Trad-Ita
Illa terra, unde orti sunt maiores vestri, vos excipiet;
antiquam exquirite matrem!
Napoli, 7 marzo 2015
La tradizione simbolica in Sicilia
Riesce talora più facile definire ciò che la Massoneria non è rispetto a ciò che è.
Massoneria non è religione, non è credo in verità rivelate, non è “parola di Dio”, non è desiderio di potere e di ricchezza, non è torre d’avorio in cui coltivare presunte supremazie intellettuali, non è l’opportunità di celarsi al mondo.
Ma allora cosa è? Lo diciamo tra le colonne ad ogni iniziazione: un metodo di vita interiore che, attraverso la incessante ricerca del vero a mezzo di strumenti propri, in primis i simboli, permette a ciascuno di migliorare se stesso (gnosce te ipsum) per “il bene dell’umanità”. Assunto quest’ultimo che conferisce concretezza alla definizione di universalità dell’Istituzione Massonica.
Se l’Istituzione è dunque universale perché non riferirsi ad un unico Grande Oriente, piuttosto che a quello Inglese, Francese, Tedesco, Italiano, Rumeno e così via?
Per ovvi motivi organizzativi ed amministrativi, certo, ma anche e soprattutto per un legittimo desiderio di identità, che trae origine dalla storia di ciascun paese, dalla unità linguistica, da specifiche tradizioni, dalla cultura popolare come dalla dotta e letteraria.
Vi sono poi circostanze particolari che producono effetti anche tra le Colonne dei Templi ed indirizzano verso esperienze singolari che si protraggono nel tempo, fedeli a se stesse. Il Rito Simbolico Italiano è una di queste. L’uso della aggettivazione, Italiano, invece che il consueto “d’Italia” , ne definisce in modo netto la peculiarità nazionale, con la stessa forza espressiva con cui viene scelto l’aggettivo Simbolico, riferito agli elementi latomistici essenziali e rispettoso dei Landmarks, assertore della compiutezza del terzo grado senza ulteriori supergradi.
Ma non solo di questo si tratta.
Il R.S.I. nasce, come tutti sappiamo dalla Loggia Ausonia di Torino nel 1862, in pieno Risorgimento, subito dopo l’impresa garibaldina nel Sud d’Italia, e dal Risorgimento non si distacca più, tanto da accettare nel 1874 la fusione nel Grande Oriente d’Italia, a conferma della vocazione unitaria. Ricostituita la propria Gran Loggia nel 1879 il percorso proseguì, fino al 1922, su un binario di rigore interno alla Comunione e di attenzione ai problemi della società.
Questo percorso non fu privo di difficoltà e di ostacoli, il più clamoroso rimane l’episodio di Nunzio Nasi, pur avendo registrato per lungo tempo una notevole sintonia con il sentire comune, almeno fino all’intervento nella Grande Guerra, l’ultima delle guerre di indipendenza. Le difficoltà maggiori provennero da parte della stessa Istituzione, in particolare da Crispi e dal suo entourage, espressione di una politica tendenzialmente oligarchica ed opportunista. Il richiamo, puntuale ed esaustivo, che fa Marco Novarino a questa contrapposizione crispina mi ha risvegliato il ricordo di un libro, forse di modesto rilievo letterario, ma che consente tuttavia riflessioni pertinenti sul ruolo non sempre coerente di alcuni personaggi risorgimentali di dichiarata appartenenza massonica, Crispi in primo luogo.
Il libro si intitola “Don Giovanni Malizia” (Bruno Leopardi Editore, Palermo 1999) ed è opera di tale Giovanni Maria Comandè nato a Monreale, la cittadina normanna a ridosso di Palermo, nel 1882. Prete a 24 anni, spretatosi presto per adesione al pensiero “modernista” che privilegiava la coscienza individuale sulla verità rivelata e la Chiesa, prestò servizio militare nella Prima Guerra Mondiale, rimanendo ferito. Morì nel 1933, tre anni dopo aver dato alle stampe il libro, caduto nell’oblio per lunghi decenni.
Vi si narra di vicende occorse tra il 1849, culminate nella repressione dei moti carbonari, e la unificazione del regno del Sud con l’Italia dei piemontesi (così la considerarono i nostri antenati). La figura dominante del libro è ovviamente Don Giovanni Malizia, un uomo i cui silenzi erano più eloquenti delle sue parole, dispensatore di una giustizia che ricorda da presso quella dei Beati Paoli narrati da Luigi Natoli (William Galt), insomma un uomo “di rispetto”, del cui passato poco si conosce, forse perché ad interessarsi del suo passato si sarebbe potuto compromettere il proprio futuro, ma di cui un alto funzionario borbonico afferma che “è l’unica persona nel cui nome qui si rispetta la legge”.
