Il Diritto Romano dei primordi fra magia e religione

Una-scena-romana-di-culto

L’origine del Diritto Romano è legata strettamente al Sacro, alla Religione, alla Magia: gli attori principali, nell’epoca Monarchica erano il Rex ed il Collegio dei Pontefici.

Il Rex assicurava l’esecuzione delle sentenze e l’ordine costituito, i Pontefici erano gli indiscussi interpreti del Diritto sacro.

Nella Repubblica poi vennero i Giuristi, il Pretor Cittadino ed il Peregrinus ad interpretare il diritto, forgiando nuovi Istituti ancor oggi esistenti nei diritti mondiali.

Attraverso la raccolta Giustinianea il Diritto Romano è stato tramandato e con il Diritto Barbarico ha caratterizzato il così detto Diritto Comune e Medievale dell’Europa.

Ma questa sera dobbiamo indagare il rapporto che correva fra magia, religione, sacro e diritto nell’epoca arcaica romana per comprendere la forza della parola che vivifica, della formula che crea.

Le formule magico-sacrali divennero formule giuridiche: alcune parole, alcuni gesti, producevano la modificazione della realtà in quello che oggi chiameremmo Ordinamento Giuridico: si elaborarono formule e giuramenti per creare obbligazioni, contratti, garanzie, o per sciogliere od estinguere rapporti, per citare in giudizio un convenuto o per resistere al giudizio, eccezioni processuali etc.

I creditori portavano trans tiberim il debitore incapiente, quando non si era potuto venderlo schiavo, lo squartavano, ne prendevano ciascuno una parte in modo rituale.

I testamenti, il riconoscimento dei figli, la manomissione degli schiavi avveniva pronunciando formule avanti all’esercito in armi o avanti al popolo romano nel Foro, le compravendite avvenivano alla presenza del libripens,  il compratore depositava un pezzo d’oro sul piatto della bilancia ed il venditore la chiave dell’immobile o la zolla di terra da vendere. Attraverso gesti e parole si compiva l’atto giuridico, come oggi facciamo avanti al Notaio per gli atti pubblici.

Nell’antichità la formula magico-sacrale-religiosa se era conforme al dettato della scienza sacra applicata al diritto produceva una modificazione delle cose, sacralizzava i patti, trasferiva le proprietà così come  all’interno del Tempio la formula conforme garantiva il rito del Dio di turno e assicurava la pace e la protezione alla città.

In modo conforme alla tradizione si traevano auspici osservando il volo degli uccelli, il comportamento dei polli sacri, le viscere degli animali, si interpretavano prodigi.

I riti sono sempre stati fatti di parole, gesti, abbigliamenti, oggetti che devono essere conformi alla tradizione per avere effetto.

Nell’Officina il tesoro esoterico si arricchisce alla fine della tornata se il lavoro è conforme al rituale e fornisce aumento di coscienza e conoscenza ai fratelli.

Nel rito d’iniziazione con la parola “ti creo” il M.V. battendo il maglietto sull’incrocio di spade pendenti sulla testa del bussante opera la trasformazione del profano che purificato dai quattro viaggi, avendo fatte le promesse di rito diventa apprendista muratore e si lega alla nostra catena iniziatica per sempre unito ai fratelli che sono, che furon e che saranno.

Dio nel Genesi crea la luce attraverso il verbo Fiat.

Il potere della parola è immenso è generatore sia in positivo come in negativo.

Noi massoni siamo alla ricerca della parola perduta cosa significa?

E la parola è perduta per sempre?

Ma siamo veramente consci che il nostro rituale è vivo e vivificante?

Partendo dall’importanza della parola iscritta in una formula dell’esperienza magico-sacrale del più antico Diritto Romano dobbiamo riflettere su cosa significa ancora oggi per noi Massoni la parola del rituale.

L’ascolto della parola del rituale ci cambia, opera in noi, ci scava, ci modella, opera una trasformazione.

A. G.

(Collegio Capitolium)