La caverna è presente nei miti di origine, di rinascita e di iniziazione di numerosi popoli. Come anticamera misteriosa di un mondo sotterraneo, spesso piene di bizzarre costruzioni stalattitiche la caverna è oggetto, simbolicamente ricco, di molti culti, miti e leggende. Basti solo ricordare che le caverne sono i più antichi santuari dell’umanità, ornati di pitture rupestri e graffiti. Già nel periodo glaciale molte di esse venivano considerate sfere “dell’altro mondo”. Non erano abitazioni, bensì luoghi di culto.
Nella psicologia junghiana è l’archetipo dell’utero materno.
Col termine generico di “caverna” si indicano anche le grotte e gli antri, benché gli ultimi due non siano perfettamente sinonimi. Con tale parola s’intende un luogo sotterraneo o rupestre, chiuso da una volta, più o meno infossato nella terra o nella montagna, più o meno oscuro; l’antro è, invece, una caverna più oscura e profonda, all’interno di un anfratto, senza apertura diretta alla luce. Tralasciamo la tana, riparo delle bestie selvatiche o di briganti, il cui significato è una degradazione, o lato oscuro, di tale simbolo.
Nelle tradizioni iniziatiche greche, l’antro rappresenta il mondo. “La caverna attraverso la quale Cerere era discesa agli Inferi per cercare la figlia, era chiamata il mondo” (Servio, Commento alle Bucoliche, 111, 105).
Per Platone, questo mondo è un luogo di ignoranza, di sofferenza e di punizione, in cui le anime degli uomini sono imprigionate come in una caverna dagli dei. “Immagina di vedere degli uomini” dice Platone in Repubblica (libro VII, 514 A – B) descrivendo il famoso mito, “rinchiusi in un’abitazione sotterranea a forma di caverna, che abbia l’ingresso aperto verso, estendentesi in tutta la sua ampiezza per tutta quanta la caverna; inoltre che si trovino qui fin da fanciulli con le gambe e con il collo in catene in maniera da dover star fermi e guardare solamente davanti a sé e che dietro di loro e più lontano arda una luce di fuoco…”. Tale è la situazione degli uomini nel mondo, secondo Platone: la caverna è l’immagine di questo mondo, gli uomini intravedono solo ombre delle idee, cioè mere riproduzioni di una realtà superiore. La luce indiretta che rischiara le pareti della caverna viene da un Sole invisibile, ma indica la strada che l’anima deve seguire per raggiungere il bene e il vero: “l’ascesa e la contemplazione del mondo superiore equivalgono all’elevarsi dell’anima verso il mondo intellegibile”. Il simbolismo platonico ha quindi un significato non soltanto cosmico ma anche etico e morale: la caverna e il proiettarsi delle ombre rappresentano il mondo sensibile dell’appaenza, da cui l’anima deve uscire per contemplare il vero mondo delle realtà, il mondo delle Idee. Ovviamente l’intero mito della caverna di Platone, qui soltanto accennato per motivi di sinteticità, andrebbe letto con attenzione e meditato con profitto. Evidenziamo soltanto che chi è giunto alla “contemplazione del Sole”, ovvero il filosofo, per un senso di comunanza con la restante umanità deve tornare nella caverna per aiutare gli altri a liberarsi. Numerose cerimonie di iniziazione cominciano con il passaggio in una caverna o in una fossa: è la materializzazione del regressus ad uterum di cui parla Mircea Eliade. Questa prova era presente soprattutto nel rituale eleusino (cfr. Victor Magnien, I misteri di Eleusi, Edizioni di Ar, 1996) in cui vi era piena corrispondenza tra la logica simbolica e gli atti concreti dell’iniziazione: gli iniziati erano effettivamente incatenati nella grotta e dovevano fuggirne per raggiungere la luce. Già nelle cerimonie religiose istituite da Zoroastro, il mondo era rappresentato da un antro: “Zoroastro per primo consacrò in onore di Mitra un antro naturale, bagnato da sorgenti e coperto di fiori e di foglie. L’antro rappresentava la forma del mondo creato da Mitra… Ispirandosi a queste credenze, i Pitagorici, e dopo di loro Platone, definirono il mondo come antro o caverna.
