VII Cappella. Particolare

Tornando alla stella a cinque punte e, dopo avere unito i vertici della stessa, ecco comparire il poligono regolare a cinque lati: il pentagono. Tale figura ha delle proprietà geometriche particolari tanto note ai costruttori delle cattedrali gotiche;infatti, tanto per rimanere in tema, ci troviamo spesso a fare i conti con il così detto “rapporto aureo” o “proporzione divina”. A tal proposito ci basti sapere che il rapporto aureo rappresenta quella parte di un segmento che è media proporzionale tra l’intero segmento e la parte rimanente dello stesso e che, ogni qualvolta tale rapporto viene rispettato, suscita in noi l’idea estetica del bello. (Per una trattazione più dettagliata dell’argomento si rimanda al testo: “La sezione aurea” di Mario Livio, citato nelle fonti bibliografiche).Anche in questo casoci troviamo di fronte alla rappresentazione del divino, del bello in sé, della perfezione.

Un’altra interpretazione della rappresentazione simbolica della stella a cinque punte, anche questa volta di origine egizia, è quella che la correla a Sirio, la stella più luminosa del firmamento, che appartiene alla costellazione del Cane minore, in prossimità di Orione. Sirio, denominata Sothis dagli antichi egizi, non è altro che la personificazione della già ben nota Isde.

Da ricordare che il pentacolo è stato il simbolo di riconoscimento dei pitagorici e, dal 1800, se rappresentato con i due vertici in alto, è stato impiegato come simbolo delle sette sataniche. In questo ultimo caso vi può essere inscritta la figura del “capro”, erronea interpretazione del dio cornuto celtico Cernunnos, dio della fertilità.

Foto 9. XII Cappella. Particolare

Uomo verde (Foto 9) Si tratta di un elemento simbolico assai ricorrente nell’architettura gotica. Simbolo di chiara provenienza pagana, rappresenta, infatti, la fertilità, il mito della rinascita, la primavera con i suoi elementi di rinnovamento. Anch’esso riprende il concetto mitologico già descritto dai Sumeri, ossia la rappresentazione del dio Tammuz, il dio morente e nascente, marito e nello stesso tempo figlio della dea madre Isthar. Con le stesse modalità possiamo associarlo ad altri miti come quello di Iside-Osiride, Adone e con elementi della tradizione celtico-agreste. In questa connotazione l’uomo verde può rappresentare figure leggendarie come quella di Robin Hood o fantastiche, come quella di Peter Pan (l’eterno bambino vestito di verde che riprende il nome del dio Pan, signore della fertilità). Anche la figura di Robin Hood rappresenta il dio delle foreste e della fertilità, infatti, durante lo svolgimento della festa celtica di Beltane, tra la notte del 30 aprile e 1 maggio, si celebrava l’unione simbolica tra la Madre Terra e le divinità maschili e l’unione carnale tra le giovani vergini (rappresentanti della Madre Terra) e giovani del sesso opposto (rappresentanti del dio della foresta). I frutti del concepimento avvenuto durante la festa di Beltane venivano chiamati “figli di Robin”. Il cognome inglese Robinson denota i discendenti di tale antica tradizione.

L’uomo verde è anche l’uomo della selva, ed ecco un altro riferimento, questa volta si tratta di un nome proprio di persona, diffuso nella nostra penisola: Silvano.

Osservando le rappresentazioni architettoniche dell’uomo verde ho notato che spesso viene raffigurato con la bocca spalancata bocca che, a mio avviso, potrebbe riprendere in maniera allegorica il mito del Pozzo Sacro accanto al quale mai mancava l’albero sacro ossia l’albero della vita. Ancora una volta troviamo l’elemento floreale in stretto connubio con l’elemento purificatore dell’acqua.

Foto 10.V Foto 10. V Cappella. Particolare

Rappresentazione di frutti (Foto10.) Molto si è scritto sul valore simbolico del melograno correlato sia alla fertilità sia alla rappresentazione allegorica all’organo genitale femminile: l’ovaio. Molto possiamo dire anche sull’aspetto simbolico della mela rappresentato come il frutto del peccato. A proposito di ciò non serve ricordare che il peccato originale nelle Sacre Scritture viene rappresentato appunto con la mela. Tale “credenza” è stata traslata, come se fosse un archetipo, in alcuni episodi fiabeschi popolari: tra tutti il più famoso risulta essere la storia di Biancaneve dove ritroviamo come protagonista la stessa mela.