Ben presto si affaccia nel libro una figura che si ritroverà in varie circostanze.
La prima apparizione è nelle vesti di un frate cappuccino che arranca con fatica nella salita che da Palermo porta a Monreale (occasione d’altronde colta dall’autore per dichiarare l’amore per la propria terra con la descrizione delle bellezze di quella che fu la Conca d’Oro) quando gli si accosta la carrozza di un distinto signore, poi rivelatosi per il funzionario citato (un “burocratico” lo chiama l’autore), che gli offre passaggio.
La conversazione che ne segue è un sottile gioco in cui chi spera di attingere notizie sul pericoloso sovversivo Francesco Crispi non ne ottiene alcuna, mentre il frate apprende appunto di questa ricerca e del disappunto del Re per la rivolta di Palermo, soprattutto per il modo come gli era stata annunciata, con manifesti affissi nel giorno stesso del suo genetliaco. Alla fine i due scoprono di essere indirizzati alla stessa persona, va da sé che si tratta di Don Giovanni Malizia. Lo trovano seduto su un lastrone dinanzi la sua dimora e con lui si accomodano in conversazione.
Il burocratico (ormai lo chiamiamo come vuole l’autore) gli porge i saluti del Re e Don Giovanni manifesta tutta l’emozione suscitata da tanto alta amicizia.
La riunione viene interrotta dall’accorrere affannoso di due carrettieri che raccontano di essere stati rapinati delle mule e dei danari al passo sovrastante e quindi costretti a condurre a mano i pesanti carretti fin lì. Ma perché proprio lì? Così li avevano consigliati le guardie intervenute, naturalmente in ritardo, che alla loro intenzione di proporre denuncia avevano replicato che “se denunziate la rapina, vi arrestano voi. Se volete indovinarla e fare presto rivolgetevi a Don Giovanni Malizia: è più potente di un Viceré di Spagna”. Non ci attardiamo a descrivere lo scontato finale, con il messo di Don Giovanni che torna dall’incontro con i banditi riportando mule e denari; prova provata di indiscusso potere.
Ma intanto che se ne è fatto del cappuccino? Il poveretto chiede a Don Giovanni di rientrare perché si è fatto freddo e, rimasti soli, gli dice: “Il nostro amico inviato dal suo Re ha detto di guardarvi dagli emissari degli esiliati politici e specialmente dall’avvocato Francesco Crispi, ma non vi ha ingiunto di ricevere Francesco Crispi in persona”. E così dicendo il frate si toglie il cappuccio e barba e si svela al vecchio che balza tra le sue braccia esclamando: Don Ciccio Crispi!
Il seguito si svolse ovviamente a porte chiuse.
I due li ritroviamo a Monreale nel 1860: “A sinistra di Garibaldi Don Giovanni Malizia. A destra Francesco Crispi”. Garibaldi era in ambasce dato che la via verso Palermo appariva, da quel punto, impervia e ben presidiata dalle truppe borboniche, quando, sollecitato da Crispi, interviene Don Giovanni ad indicare la soluzione: aggirare le difese borboniche scendendo a valle, come per ritirarsi, e risalendo quindi dal versante orientale, a Gibilrossa. Così fu fatto, in una notte di intensa pioggia, guidati dai villani di Don Giovanni.
Insomma non è difficile comprendere che si è descritto un mondo di Mafia rurale, con cui i cospiratori per l’unità d’Italia dovettero fare i conti finché la sopraggiunta amministrazione piemontese prese le distanze da una giustizia indipendente dai codici, determinando il pensionamento di personaggi alla Don Giovanni Malizia. Dice del resto il nostro Autore: “Così nacque un colossale storico equivoco, che chiamò Mafia la malavita. Perché la Mafia, come cavalleria, era virtualmente morta il 27 maggio 1860, mentre le camicie rosse di Garibaldi abolivano un regno di negazione per crearne uno di giustizia”.
Insomma Crispi, nella visione di Comandè, sarebbe stato il trait d’union tra Massoneria e Mafia, anche se in prospettiva patriottica. Nihil sub sole novum!
Direte voi: e con il Rito Simbolico che ci azzecca? Forse non molto come diretta relazione, ma ricordiamo che dalla Loggia Ausonia, nata a Torino, il Rito dalla stessa generato aveva assunto dimensione nazionale e che, malgrado lo scozzesismo del Gran Maestro Garibaldi, nel Meridione d’Italia le Logge azzurre si diffusero sempre più, come fa testo la ricerca del Fr. Buitta sulla Sicilia degli anni venti, appena prima della pausa fascista.
È lecito immaginare che a questo radicamento abbiano contribuito l’aspirazione unitaria e la crescente attenzione ai problemi sociali propri del Rito?