Infatti in Empedocle le forze che conducono le anime dicono: “Siamo venute sotto questo antro coperto da un tetto” (Porfirio, L’antro delle Ninfe, 6-9). Plotino commenta così l’espressione: “La caverna in Platone, come l’antro di Empedocle, significa, a mio avviso, il nostro mondo, in cui il cammino verso l’intelligenza è la liberazione dell’anima dai suoi legami e l’ascesa fuori dalla caverna” (Plotino, Enneadi, IV, 8, 1). I riti di adorazione e iniziazione avvenivano in una caverna in cui c’erano fiori e sorgenti in onore di Mitra, Padre e Creatore di Tutto; la caverna riproduceva in miniatura l’universo da lui creato. Secondo una concezione più mistica, Dionisio è tanto il guardiano dell’antro quanto colui che libera il prigioniero spezzando le sue catene: “Anche l’iniziato è un Dioniso, ovvero è lui stesso che si tiene dapprima in prigione ed è lui stesso che alla fine si libera; come hanno detto Platone e Pitagora, l’anima è tenuta prigioniera dalle proprie passioni e liberata dal Nous, cioe dall’intelletto”.
Come possiamo vedere, tutta la tradizione greca collega strettamente il simbolismo metafisico e il simbolismo morale: la costruzione di un io armonico si realizza a immagine di un cosmo arrnonico. Per tutti i neoplatonici la caverna è simbolo dell’Universo.
Accanto a questa interpretazione vi e l’altro valore simbolico della caverna, che è anche il suo lato più tragico: l’antro, cavità oscura, regione sotterranea dai limiti invisibili, abisso spaventoso da cui emergono i mostri, è un simbolo dell’inconscio e dei suoi pericoli, spesso imprevisti. L’antro di Trofonio, anticamente molto celebre, può infatti essere considerato uno dei simboli più perfetti dell’inconscio: Trofonio, re di una piccola provincia e illustre architetto, costruì con il fratello Agamede il tempio di Apollo a Delfi. Successivamente furono incaricati dal re Hyrieus di costruire un edificio dove custodire le sue ricchezze ed essi vi aprirono un passaggio segreto per rubarne i tesori; Hyrieus, accortosene, tese loro un’imboscata e Agamede cadde in trappola. Non potendolo liberare – e non volendo rischiare di essere riconosciuto per la somiglianza con il fratello – Trofonio gli tagliò la testa per portarla via con sé, ma fu subito inghiottito dalle viscere della terra. Anni dopo la Pizia, consultata per mettere fine a una terribile siccità, raccomandò di rivolgersi a Trofonio e ne localizzò la dimora in un antro in fondo a un bosco. La risposta del re-architetto fu favorevole e, da allora, l’oracolo fu molto frequentato, anche se lo si poteva consultare solo dopo aver superato prove terribili: un seguito di vestiboli sotterranei e di grotte conduceva all’entrata di una spaventosa caverna, che si apriva come un oscura cavità, fredda e senza fine; il consultante vi discendeva tramite una scala che portava a un altro cunicolo con un’apertura molto stretta in cui egli si introduceva a fatica, i piedi in avanti, scivolando così precipitosamente fino in fondo all’antro. Al ritorno, veniva fatto risalire assai velocemente, la testa in giù e i piedi in alto, grazie a una macchina invisibile. Per tutto il tempo, egli teneva in mano dei dolci di miele, che gli impedivano di toccare la macchina e gli permettevano di placare i serpenti che infestavano quei luoghi. Il soggiorno nell’antro poteva durare un giorno e una notte: gli increduli non rivedevano più la luce del giorno, mentre i creden ti a volte udivano l’oracolo e, ritornati alla superficie, venivano fatti sedere su un sedile chiamato Mnemosine (la dea della memoria) e raccontavano le terribili esperienze provate, da cui sarebbero rimasti colpiti per tutta la vita. Si diceva comunemente delle persone gravi e tristi: “ha consultato l’oracolo di Trofonio”.