Nelle Sacre Scritture è menzionato alcune volte l’albero della conoscenza del bene e del male (Genesi 3,9) e viene sottolineato il divieto assoluto di cibarsene del frutto (Genesi 3,17). Il frutto in questione non viene mai identificato come mela anche se, dal punto di vista pittorico, è dalla notte dei tempi che viene rappresentato come tale. Perché proprio la mela? Che cosa avrebbe di speciale questo frutto? Provate a prenderne una e tagliatela trasversalmente….ed ecco comparire…. provare per credere!

Ma si tratta comunque della rappresentazione di un solo frutto! Che dire invece della rappresentazione di più frutti?Questo elemento scultoreo possiamo trovarlo da solo o associato ai simboli già sopra menzionati. Frequentemente rappresentato, potrebbe essere confuso come semplice motivo ornamentale a riempimento di spazi che altrimenti sarebbero rimasti vuoti. Così, infatti, si sarebbe potuto liquidare in maniera molto semplicistica la questione. Devo dire, infatti, che, sebbene tentassi di trovare una qualche analogia che lo potesse legare al simbolismo, mi risultava difficile trovare questo legame. Poi ricordando che ognuno vede solo ciò che vuol vedere ecco azzardare una possibile interpretazione; la più banale possibile ma, proprio per questo la più logica: la frutta potrebbe rappresentare il “frutto di qualche cosa”. In seguito vedremo più in dettaglio gli elementi comuni ad alcuni dei simboli sopra esaminati ed il fatto di come si potrebbe azzardare che, proprio una possibile chiave di lettura di quello che potrebbe essere considerato un messaggio cifrato, potrebbe essere rappresentato dalla frutta in esame.

Elementi piramidali (Foto 11)Numerose sono le rappresentazioni di elementi piramidali che terminano, al loro apice, con una struttura sferica. (I e II Arco, II,IV,X,XI Cappella). La piramide racchiude in sé numerosi significati simbolici. Infatti, viene spesso identificata come simbolo degli “illuminati”, come via da percorrere, come simbolo di ascesa, come via iniziatica, come via da seguire per arrivare in alto: simbolo cioè della montagna sacra. La sfera può a sua volta simboleggiare il mondo, la volta celeste, il sole come simbolo di vita o la divinità suprema. Oltre a questa interpretazione, tali elementi possono assumere un impiego pratico se venissero impiegati come “gnomoni” per la lettura della proiezione della loro ombra sul suolo, come se fossero delle imponenti meridiane.Sarebbe curioso verificare questo evento in date particolari (per esempio durante gli equinozi o i solstizi).

Foto 11.II Cappella

Simbologia numerica (Foto 12) I numeri come simboli in sé non li ritroviamo rappresentati sul percorso della Via Sacra; però numerosi elementi architettonici vengono ripresi più volte e, guarda caso, secondo degli schemi numerici predeterminati. Qualcuno potrebbe pensare al caso, ma la casualità, in questo caso, si ripete molto spesso.

Anche nei numeri si può confondere il sacro con il profano; infatti, i tre archi che introducono i Misteri del Rosario possono rappresentare, in un percorso in ascesa come quello del Sacro Monte, i diversi gradi di conoscenza per un iniziato. Certo, questa rimane un’ipotesi suggestiva anche se azzardata però, in un contesto dove elementi “ufficiali” si mescolano con elementi di un sapere, se non occulto, almeno in parte nascosto, non sarebbe da escludere a priori. Non mi soffermo sul significato del numero tre, che sembra appunto ovvio e scontato, anche se vorrei sottolineare che esso compare spesso per esempio nella rappresentazione della rosa canina dove, come già in precedenza accennato, abbiamo una composizione a “tre strati”. Infatti, i cinque petali esterni circondano uno strato di cinque petali più interni che a loro volta circondano un centro emisferico (Foto 2,7,8). Tale unico centro emisferico risulta asua volta suddiviso in tre parti (Foto 6). Anche qui possiamo trovare una correlazione esistente tra il numero uno e tre. Anche il numero cinque compare spesso come numero “sacro”. Cinque sono le cappelle comprese tra un arco e l’altro, cinque sono i petali che caratterizzano la rosa canina, cinque sono le punte della stella che rappresenta Venere. Anche qui non ci si sofferma sul significato del numero cinque, significato che, almeno in parte, è stato esaminato disquisendo sulla stella a cinque punte.