M.·.A.·. Vincenzo Giambanco
La tradizione simbolica in Sicilia
Presenze del Rito Simbolico
al gennaio 1923
AGIRA
Triangolo da Tavi Risorta di Leonforte
ALCAMO
CIULLO D’ALCAMO (Dott. Antonio Dara)
ALESANDRIA DELLA ROCCA
LIBERTÀ E FRATELLANZA (Antonino Giglio)
ADERNÒ (Adrano)
BENEDETTO GUZZARDI (Ing. Adrea Grasso)
ASSORO
Triangolo da Vittoria di Catania
BENEDETTO GUZZARDI (ing. Andrea Grasso)
BIANCAVILLA
MARIO RAPISARDI (Ing. Vito Alfio Caruso)
CALTAGIRONE
AVVENIRE CALATINO (Francesco Fragapani)
PENSIERO LAICO (Prof. Rosario Reale)
CALTANISSETTA
Il Rinnovamento – Nissa Redenta (Noos, Palermo)
CASTROREALE
GIOVANNI BOVIO (Prof. Giuseppe Perrone Lombardo)
COMISO
GIOVANNI BOVIO (Dot. Vincenzo Miceli)
GIARRE
MONGIBELLO (Dott. Giovanni Grasso)
CATANIA
CARONDA (Ing. Giuseppe Pizzarelli)
PENSIERO E AZIONE (Cas. Post.)
VITTORIA (Prof. Nunzio Vaccalluzzo)
LENTINI
GORGIA (Ing. Gesualdo Angelico)
LIPARI
EOLIA (farmacista Luigi Mancuso)
LEONFORTE
TAVI RISORTA (Avv. Alessandro Cantarero)
ITALIA
MESSINA
AGERE NON LOQUI (Andrea Costa)
MAZZINI-GARIBALDI (Ing. Felice Siracusano)
ROMA RISORTA (Avv. Ignazio Russo)
NOTO
ARNALDO E FERRUCCIO (Prof. Andrea Carveni)
PALAZZOLO ACREIDE
Triangolo da Arnaldo e Ferruccio di Noto
PALERMO
BIOS (Vincenzo D’Agostino)
COSMOS (Andrea Fodale)
LOGOS (Avv. Ottorino Maggiore)
NOOS (prof. Rosario Gerbasi)
RAFFADALI
GIROLAMO SAVONAROLA
RAGUSA
LA SICILIA (Francesco Di Stefano)
RAMACCA
PROMETEO
CATALDO
Triangolo da Il Rinnovamento-Nissa Redenta di Caltanissetta
CATERINA VILLAERMOSA
Triangolo da Il Rinnovamento-Nissa Redenta di Caltanissetta
SPACCAFORNO
MICHELE RAPPINO (Avv. Michele Zuccaro Casaccio)
STEFANO DI CAMASTRA
Triangolo da Noos di Palermo
TERMINI IMERESE
IMERA (Dott. Agostino D’Asaro)
TRAPANI
DEMOS (Avv. Antonio Angelo)
FONTE: La Vita Italiana, Rassegna mensile di politica, Direttore Giovanni Preziosi, anno XI, fascicolo CXXI, ROMA 15 gennaio 1923.
* * *
Si è preferito usare l’ordine alfabetico delle località anziché raggrupparle per Provincie perché nel 1923 non erano ancora state create quelle di Enna e Ragusa che videro la luce nel 1927.
Chi scrive è componente del Collegio Panhormos – Loggia Regionale Oreto. Sicuramente avrete già letto sul nostro sito quanto riportato al riguardo dell’impostazione della scuola pitagorea e sicuramente altri FF.·. Maestri Architetti potrebbero intervenire a riguardo.
Solo pochi cenni:
La Sicilia è da considerare la regione più importante della Magna Grecia e le sue vestigia ce lo fanno ben presente, quindi è lecito pensare che la classe siciliana intellettuale di allora abbia respirato a pieni polmoni i venti che spiravano da Crotone.
Permettetemi ora un lungo volo pindarico per arrivare al secolo scorso per osservare come la tradizione che noi chiamiamo “italica”, ma meglio ancora la si può definire “Simbolica”, si sia manifestata in Sicilia.
Intanto la mia curiosità si è appuntata su alcuni Labari che hanno rappresentato il vessillo di datate Logge che cavalcano tre secoli: 1800, 1900, 2000.
Quello storico della Loggia “Abele Damiani” di Marsala (ora n. 349) riporta i due gioielli in grado di compagno su fondo azzurro con una data: 1860 come in un certo tempo venne nominata la Loggia.