Il complesso di Trofonio, che uccise il fratello per non essere riconosciuto colpevole, è il complesso delle persone che rinnegano il proprio passato per soffocare dentro di sé il senso di colpa; ma il passato inscritto nel fondo del loro essere non può essere cancellato e continua a tormentarli, sotto diverse forme (serpenti ecc.) finché non sono disposti ad accettarlo come parte integrante di se stessi. La caverna rappresenta l’esplorazione dell’io interiore, in particolare dell’io primitivo, rimosso nelle profondità dell’inconscio. Per quanto siano differenti, possiamo collegare il fratricidio di Trofonio a quello di Caino: la traccia immemorabile dell’assassinio ossesslona l’inconscio e viene raffigurata dall’immagine della caverna. Il mondo religioso cretese-mìceneo conosceva molte caverne sacre, e va sottileato che quella che ospitava l’oracolo dell’eroe Trofonio, dava l’accesso ai postulanti solo dopo l’assolvimento di riti di iniziazione. In ogni caso, nella tradizione meditterranea, le caverne spesso erano considerate luoghi in cui erano nati dei ed eroi, dimore di Sibille preveggenti e di eremiti.
La caverna è considerata anche come un gigantesco ricettacolo di energia, energia tellurica, e ctonia, grazie alla quale ha avuto, e ha tuttora, un ruolo nelle pratiche magiche. Tempio sotterraneo, la caverna conserva “i ricordi del periodo glaciale seconda vera nascita dell’umanità.
È propizia alle iniziazioni, alla sepoltura simulata, alle cerimonie che accompagnano l’imposizione dell’essenza magica. Rappresenta la vita latente, che separa la nascita ostetrica dai riti della pubertà.
Fa comunicare l’uomo primitivo con le potenze ctonie (divinità che risiedono all’interno della terra) della morte e della germinazione” (cfr. AA.VV, L’art magique, Paris, 1957). Alcuni storici della magia aggiungono: “la disposizione quasi circolare della grotta, il suo penetrare sottoterra, l’intrico dei corridoi che ricorda quello delle viscere umane, ne ha sempre fatto un luogo di elezione per le pratiche della stregoneria (possiamo citare numerosi esempi)”. La caverna svolge, a questo proposito, una funzione analoga a quella della torre e del tempio, in quanto condensatore di forza magica o sovrannaturale, ma nel suo caso si tratta di effluvi tellurici, di forze che emanano dalle stelle intere, e dirette verso queste altre stelle di quaggiù, che bruciano il cuore dell’uomo.
Comunemente le caverne sono considerate il palcoscenico del mondo simbolico e cultuale ctonio (cioè quello dedicato alla Terra e al mondo sotterraneo).
come luogo di contatto con le forze e i poteri delle profondità. Così anche lo spazio cultuale del dio Mitra, in tarda epoca romana, veniva raffigurato come una caverna rupestre. Va inoltre osservato che secondo la tradizione ecclesiastica orientale, l’evangelista Giovanni ebbe la sua possente visione della fine, l’Apocalisse in una caverna dell’isola di Patmo.
Simbolo dell’origine della fertilità, nella visione del mondo egiziana l’acqua corroborante del Nilo scaturiva da una caverna rupestre. Un testo chiamato La caverna del tesoro o Il libro cristiano di Adamo dell’Occidente, estraneo alla Chiesa e di epoca paleocristiana (V sec. d.C.), fa iniziare la propria narrazione nella caverna in cui, dopo una dura vita di lotta (in seguito alla cacciata dal paradiso), il progenitore Adamo venne sepolto Il vecchio Noé. che sopravvisse al diluvio, ordinò a suo figlio Sem di andare a prendere dalla grotta le ossa del primo uomo e di seppellirle nuovamente “al centro della Terra”. Ma, in genere, nella cultura cristiana, a causa dell’ossessiva misoginia paolina, i simboli della sessualità vennero ampiamente rimossi.
