Essere “sentinella dell’Ordine” nel XXI secolo

I MM.·.AA.·. custodi di ideali, maestri di valori,

come possono incidere

nella vita profana e nell’Ordine con l’esempio e l’azione.

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Essere “sentinella dell’Ordine” è una espressione che mi ha sempre affascinato. Anzitutto perché ho difficoltà a capirla, e questo già mi disturba; poi perché, al di là della comprensione, mi richiama alla mente un ruolo di controllore che, al momento, sembra più un ruolo autoreferenziale che sostanziale.

Cerco di procedere secondo logica.

Il rituale del RSI precisa, nella parte riguardante i “presupposti iniziatici del rituale” che con “Sentinella dell’Ordine” il Rito intende sottolineare l’impegno di mantenere e difendere le caratteristiche iniziatiche proprie della L.·.M.·.

Non è certamente impegno trascurabile. Ciò che mi lascia perplesso è immaginare come realizzarlo.

Credo sia scontato che ogni Massone, intanto che si definisce o si ritiene tale, implicitamente non solo difende le caratteristiche iniziatiche ma ne diventa testimone, sostenitore e propagatore. Almeno dovrebbe.

Mi chiedo allora a cosa serva definirsi “Sentinella dell’Ordine” se non a disegnare una figura retorica.

Ma se un Rito basa il suo motivo d’essere anche sull’essere “Sentinella dell’Ordine”, probabilmente è perché di una Sentinella si ritiene ci sia bisogno.

Se così fosse, ecco che ricomparirebbe il ruolo di controllore e per di più armato, dato che sentinella altro non è che un soldato armato addetto a un turno di vigilanza, di custodia o di protezione. Si tratta di una attività che richiede attenzione, freddezza, intransigenza, onore, fedeltà.

Giro la domanda: perché mai l’Ordine dovrebbe avere bisogno di una sentinella di se stesso? Forse perché nella L.·.M.·. esiste o è esistita una questione morale?

Nella storia recente della istituzione il riferimento ad una questione morale riporta inevitabilmente alla sigla P2; un affare tra i più drammatici avendo prodotto danni d’immagine che ancora non sono cancellati. Ma anche altri episodi di cronaca hanno portato alla ribalta figure di discutibile moralità che avevano il non invidiabile attributo di essere nel piè di lista di una loggia del Grande Oriente d’Italia.

Questo giustificherebbe già da solo una discussione sulla questione morale perché delle due l’una: o i bussanti non sono presentati con la dovuta attenzione, prudenza e lungimiranza o le tavole informative sono vergate con superficialità, approssimazione, impreparazione. Nell’un caso e nell’altro le conseguenze sono comunque deleterie.

Può intervenire il Rito Simbolico nel richiamare ad emanare norme sempre più specifiche e restrittive nell’indicare le caratteristiche dei futuri Massoni? E chi tali norme dovrebbe recepire, è sempre intenzionato a farlo? Ha la auspicabile sensibilità?

Tutto questo rimette in discussione la vita di relazione di ogni Massone.

Se ne è parlato spesso: così come non si diventa Massoni indossando un grembiule, altrettanto non si ritorna profani togliendo quel grembiule. Massoni si è sempre, così come profani si è sempre. Non ci può essere interscambiabilità di ruoli. Essere Massoni non significa indossare certi paramenti, fare certi gesti, pronunciare certe parole. Così come essere profani non significa non fare gli atti appena citati.

Forse è questo il perno di tutto il malcostume massonico del passato e del presente. Il non aver capito questa profonda verità è lo spartiacque tra chi è vero Massone e chi è sedicente Massone. Ma il sedicente Massone non sa di esserlo così come il vero Massone non sa di esserlo.

È questo che deve sorvegliare la Sentinella dell’Ordine?

Sono più propenso a pensare che una vigilanza sia un problema di tutta la L.·.M.·.; che sia “il problema”, quello per cui a volte vengono gli scoramenti e si medita di andare in sonno. Ed andare in sonno corrisponde al fallimento ed alla dissacrazione di tutto ciò nel quale si è creduto dedicandovi risorse di pensiero, di tempo ed economiche. Un disastro, insomma.

A ben pensarci, il tema è attuale ed è esplicitato dal rilevo di una sorta di patologia che si potrebbe definire sindrome del dottor Jekyll e di mister Hyde; dove Jekyll è l’uomo nel Tempio ed Hyde è lo stesso uomo ma fuori dal Tempio.

Esempio ed Azione, recita il tema che il Presidente ha proposto per quest’anno.

Il fare ed il far vedere; ma non nel senso dell’ apparire bensì nel senso di sorprendere per efficacia, volontà, generosità. Un dare senza ritorno perché un ritorno è innaturale.

L’attendere un ritorno è una forzatura che determina la creazione di vincoli di riconoscenza obbligata; una sudditanza psicologica che contribuisce a togliere pezzetti di libertà ad ogni singolo individuo.

Oltre al Trinomio che campeggia sulla parete d’Oriente del Templi, ne richiamo un secondo per importanza che definirei il Trinomio delle C: Credenza – Coerenza – Coraggio.

Altre tre virtù che potrebbero aggiungersi al patrimonio genetico del Massone.

Credenza: ha il significato di credere, di avere fede, semplicemente. Non è facile avere fede per questo è appropriato specificarla con l’aggettivo “vera”: avere vera fede e crederci. Ma la vera fede non è quella che ognuno di noi potrebbe essere convinto di possedere, convinzione sulla quale si parametra il valore della fede degli altri tendendo ovviamente a sminuirla. La vera fede è quella che non tiene in alcun conto le diversità lessicali, rituali, testuali; è quella che le comprende tutte, tutte le ammette e le giustifica.

Questa, solo questa è la forza morale del G.·.A.·.D.·.U.·. che per Sua connotazione è l’Uno per tutti, per tutti gli uomini in ogni dove. La Credenza impone il rispetto attento degli altri, di quelli che potremmo ritenere differenti; reclama l’astensione virtuosa da pensieri e frasi irriguardose. E’ un esercizio di forte valenza morale. Riuscirci ci avvicinerebbe ancora di più a ciò che andiamo inseguendo.

Coerenza: è la corrispondenza tra ciò che si è, ciò che si pensa, ciò che si fa. È il ripudio della ricordata Sindrome di Jekyll ed Hyde. È l’indossare 24 ore su 24 grembiule e guanti bianchi. Le implicazioni sono immaginabili.

Coraggio: non è né semplice né facile essere virtuosi; ci vuole un condimento di vita, ci vuole coraggio, il coraggio di essere massoni di oggi nell’oggi, il coraggio di affrontare, dominare, subire, rinunciare alla vita per affermare la verità e la giustizia.

Quante parole, direte. Quanta retorica.

No, carissimi Maestri Architetti, non di retorica si tratta; tutt’al più di un sogno.

Perché un sogno? Per le stesse ragioni dell’essere “sentinella dell’Ordine” ovvero per la visione di mescolare il dovere con l’operare e sorvegliare che tutto proceda per il bene dell’umanità ed alla gloria del G..A.·.D.·.U.·.

Se questa mia analisi è corretta, vorrà dire che ho compreso cosa voglia dire essere MM.·.AA.·. custodi di ideali, maestri di valori, capaci di incidere nella vita profana e nell’Ordine con l’esempio e l’azione.

Se la mia analisi non è corretta, spero fortemente che qualcuno, che mi ha pazientemente ascoltato, possa spiegarmi realtà che sinora non sono stato in grado di cogliere.

 

O.·. di Ravenna, 09.06.2016 E.·.V.·.

M.·.A.·. D. P.