Quello della “Cosmos” all’Oriente di Palermo (ora n. 282) fondata nel 1889, su fondo blu Savoia, i due gioielli addirittura in grado di apprendista (e di secondo grado nel Sigillo) e si potrebbe continuare .
Il vessillo del nostro Rito … in grado di compagno.
Ed ora andiamo in po’ a ritroso.
Nell’“era Gallego” ‘(1998-2005) abbiamo portato alle stampe (c’ero anch’io!) il testo di Pietro Buscalioni (2001), copertina blu Savoia, tenuto in oblio per più di un secolo.
Tramite esso abbiamo riscoperto che tramite la Loggia Madre Ausonia venne costituito un Grande Oriente Italiano con le caratteristiche del Rito Simbolico.
Si era nel 1859.
In seguito, come sappiamo, la tradizione scozzese prese il sopravvento, ma il seme gettato dal Simbolico germogliò in tutta la penisola.
I vecchi labari non portano numero e sono convinto che lo spirito del Simbolico si sia manifestato in quel fondo di colore blu Savoia.
In tanti altri convegni si sono ricordati tanti FF.·.MM.·.AA.·.: Pirro Aporti (Serenissimo 1879-1885), Gaetano Pini (1886-1887), Roberto Ascarelli (1970), Arturo Reghini (autore di un insuperato testo di esoterismo geometrico-matematico – La tradizione pitagorica massonica) ad esempio.
Noi in Sicilia, terra di conquista e di spoliazione, come lo fu tutto il meridione, abbiamo anche qualche illustre nome.
Piace citare Nunzio Nasi, ministro del Regno, serenissimo Presidente del Rito (1900-1902), processato per un calamaio e per profondi motivi politici.
Il “nostro” Marco Novarino nel suo lavoro del 2009, Progresso e Tradizione libero Muratoria – Storia del Rito Simbolico Italiano (1859-1925), ce ne dà un’immagine sintetica e chiarificatrice.
La dinastia dei Maggiore ci conduce ad ampie considerazioni.
Cito da Scritti e discorsi di Roberto Ascarelli (p. 41):
“Era anche tradizione atavica, dal nonno Notaro Maggiore che soggiornò ad Ustica, ristrettovi dal Borbone, perché sospetto di Massoneria; dal padre che accorse prima di Calatafimi sotto le bandiere di Garibaldi e che da garibaldino diventato ufficiale italiano, non esitò a disertare per trovarsi a Mentana con Garibaldi.
E di questa tradizione Ottorino è stato del tutto degno”.
Il padre, Antonio, lo troviamo in un bellissimo brevetto della Loggia “Noos” (ora n. 284) di Palermo, già simbolico in una Loggia emanata dal Gran Loggia di Rito Simbolico (siamo nel 1912).
Suo figlio Ottorino era alla “Logos” (ora n. 283 fondata nel 1915): avvocato, combattente nelle due guerre mondiali, partigiano, antifascista, Gran Maestro Aggiunto con la Giunta Lenzi.
Invito a rileggere le illuminanti pagine di Ascarelli a riguardo.
Ed infine Massimo, quotizzante della “Cosmos” (ora n. 282), Serenissimo Presidente del Rito (1970-1974) e Gran Maestro Aggiunto nella Giunta Corona (1982-90) che ha scritto pagine significative nella storia recente del nostro Rito e della nostra Istituzione.
Per inciso dalla R. L. “Cosmos” (ora n. 282) sono nate la “Noos” (4 aprile 1912), la “Logos” (13 gennaio 1915), la “Ethos” e la “Demos” di Trapani ormai demolite ma tutte “Simboliche”.
Lo ricordo attivissimo nel dopo-fuga del Di Bernardo per assicurare al GOI l’appoggio americano con tutto ciò che ne è scaturito …
Lo ricordo attivissimo nel ricompattare il Rito e spronarlo a far sì che Virgilio Gaito, (Serenissimo 1982-1992), venisse eletto Gran Maestro; ciò che poi si avverò.
Uno studio del suo archivio forse un giorno verrà fatto ma in questa sede limitiamoci a considerare intanto la presa di posizione dallo stessa ispirata e redatta a ridosso del rinnovamento della Gran Maestranza del 1973 per la quale un gruppo di “Architetti” di tutta Italia proponevano il fratello Maestro Architetto Stefano Lombardi (Serenissimo dal 1984 al 1982) a Gran Maestro Aggiunto …
Le sue parole sono quanto mai attuali e vale la pena ricordarle in questa sede:
“Carissimo fratello,
nel marzo 1973 la Gran Loggia dei Liberi Muratori appartenenti al Grande Oriente d’Italia sarà chiamata ad eleggere per il triennio 1973-1976 i Dignitari della giunta dell’Ordine. Pertanto, nell’ambito delle varie Logge, si procederà alla votazione sulle terne dei nominativi dei possibili candidati.
