Convegno: La Grande Guerra tra Squadra e Compasso

ConvegnoRSI-Capitolium-2015-05-23

Sabato 23 Maggio 2015 ore 09:30

Casa Massonica “E. Nathan”
Piazzale delle Medaglie d’Oro, 45
Roma

Dal volantino, scaricabile da qui


 

Introduzione

La guerra è sempre stato strumento di risoluzione dei conflitti umani; ma la pace ha sempre regalato la prosperità. L’Occidente viene da due carneficine mondiali, per-seguite nel 900, che ci hanno consegnato decenni di pace in Europa nonché l’idea che la politica e la diplomazia sono armi migliori del cannone. Oggi il mondo è mutato, la minaccia atomica è finita; ma non è finita la guerra. Nel mondo se ne combattono circa 50, le più vicine a noi sono attualmente in Ucraina ed in Libia. L’ISIS ci minaccia; ha già ucciso alcuni italiani in Tunisia, come pure in Francia, Danimarca e forse si prepara a farlo anche in Italia. Cosa dovremmo fare noi Italiani? Continuare a trattare o mandare un corpo di spedizione e cercare di spazzare via il nemico, magari con il nulla-osta dell’ONU, bene inseriti in una colazione internazionale.

Ma il massone è per la pace o per la guerra?

Questa è la vera domanda che ci occupa e che deve essere risolta nel laboratorio d’idee che è la Massoneria. Il massone costruisce “cattedrali” per il bene ed il progresso dell’Umanità; serve (a volte) la guerra per poter fare questo? La retorica della guerra, le bandiere, le divise, il sacrificio, l’amor di patria, affascinano da sempre l’uomo; sembrano la risposta certa. Differentemente la pace è laboriosa, lunga, poco funzionale agli interessi economici di vasti settori industriali.

Cento anni fa i nostri fratelli italiani dibattevano il tema della guerra e sceglievano di schierarsi far gli interventi-sti, contro i cattolici ed i socialisti. Il Gran Maestro aggiunto Gustavo Canti il 28 ottobre 1914 diceva: “I clerica-li, eterni nemici della nostra indipendenza, della nostra unità, di ogni libertà e i socialisti ufficiali o venduti alla barbarie germanica o incapaci di formulare un programma che si elevi al di sopra degli egoismi di classe, ostacolando gli sforzi di coloro che in Italia vorrebbero scendere in campo contro i novelli Unni e predicano la neutralità ad oltranza”.

Forte era l’anelito al compimento dell’Unità d’Italia e alla costituzione di una nazione degna di stare accanto alle altre potenze europee. Il contributo della massoneria Italiana fu altissimo: 2.000 caduti sul fronte. A casa le Logge istituivano strutture assistenziali sanitarie e per l’infanzia, nonché formazione lavorativa alle donne per supplire l’assenza dei mariti in guerra. L’attività fu vivis-sima e nacquero anche nuove Logge. Al fronte morirono personaggi di rilievo come Malachia de Cristoforis e Gia-como Caretti, entrambi Simbolici.

Sembra che nel conflitto si fronteggiarono 12.000 massoni Tedeschi, Austriaci, Turchi, Bulgari, Ungheresi e 36.000 fra Italiani, francesi, Inglesi e Belgi con aggiunta di 3.100 Americani.

Oggi, noi massoni, cosa pensiamo della guerra?

Il simbolismo dell’Aquila romana.

L’Aquila che sormontava l’asta della Bandiera Tricolore della Repubblica Romana del 1849, è il Simbolo della Serenissima Gran Loggia del Rito, adottato nel 1876.

Questo Simbolo, sintetizza così le radici italiche e rappresenta, in un certo qual modo, la concezione di “multi etnicità”, che connota la Libera Muratoria. Tale principio di universalità, tolleranza e libertà nei confronti di religioni e popoli, pur divisi, fu concetto sovranamente presente, in particolare fra i Romani, a significare, l’in-dissolubile unione fra le antiche popolazioni dell’Italia.

Il Simbolo infatti riunisce in sé, fusi in un unico emblema:

l’Aquila romana, simbolo olimpico della Forza sopraceleste, di comunicazione col cielo e di ascesa, anticamente adottato dalle legioni romane, come significante la loro forza

la Corona greca, la ghirlanda di alloro, dono dall’Alto che premia i vincitori, cingendo il capo dei primi classificati dei giochi, delle gare e quindi dei vittoriosi nelle battaglie; d’alloro, appunto perché “laureava” e premiava la Bellezza dei capolavori, ovvero delle opere perfette in campo fisico e intellettuale e cingeva la testa degli iniziati degli antichi misteri

il Fascio littorio degli etruschi che accompagnava i Magistrati a simboleggiare la giustizia e l’autorità dello Stato e, perciò, la Sapienza che sa discernere tra ciò che è bene e male e distribuire a ciascuno ciò che gli è dovuto

il Pentalfa, Simbolo della Scuola Pitagorica.

Questo Simbolo, dunque, che racchiude la Forza roma-na, la Bellezza greca e la Sapienza etrusca, sormontate dall’Armonia pitagorica universale, per il Maestro Architetto rappresenta la Saggezza che deriva dalla re-surrezione; essa dà la morte con il rostro e con gli arti-gli, ma al contempo si leva in alto verso uno stato di elevazione superiore della Coscienza.