Foto 13. VII Cappella. Particolare

Pavimento a scacchi (Foto 13) Non voglio soffermarmi a lungo su questo simbolo, continuamente ripreso e rivisitato in ambito esoterico e massonico. L’alternarsi del bianco ed il nero, la morte e la vita, il buono ed il cattivo, l’inferno ed il paradiso sono alcuni dei significati intrinseci di questa simbologia. Lo stemma di famiglia del casato Litta porta appunto la rappresentazione di questo simbolo (Foto 14).

Foto 14. VII Cappella. Particolare

Conclusioni. Questo modesto lavoro non vuole certo avere la pretesa di aver detto tutto sulla simbologia, in generale, e del Sacro Monte in particolare. Sicuramente le implicazioni di un così vasto ed articolato argomento richiedono competenze altamente specifiche e conoscenze che non possono facilmente essere alla portata di tutti (figuriamoci quindi del sottoscritto) perciò queste poche pagine, al massimo, potrebbero essere prese come spunto per ulteriori e più preziosi approfondimenti.

Vorrei però sottolineare che da questo percorso materialmente ripetuto ed eseguito più e più volte forse sono nati più interrogativi che certezze. Infatti, tengo a ribadire che sono solo considerazioni personali, spesso mi sono trovato nel tentativo di rispondere a molte domande, molte delle quali tuttora non hanno trovato alcuna risposta plausibile. Ovviamente mi sono fatto delle opinioni in materia e soprattutto ho percepito come poteva essere vissuto il lavoro alchemico. Il continuo percorrere la stessa strada ha fatto sì che volta per volta venissi a conoscenza di simboli che erano sempre stati visibili ma che non avevo mai visto forse perché non cercati attentamente e correttamente.

Altra considerazione, forse un po’ azzardata, che però piano piano ha preso sempre più piede nella mia mente è la possibile presenza di un filo logico e conduttore tra alcuni dei simboli sopra esaminati. Sto parlando di strade parallele ma con analogie tra di loro; di messaggi che potrebbero essere interpretati se in possesso di una chiave di lettura. E qui, sempre azzardando, si potrebbe ipotizzare l’esistenza di messaggi a più livelli. Vedo di spiegarmi meglio: la rosa canina, con tutte le implicazioni di cui si è parlato, ha come “frutto” l’uomo verde; Maria ha come “frutto” Gesù Cristo, Maria Maddalena avrà come “frutto” colui che darà origine alla stirpe dei Rex Deus. Un caso anche queste analogie? Tre interpretazioni diverse degli stessi elementi simbolici, anch’essi in numero di tre.

Elementi eretico-pagani commisti alla religione ufficiale, un abbraccio tra sacro e profano (Foto 5): nulla può essere dato per scontato se si possiede il corretto codice di decodificazione. Basti pensare che un elemento, a prima vista insignificante come la già citata rappresentazione della frutta, può assumere una valenza tale da ricoprire una funzione di legante, di ponte tra un concetto e l’altro in modo tale da rendere esplicito ciò che enigmatico invece è.

Un ultimo interrogativo: chi ha commissionato l’esecuzione di tali opere? Forse dei personaggi occulti, forse degli gnostici oppure degli ecclesiastici illuminati, oppure ancora, la possibile complicità tra credenti di fedi diverse.

Ovviamente non ho trovato risposta a questa ultima domanda.

Roberto Caronno

Bibliografia

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  • T. Wallace-Murphy: An illustrated guide book of Rosslyn Chapel.
  • Rosslyn Chapel
  • T. Wallace-Murphy: Thetemplar legacy & the masonic inheritance within Rosslyn Chapel.
  • J. Markale: Il mistero dei druidi.Ed. Sperling & Kupfer.
  • C. Knight, R. Lomans: La civiltà scomparsa di Uriel. Ed. Mondadori.
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  • T. Wallace-Murphy: Rex Deus. Ed. Newton & Compton
  • C. Jacq: Il segreto della cattedrale. Ed. Mondadori
  • C.A. Lotti: Santa Maria del Monte sopra Varese.
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  • La Sacra Bibbia.
  • M.Baigent – R.Leigh: Il tempio e la loggia. Ed. Newton & Compton
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  • L.Gardner: I segreti dell’arca perduta. Ed. Newton & Compton
  • A. Pochan: L’enigma della grande piramide. Casa Editrice MEB
  • G. Baietti: L’enigma di Rennes le Chateau. Ed. Mediterranee
Foto 15. I Cappella