Ogni scelta comporta un giudizio consapevole. Per un massone tale giudizio deve essere dato con animo sereno e scevro da condizionamenti, ma, con l’osservanza di tutti quegli obblighi liberamente e spontaneamente assunti da noi direttamente o a noi tramandati dai Fratelli che ci hanno preceduto.
E più tali impegni sono affidati alla nostra coscienza, maggiormente essi debbono essere riguardati come sacri da chi abbia realmente appreso l’arte muratoria.
Uno tra essi è l’obbligo di tener fede al “gentleman’s agreement” stipulato fin dal 1874 tra la Serenissima Gran Loggia del Rito Simbolico Italiano ed il Grande Oriente d’Italia.
I loro rappresentanti, nel procedere alla fusione dei due organismi, entrambi sovrani ed internazionalmente riconosciuti, si scambiarono la promessa solenne che uno dei Grandi Maestri aggiunti della Massoneria Italiana dovesse appartenere al Rito Simbolico Italiano. L’accordo, come si conviene ai gentiluomini ed ai massoni in particolare, fu scrupolosamente rispettato e, nel 1945, esso fu rinnovato per ottenere che la legittima e mai disciolta Gran Loggia d’Italia di Rito Simbolico Italiano si riassociasse al ricostituito Grande Oriente d’Italia.
Anche dopo il 1945 l’impegno fu mantenuto fino alla Gran Loggia del 1970 la quale – scientemente o meno – violò quel patto. Come sai, infatti, gli attuali Gran Maestri Aggiunti appartengono l’uno al Rito Scozzese Antico ed Accettato e l’altro all’Arco Reale.
La violazione di un patto suona ad offesa non tanto per chi la subisce, ma soprattutto per l’ordine giuridico che viene turbato, di quell’ordine giuridico al quale tutti siamo assoggettati affinché la convivenza umana sia pacifica e feconda di progresso. Per un massone, che deve essere maestro di perfezione specie nei confronti di coloro che lo circondano, la violazione di un accordo, tanto più se affidato alla tradizione orale ed alla propria coscienza, dovrebbe essere addirittura inconcepibile. (…omissis…) in un mondo assetato di vera giustizia, dove si guarda ancora alla Massoneria come alla espressione più alta delle più nobili aspirazioni umane, il massone deve rappresentare un modello di chiarezza, di sicurezza e di linearità di comportamento che deve forgiarsi attraverso il lavoro di Loggia, ed affinarsi eventualmente nelle diverse Camere rituali, verso le quali ogni fratello ritenga indirizzarsi a seconda delle proprie particolari inclinazioni”.
Intendo questi assunti come alta espressione di SENTINELLA DELL’ORDINE!!!
Continuava poi, alzando i toni ed esprimendosi in modo profetico…
“Non va trascurato, inoltre, che l’osservanza del patto contribuisce a mantenere inalterato il giusto equilibrio tra i Riti, sancito a salvaguardia dell’indipendenza dell’Ordine e quindi anche della permanenza dei riconoscimenti esteri; equilibrio che non può essere alterato, rinnegando altresì un’indiscutibile tradizione storicamente radicatasi, senza condurre a conseguenze perniciose …”
In tali tenzoni il Fratello Massimo Maggiore veniva corroborato e sostenuto da altri grandi Simbolici trapanesi come l’indomito Arturo Di Grazia e Luigi Manzo. Quest’ultimo Serenissimo (1993-1998) e nostro attuale Gran Maestro onorario.
Per continuare sulla scia di quanto abbiamo ereditato da Massimo è bene ricordare il legato che mi affidò personalmente ribadendomelo con fervore poco prima di passare all’Oriente Eterno!
Non conoscendo la lingua tedesca – anche se Lotte, la moglie, era di lingua madre germanica e tradusse per noi il rituale “olandese” della posa della prima pietra del tempio di Salomone – mi incaricò di riscoprire e studiare la Gran Loggia Eclettica di Germania.
Non capì il perché ma nei miei trascorsi francofortesi me ne interessai … e come segugio riuscì, non senza difficoltà, ad infrangere lo spesso muro di silenzio, quasi omertà che la circonda.
Questa Gran Loggia che datava dal 1740 circa aveva avuto come grande sostenitore attivo Federico il Grande di Prussia. Abbattuta dal nazismo nel 1935/36, fu l’ultima a morire “burocraticamente” e l’unica a non essere ricostituita nel secondo dopoguerra.
