Note di approfondimento
Che rilevanza ha avuto, per la storia del Rinascimento e dell’Umanesimo, la figura di Pletone?
Benché oggi pressoché dimenticato, Giorgio Gemisto, detto Pletone (uno pseudonimo, come in precedenza quello di Plotino, che già indicava un inveterato attaccamento a Platone), è noto come filosofo platonico di grande rinomanza nell’Italia del XV secolo. Il sarcofago all’esterno del Tempio Malatestiano di Rimini che ne ospita i resti reca un’iscrizione datata 1465 che lo definisce princeps philosophorum sua tempestate, “principe dei filosofi del suo tempo”, cioè il principale filosofo di quel tempo che chiamiamo e chiamarono Rinascimento. Lo si ricorda – quando e se lo si ricorda – per la sua pungente controversia sui rispettivi meriti di Platone ed Aristotele, fatta attraverso una serie di conferenze che tenne a Firenze per un uditorio di umanisti in occasione del Concilio dell’Unione del 1439. Questa controversia da lui sintetizzata in un trattato noto oggi col titolo De differentiis, in cui il filosofo bizantino mostra tutta la sua severità sull’errata interpretazione aristotelica della Scolastica occidentale e sulla scarsa conoscenza di Platone da parte del mondo latino di quel tempo, determinò il successivo dibattito del XV secolo tra aristotelici e platonici. Fu lo stesso Gemisto a trasmettere a Cosimo de’ Medici il codice manoscritto dei Dialoghi di Platone, lo stesso codice che Marsilio Ficino tradurrà in latino pubblicando nel 1484 l’opera completa di Platone. Senza questo dono non avremmo avuto gli scritti di Platone o li avremmo avuti, forse, molto più tardi e, se è vero come è stato affermato che “tutta la storia della filosofia occidentale non è che una serie di note a piè di pagina su Platone“, la storia del pensiero occidentale sarebbe stata diversa da quella che conosciamo. Infine, l’importanza di Giorgio Gemisto Pletone risiede nell’aver ispirato a Cosimo de’ Medici, come testimonia lo stesso Marsilio Ficino, la fondazione dell’Accademia platonica di Firenze, centro di studi che dal 1460 si sarebbe trasformato in uno dei principali fulcri di attività intellettuale dell’Europa occidentale di quel tempo. In realtà si devono a Pletone anche le altre Accademie che durante il Rinascimento sorsero nel nostro paese, ricalcate su quella “fratria” (fratellanza) che Pletone aveva fondato a Mistrà, allora capitale della Morea bizantina (l’attuale Peloponneso), sul modello dell’antica Accademia platonica.
Come si sviluppano le concezioni politiche del filosofo ellenista?
Innanzitutto, la sua è una politica basata su princìpi filosofici. Pletone, come lo stesso Platone, non si considera un innovatore né uno scopritore di dottrine. Pur appellandosi all’antico, ha ben presente le condizioni in cui le sue proposte di radicale rinnovamento devono essere attuate. Vivendo a Mistrà, sul monte Taigeto, che dominava la pianura in cui era sorta l’antica Sparta, anche per lui, come per Platone, la città della Laconia rappresentava il modello di Stato ideale. L’antico modello spartano conduce il filosofo bizantino a una severa condanna del lusso e a raccomandare una politica di autarchia economica accompagnata da un rigoroso controllo delle importazioni ed esportazioni. Contempla anche una riforma della proprietà che è stata oggetto di numerosi commenti. Per giustificare le riforme che propone attinge da esempi tratti dalla storia antica evocando le figure di riformatori e conquistatori esemplari (Eracle, Licurgo, Alessandro il Grande, Ciro). È presente l’insistente idea che la prosperità degli Stati dipende essenzialmente dal valore delle dottrine filosofiche su cui si fondano le loro istituzioni.
A quali temi filosofici si è maggiormente interessato Pletone?
Di fatto l’interesse e la maggiore aspirazione di Pletone sono una sintesi di tutti i caposaldi di Platone, ovviamente adattati al tempo in cui visse che non è l’Atene del V-IV secolo a.C. Non a caso chi conobbe il filosofo bizantino lo riteneva la reincarnazione di Pletone: quasi Platonem alterum, quasi un altro Platone, lo definì Ficino.
Il messaggio di Pletone è dunque duplice: rimembranza (anámnesis) e realizzazione di ciò che realmente si è, e, conseguentemente, costruzione del mondo sensibile in cui si vive sul Modello ideale principiale. Si assegna all’uomo e soprattutto o coloro che reggono le comunità un preciso compito: costruire in sé e nella società l’Ordine, l’Armonia, la Misura, il Bello. Questi termini hanno una precisa connotazione nell’Insegnamento platonico e occorre tenerlo presente. Il pensiero di Pletone parte sempre da Platone o, detto con altre parole, è un ragionamento che tiene presenti le sue fondamentali visioni e considera il suo insegnamento. Il platonismo porta un messaggio politico basato sul presupposto che la salvezza sta nella capacità di cogliere l’Essere e di modellare lo Stato, e quindi la società, sul paradigma dell’Idea. Affermando l’unità profonda tra ciò che è umano e ciò che è divino, Pletone ha ricollegato l’uomo alla storia, esigendo che il filosofo realizzato non si astragga dalla società in cui vive ma che ne diventi, per quanto gli è possibile, il suo legislatore e ordinatore. Pletone è importante perché è stato il primo pensatore dell’epoca moderna a definire le proprietà filosofiche dell’insegnamento di Platone che è un insegnamento tradizionale eminentemente operativo e realizzativo.
