IPAZIA (Filosofa e Scienziata IV-V sec. d.C.), Inno alla Libertà: Fondamentalismi passati e recenti.

Messaggio del Serenissimo Presidente del Rito Simbolico Italiano,

Giovanni Cecconi

Collegio Sybaris

Rossano, Sabato 13 Dicembre 2014 h. 10.00 – Auditorium Amarelli

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Carissime amiche e carissimi Fratelli, avrei voluto essere con voi, ma i lavori di una tornata del Collegio Ariminum ieri sera e un impegno di lavoro stamane mi trattengono a Rimini. Sono molto grato all’amico e Fratello Maestro Architetto Moreno Neri per avervi fatto dono del suo tempo e del suo discorso, che rappresenta una risorsa per l’Ordine e il Rito, condividendo i suoi pensieri su Ipazia, una figura femminile che ormai da tempo è nel cuore degli uomini liberi. Ma soprattutto ringrazio i Fratelli Maestri Architetti del Collegio Sybaris, e specialmente Rosario Aloe, Emilio Barrese e Vincenzo Paradiso, per aver pensato a un convegno su una donna straordinaria che ancor oggi è icona di libertà. Ringrazio infine il Grande Oratore Vincenzo Ferrari che concluderà i lavori di questa giornata, ben sapendo che niente è concluso e che occorrerà riprendere gli strumenti di lavoro con maggior forza e vigore.

La vicenda umana di Ipazia continua ad insegnarci che la verità dell’altro ha la stessa legittimità della mia verità, ma questo non equivale a dire che, dunque, non c’è verità, o che tutte le verità si equivalgono. No, ciascuno è legittimato a manifestare la propria verità, ognuno deve impegnarsi con umiltà a confrontarsi e a ricevere la verità che sempre precede ed eccede tutti, pur nella convinzione che la propria verità, quella interiore, è quella su cui può essere fondata e trovare senso una vita, giacché siamo tutti figli della luce – dello stesso Principio.

Questa “simpatia”, che decide anche dell’empatia, che non è lo slancio del cuore che ci spinge verso l’altro, bensì la capacità di metterci al posto dell’altro, di comprenderlo, dal suo interno – di metterci nei suoi panni – è la manifestazione del recupero del pensiero, è umanità condivisa.

Da un ascolto animato d’empatia, giungiamo al dialogo, autentica esperienza di relazione reciproca.

Discorso, parola, ragione: i Greci come Ipazia avevano un unico termine, logos,  e dià logos è la parola che si lascia attraversare da una parola all’altra; è l’intrecciarsi di ragioni, di linguaggi, di sensi, di culture, di etiche; cammino di conversione e di comunione – di compagnonaggio…; via efficace contro il pregiudizio e, di conseguenza, contro la violenza che nasce da un’aggressività non parlata, senza dialogo possibile. Solo il dialogo consente di passare non solo attraverso l’espressione di identità e differenze, ma anche attraverso una condivisione dei valori dell’altro, non per farli propri, bensì per comprenderli. Dialogare non è annullare le differenze ed accettare le convergenze, ma è far vivere le differenze allo stesso titolo delle convergenze: il dialogo non ha come fine il consenso, ma un reciproco progresso, un avanzare insieme.

Così nel dialogo avviene la contaminazione dei confini; si annientano i muri degli assolutismi; si infrangono le barriere dei dogmatismi; e allora avvengono le traversate nei territori sconosciuti; si aprono strade inesplorate.

Uomini e donne di ogni tempo ricordano il coraggio di Ipazia e sull’esempio di questa figura emblematica vogliono contribuire a recuperare spazio al dialogo, al pensiero e alla libertà, perché sanno e sappiamo che cedere terreno ai fondamentalismi, non opporre resistenza a qualsiasi visione egemonica del mondo, significherebbe alzare le casematte della paura piuttosto che i templi della speranza.

La comunione massonica mostra nei suoi aspetti rituali di non avere bisogno dello Stato – e infatti vi si vieta di parlare di politica e di religione – e tuttavia osa anche occuparsi della Città perché nei nostri lavori rituali siamo sottilmente impregnati di un fortissimo senso civico – oserei dire cosmico: il nostro amore per l’Umana Famiglia. Ecco ciò che tramano i Massoni nelle oscure logge. Che non emanano “un odore stantio”, ma il fresco profumo di chi lavora per l’uomo. Di chi sa bene che ognuno di noi, nella ricerca della verità, non può essere forzato ad agire contro la sua coscienza né può essergli impedito di professare la sua filosofia o la sua religione, in privato ed in pubblico. Di chi sa bene che il diritto a questa libertà è alla base di tutte le altre ed è, inseparabilmente, legato ad esse. Di chi sa bene che non può essere consentito, a nessuno, di invocare la propria fede religiosa, o, in nome della stessa, chiamare, a raccolta, o all’azione, i fedeli, per imporre ad altri, fosse anche un’esigua minoranza, scelte etiche, che attengono e devono riguardare, esclusivamente, la sfera intima del credente; scelte del tutto rispettabili, a livello personale, ma che non possono tradursi in strumento per condizionare il potere legislativo e coartare le coscienze altrui, codificando soluzioni non condivise. Di chi sa bene che le numerose pretese di possedere e imporre verità assolute sia di carattere religioso (fondamentalismo, integralismo, confessionalismo, teocrazia) sia di carattere politico (stalinismo, nazismo, turbocapitalismo) possono essere non solo pericolose, ma sono state e sono tuttora la causa maggiore di ogni male e violenza di questa terra, delle guerre, delle persecuzioni, della povertà, degli eccidi e di ogni altra forma di aggressione tra popoli ed etnie di differente razza, credo e cultura.

Noi Massoni abbiamo grandissimi ideali ed altrettanto profondi concetti etici che mettiamo continuamente in pratica nei nostri bellissimi Templi. Non devono restare al chiuso, ma di essi dobbiamo offrire una chiara testimonianza nelle nostre società, dove la necessità delle nostre idee profonde e della nostra tradizione sta crescendo sempre più. Questo perché ogni volta che apriamo le porte dei nostri Templi, più luce filtra nel mondo.

Serenissimo Presidente del Rito Simbolico Italiano,
Giovanni Cecconi