I suoi archivi e documenti, nascosti dai FF.·., vennero scoperti dall’Armata rossa e trasferiti, insieme a quelli delle altre Gran Logge, alla Lubianka a Mosca. All’indomani della caduta del muro di Berlino, ritrasferiti (pare senza essere punto manomessi) a Francoforte/M , Kaiserstrasse, dove le Gran Logge ricostituite si riappropriarono dei rispettivi documenti.
Quelli della “Eclettica” sono ancora ivi chiusi e ben sorvegliati e tenuti in condizioni ottimali di temperatura e umidità.
Il FF.·. che li ha in custodia mi ha confidato che non ha il “coraggio” di aprirne da solo il contenuto.
Questa Gran Loggia lavorava nei soli tre gradi simbolici, era organizzata con modalità federative e lasciava liberi i suoi maestri di far parte dei Riti allora esistenti (si era nel periodo di massima proliferazione di Riti strutturati in tantissimi alti gradi ma che in seguito, molti di essi, non conobbero prosieguo).
Queste notizie le ho assunte dalla ricerca che ho compiuto presso la biblioteca massonica centrale tedesca sita in Bayreuth (fraternamente accolto e quasi coccolato) dove ho raccolto un copioso materiale ed al quale, purtroppo non ho saputo dare un seguito a causa delle mie carenze linguistiche data anche la disagevole comprensione e lettura della vecchia lingua tedesca con la sua arcaica struttura grammaticale e sintattica e della sua grafia.
Chi volesse approfondire può contattarmi a riguardo (si tratta di investigare intanto le circa 500 pagine fotocopiate).
Da un ulteriore approccio presso la Gran Loggia Unita di Germania in Berlino, ho avuto assicurazione che con un minimo preavviso mi si sarebbe messa a disposizione la bibliotecaria conservatrice del “Fondo”’ massonico presso la Biblioteca centrale di Germania per una ricerca approfondita su tutto il materiale ivi esistente …
Fu chiaro allora il significato del legato “Maggiore”: l’idea di Logge e Gran Loggia che lavorassero su tre soli gradi ed ammettessero l’appartenenza dei Maestri ad altri Riti era l’antesignana delle attuali contemporanee strutture massoniche universalmente attuate e riconosciute.
Massimo lo aveva intuito ma non poteva asserire quanto sopra per mancanza di prove e di fonti certe!!!
Massimo non poteva sapere che la Gran Loggia Eclettica di Germania per vedere riconosciuta la sua identità dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra abbia dovuto per decenni sostenere lunghi e tortuosi contenziosi con l’Albione.
Alla luce di quanto sopra mi sta bene dunque apprendere che i nostri Rituali siano stati mutuati da quelli della vicina Francia, ma mi è pur chiaro che l’idea teoretica basilare sia di più antica tradizione.
Per ultimare questi cenni sulla dinastia Maggiore, mi è gradito ricordare l’ultimo paragrafo del citato lavoro di Marco Novarino:
“Secondo una testimonianza di Ottorino Maggiore Meoni non sciolse il Rito Simbolico (o Rito Italiano che dir si voglia), che risorse dopo il ritorno della democrazia in Italia: non poteva che essere così per un organismo massonico che aveva sempre lottato per il progresso e l’affermazione dei principi democratici”.
Ora, secondo testimonianze di Massimo, di Giovanni Puliga (altro nostro Gran Maestro Onorario) e di altri MM.·. simbolici ormai passati all’Oriente eterno (tra gli altri Alfredo Berna), durante il ventennio a Palermo di solito in una valle, la Garofana, colma di luoghi simbolico-esoterici (pare contenga pure un Mitreo) oppure nella altrettanto simbolica ed esoterica Villa Giulia, spesso la domenica vi si riunivano FF.·. con le famiglie per fare colazione all’aperto ma con un rettangolo tracciato sul terreno con del gesso entro il quale si … “lavorava” …
Ed ancora, per la cronaca, non si può tacere in questa carrellata di “presenze” simboliche in Sicilia, sviluppate intorno alle personalità e professionalità citate, la coraggiosa figura di Pino Blandeburgo, anche lui M.·. A.·. attivo e quotizzante della “Cosmos” e membro del Collegio “Panhormos”, e purtroppo prematuramente passato all’Oriente Eterno, che in una movimentata Gran Loggia per primo denunziò l’andazzo della Loggia P 2 e del suo Venerabile.
Una figura, quella di Pino, che per la sua completezza, il suo rigore andrebbe rivisitata e posizionata nel Gotha dei grandi del nostro Rito e dell’Ordine.
Per andare ora alla cronaca più recente, la Loggia Regionale Oreto comprende i Collegi di Trapani, Castelvetrano, Palermo, Enna, Messina e Catania.
È prevista la costituzione di alcuni “Triangoli”, si spera forieri di futuri Collegi.