Come Platone nella Repubblica o nelle Leggi, Pletone era interessato a dare inizio a una ristrutturazione integrale della politica facendo tabula rasa dell’esistente e proponendo perciò il ritorno a un nazionalismo ellenico, la confisca da parte del re delle terre e la loro ridistribuzione alla classe rurale produttrice, una scansione in tre classi della società, retta da una monarchia illuminata e assistita da un consiglio di sapienti virtuosi (composto di uomini né troppo ricchi né troppo poveri perché gli uni e gli altri considererebbero solamente i propri interessi), l’introduzione di un forma di religione civile che preveda l’unicità e l’onnipotenza di Dio (con l’abolizione di ogni forma di vita parassitaria della classe religiosa e di ogni tipo di superstiziosa empietà che dia l’idea che la volontà divina può essere mutata attraverso ricompense), di una tassazione unica di un terzo del reddito prodotto, di leggi eque e non vessatorie, la costituzione di un esercito nazionale e permanente e non costituito da mercenari e altre radicali riforme.
Quale attualità conservano, per gli avvenimenti del nostro tempo, le concezioni politiche di Pletone?
Leggendo i suoi scritti politici e rinnovando la precisazione che Pletone è un platonico, balza agli occhi la sua idea che l’economia deve essere diretta e governata dalla politica, da una politica, insistiamo, “filosofica”. In epoca contemporanea, negli anni ’30 del secolo scorso, ciò è avvenuto soltanto nel New Deal di Roosevelt. La crisi in cui il mondo si dibatte dal 2008, che ha sicuramente peggiorato la qualità di vita di tutti cittadini dell’Occidente, nasce proprio dal fatto che la politica, invece di governare l’economia, l’ha abbandonata totalmente al mercato.
La proposta di Pletone è espressione della philosophia perennis, della Tradizione. Le sue spoglie riposano nel Tempio malatestiano di Rimini, simbolo della possibile Rinascenza di un’origine sempre presente. Questo Nuovo Inizio, questa rigenerazione per la quale Gemisto si spese per tutta la sua vita, è un compito che anche l’età contemporanea dovrebbe tornare a porsi. Le pagine di Siamo Elleni sono, in questo senso, un viatico indispensabile per lasciarsi alle spalle la tirannia del moderno.
Come si è detto, la struttura e l’ideologia del modello di radicali riforme politiche sono chiaramente improntate alla Kallipolis di Platone, ma ovviamente il modello proposto nei suoi scritti di politica non è in alcun modo un’esatta replica e nemmeno un’approssimazione di quello di Platone. Prima della caduta di ciò che restava dell’Impero d’Oriente per mano dei Turchi, Gemisto si era accorto benissimo dell’urgenza della situazione e si rendeva anche conto che l’opportunità che offriva con la sua radicale riforma dello stato rappresentava probabilmente l’ultima possibilità per Bisanzio. Anche oggi si sente la necessità di un’interpretazione politica della situazione mondiale che abbia uno sviluppo radicale, non utopistico ma attento ai fatti reali e ai fenomeni economici che vanno attentamente vigilati con una migliore ripartizione delle risorse e con un’assidua cura alla Terra che è patrimonio comune dell’umanità e sua patria.
La politeia pletonica, come quella platonica e come quella che oggi si potrebbe pensare e cercare di realizzare, non è espressione di una fazione politica o religiosa o di ordine contingente, ma è la continua riproposizione della Legislazione del grande Legislatore dell’universo. Basterebbe che quei singoli, già predisposti per favorire eventi futuri, siano pronti, giacché “un archetipo di questo Stato esiste in cielo per ogni uomo che intenda contemplarlo e, contemplatolo, voglia fissarvi la sua dimora. Non ha quindi al- cuna importanza che questo stato esista in qualche luogo o abbia un giorno a esistere, giacché esso è l’unico Stato di cui quest’uomo potrebbe occuparsi” (Platone, Repubblica, IX 592 B).
Moreno Neri, studioso della Tradizione unica e universale, specialmente di quella esoterica occidentale e classica che dall’Antichità giunge sino al Rinascimento, ha curato, commentato e tradotto opere su Pletone, sul Tempio Malatestiano e i Malatesta. Per Bompiani ha curato: Macrobio / Commento al sogno di Scipione (2007) e Giorgio Gemisto Pletone / Trattato delle virtù (2010). Per Angelo Pontecorboli ha scritto In cerca di Ipazia (2016). Per Mimesis ha tradotto e curato la monumentale opera in 4 volumi di André-Jean Festugière, La rivelazione di Ermete Trismegisto (2019, 2020, 2021 e 2023). Il suo prossimo libro sarà dedicato alla Tetraktys pitagorica.