Intanto, tra qualche giorno, per merito del Collegio “Henna-Herbita-Engyum” di Enna, in Enna si alzeranno le colonne della Loggia n. 1480 intitolata a Paolo Ungari che iniziò la sua carriera profana ed iniziatica nella Palermo illuminata dai fari “Maggiore”, tanto da lasciare scritto il suo volere di aver disposto sul suo sacello un simbolo esoterico scelto proprio da Massimo … preveggenza?
Pare che numericamente la Loggia Regionale “Oreto” sia la più numerosa in Italia ed è in continua e rapida espansione.
È oltremodo piacevole osservare come venga scelta da Fratelli Maestri di notevole spessore umano e culturale.
A parte i convegni di rilevanza nazionale e le due nostre Gran Logge tenute a Palermo (2005) ed a Marsala (2013), è da segnalare l’attività realizzata in concomitanza della citata Gran Loggia tenuta a Marsala.
In quella occasione, sotto l’egida del Comune, si è tenuto oltre ad una vasta mostra di filatelia massonica, un affollato convegno nazionale sul 150° anniversario dell’unità nazionale dal titolo “Nuovo Risorgimento”, una pionieristica attività didattica elargita, in diverse tornate, alle ultime due classi terminali degli Istituti superiori della piazza.
Il successo di quest’ultima iniziativa ha sortito un esito ed una eco superiore ad ogni aspettativa in fatto di attenzione ed attiva partecipazione e tutto questo non è scaturito solo dall’argomento trattato – storia risorgimentale – ma dal metodo e dalla interazione docente-discente che i nostri Fratelli Simbolici hanno saputo attivare utilizzando “soltanto” il metodo colloquiale che ci distingue e capace di creare A R M O N I A.
Dalla lettura di Erasmo notizie abbiamo poi appreso come l’esempio sia stato seguito in alcune altre parti d’Italia.
Per ultimo mi è gradito ricordare come ci renda orgogliosi che il già citato ‘rituale’ della “Posa della prima pietra del Tempio di Salomone”, dalla L.·. “Cosmos” usato da innumerevoli anni per l’apertura dell’anno massonico, ricevuto da Massimo Maggiore da parte di Eddy Stopler (Gran Maestro Onorario) e tradotto , come ricordato, dalla consorte Lotte, sia stato adottato da altre Logge anche ‘continentali’.
M.·.A.·. Ariberto Buitta
Un contributo al lavoro
“Presenze del Rito Simbolico Italiano in Sicilia”
di Ariberto Buitta,
introdotto da Enzo Giambanco
citando il libro Don Giovanni Malizia
di Gian Maria Comandè
L’introduzione ed il lavoro con i suoi significativi accenni essenziali appaiono in perfetta sintonia con lo spirito di questo Convegno dall’acronimo “Trad-Ita”, prescelto dai FF.·.MM.·.AA.·. promotori del Collegio “Neapolis” con l’intenzione di aprire e mostrare “uno scrigno prezioso per l’intera comunità massonica nazionale”. Enzo ed Ariberto hanno posto l’accento sulla Sicilia, mostrando gli aspetti più validi nell’attualità, per il futuro e a livello più generale di Comunione.
Una prima considerazione che si può trarre è che lo “scrigno prezioso” offerto dal Grande Oriente d’Italia-Palazzo Giustiniani che ha la sua ragione fondante e peculiare nella “Tradizione Italica”, particolarmente coltivata e vivificata dal Rito Simbolico Italiano e dai suoi MM.·.AA.·. – sia “unico” per quantità e qualità nell’ambito della Massoneria Universale e le sue localizzazioni non fanno altro che accrescerne l’intrinseco valore aggiunto di questo inscindibile complesso, da nord a sud della penisola. Inoltre, se la Tradizione intesa come concentrato o essenza vera di Conoscenza e di Saggezza, ha seguito la rotta da Est verso Ovest, anche a diverse latitudini da Nord verso Sud, è fondatamente presumibile che nei millenni la maggior concentrazione o sedimentazione sia avvenuta in Italia (Magna Grecia e Impero Romano), estendendosi in Europa e oltre l’Atlantico.
In questi giorni, effettuando delle ricerche per un lavoro su Paolo Ungari come massone ed intellettuale cultore dei Diritti Umani, che ho avuto il privilegio di conoscere e frequentare in diverse occasioni tramite Massimo Maggiore, ho letto che l’intellettuale semina idee che fruttificheranno nel tempo, nella società del futuro. Ed anche che all’intellettuale di oggi si chiede di ridivenire traino per una riflessione critica e per una trasformazione della società all’insegna della cultura e dei valori positivi. Infine, che contro l’intellettuale organico: ognuno deve essere intellettuale di se stesso. Questo perché oggi L’influenza pilotata dai poteri forti contribuisce a distrarre l’opinione pubblica dalla realtà per convogliarla su un effimero emotivamente clamoroso, accrescendo la naturale vocazione nel non saper distinguere l’assoluto dal relativo, l’essenziale dal secondario, mescolando l’immaginario con il reale.
Quindi mi sono soffermato su Nicola Chiaromonte – coevo di Amendola, Pannunzio, Basso, Rosselli, Ugo La Malfa –, che auspicava “il ritorno a una cultura consapevole del suo compito formativo, dove l’individuo si ritrovasse a tu per tu con se stesso, con la società e con il mondo, per trovare ciò che è essenziale e ciò che non lo è, ciò che importa e ciò che non vale”
Per questo Thomas Eliot suggerisce la metafora dello “stare da entrambe le parti di uno specchio”, che è una metafora efficace per evocare l’alterità: vedere se stesso come un altro, come un doppio asimmetrico, e costruire così la propria identità attraverso il confronto, comprese tutte le elusività che questo comporta.
In conclusione, del Chiaromonte si può trarre qui una sintesi del suo pensiero sul fatto che non serve l’associazione “della massa” ma l’unione degli “individui viventi” con un nuovo senso di solidarietà umana “poiché essi riconoscono che la lotta non è rivolta alla reciproca sopraffazione ma alla liberazione comune”.
Accosterei, quindi, a tutto quanto sopra le frasi finali dell’intervento sui Diritti dell’Uomo del Fr.·. Paolo Ungari il 9 Aprile 1987 a Palermo nella mia R.L. “Pasquale Ragusa” di cui ero allora M.·.V.·.: … Così le torture esistono, ma le convenzioni internazionali bisogna tener ferme. Così i campi di concentramento esistono, ma al divieto, alle virtù pubbliche bisogna tener fermo. Noi non rinunceremo mai, non voglio dire a questo insieme di titoli per la verità, perché i titoli poco valgono, ma l’insieme articolato frutto della storia civile di questo secolo di questi doveri che sono gli antichi doveri di coloro che in massoneria ci hanno preceduto: i doveri della massoneria attuale di oggi.
Paolo Ungari possono inquadrare anche i lavori di questo Convegno o Conventum di R.·.S.·.I.·. sulla Tradizione Italica traposta ai nostri giorni. L’apporto di Ariberto con l’introduzione di Enzo riguarda la Sicilia ed il Risorgimento, non ancora compiuto, dal meridione a tutto il resto d’Italia e dell’Europa, evidenziando la validità di metodo (come) e di fini (per) d’interesse universale.
Enzo sintetizza così l’identità massonica: un metodo di vita interiore che, attraverso la incessante ricerca del vero a mezzo di strumenti propri, in primis i simboli, permette a ciascuno di migliorare se stesso (gnosce te ipsum) per “il bene dell’umanità”. Assunto quest’ultimo che conferisce concretezza alla definizione di universalità dell’Istituzione Massonica.
Ariberto ci dice che è lecito pensare che la classe siciliana intellettuale di allora [Magna Grecia] abbia respirato a pieni polmoni i venti che spiravano da Crotone. [scuola pitagorea], saltando subito al secolo scorso per osservare come la tradizione che noi chiamiamo “italica”, ma meglio ancora la si può definire “Simbolica”, si sia manifestata in Sicilia.
Tralasciando ogni richiamo alla Loggia Ausonia (1859) e alla nascita del Grande Oriente d’Italia effettivamente indipendente da ogni Obbedienza straniera, in pieno Risorgimento, alle peculiarità tanto semplici quanto profonde del nostro Rito, sia nei Principi come nei presupposti iniziatici, sia nei Rituali e nei Regolamenti come nei 5 Punti della Fratellanza dei Liberi Muratori, si giunge ad alcuni decenni fa, ricordando alcune figure esemplari di FF.·.MM.·.AA.·., fra cui spicca la dinastia Maggiore, incarnazioni migliori dei positivi effetti del R.·.S.·.I.·. sull’Uomo e, attraverso di esso, sulla Società fino ai nostri giorni, con altri effetti attrattivi per tante Logge e FF.·.MM.·. del G.O.I.
Non posso dimenticare, insieme ad altri FF.·., quando ci accompagnavamo a Massimo Maggiore per approfittare di poter ancora parlare, in viaggio o in città, i saluti deferenti rivoltigli dalle persone incontrate, semplici o importanti.
Il R.S.I. è un prezioso scrigno di cui ognuno può avvalersi utilmente solo e se compie al meglio i propri doveri, gli antichi doveri di coloro che in massoneria ci hanno preceduto: i doveri della massoneria attuale di oggi.
M.·.A.·. Beppe Briguglio