Nel Medio Oriente, la grotta, in quanto utero, rappresenta le origini e le rinascite. In Turchia c’è una leggenda piuttosto sorprendente del XIV secolo. tradotta da PertevBoratov: “Ai confini con la Cina, sulla Montagna Nera, le acque inondano una grotta e vi portano dell’argilla che riempie una fossa di forma umana. La grotta serve da calco e.
in capo a nove mesi, per effetto del calore solare, il modello prende vita”: è il primo uomo, chiamato Ay-Atam, mio Padre-Luna. Per quarant’anni quest’uomo vive solo, poi una nuova inondazione fa nascere un secondo essere umano, ma questa volta la cottura è incompleta: nasce un essere imperfetto, la donna. Dalla loro unione nascono quaranta figli che si sposano fra loro e generano… Ay-Atam e sua moglie muoiono e il figlio maggiore li sotterra nella fossa della grotta, sperando così di riportarli in vita. Sono ancora interpretate come simboli del grembo di una madre partoriente, come nei miti della nascita del mondo e dell’umanità presso molte popolazioni indo-americane (le caverne di Chicomoztoc della mitologia azteca).
Nelle tradizioni dell’Estremo Oriente, oltre a certe interpretazioni di interesse secondario, la caverna, come nel mondo greco-romano, è il simbolo del’Universo, il luogo della nascita e dell’iniziazione, l’immagine del centro e del cuore.
È un’immagine del cosmo: il suolo piatto corrisponde alla Terra e la volta al Cielo. I Thai, tra gli altri, consideravano effettivamente il cielo come il soffitto di una grotta. L’antica casa degli uomini cinese, che era una grotta, conteneva un palo centrale, sostituto dell’Asse del mondo e della Via Regia. Il sovrano doveva salirvi per poppare il cielo (le stalattiti della volta) dimostrando così la propria filiazione celeste e la propria identificazione con la Via. La caverna – che sia abitazione dei trogloditi o simbolo – ha un foro centrale nella volta, destinato al passaggio del fumo del focolare, della luce, dell’anima dei morti o degli sciamani: è la porta del sole o l’occhio cosmico (esaminato nel simbolismo analogo della cupola), da cui si effettua l’uscita dal cosmo. Si può notare incidentalmente che il crogiolo degli alchimisti e il cranio umano hanno la stessa apertura in cima e che entrambi possono essere assimilati alla caverna. L’antropologia simbolica del Taoismo è del resto molto esplicita a questo proposito, identificando il cranio con il monte K’un-Lun, centro del mondo, che contiene una grotta segreta attraverso cui si ritorna allo stato primordiale prima dell’uscita del cosmo.
Sono qui espressi tutti i tratti essenziali del simbolismo della caverna e soprattutto la connessione tra caverna e montagna. Sostituti delle caverne naturali sono le grotte e i templi scavati dall’uomo nella pietra (da Abu Simbel in Egitto ad Ajanta ed Ellora in India). È stato notato da Dietrich Secker che l’architettura tradizionale indiana si riassume in essa: il tempio rupestre, scavato sotto la montagna, contiene a sua volta uno stupa (Tempio-grotta); lo stupa-montagna è attraversato da una grotta che contiene le reliquie; la cella del tempio-montagna è chiaramente considerata come una caverna.
Secondo una leggenda dei Tai del Nord Vietnam, le acque del mondo penetrano in una caverna, ai piedi della montagna cosmica e fuoriescono dalla sommità per costituire il fiume celeste. L’Immortale Han-Tzû, che un giorno era entrato in una caverna di montagna, ne uscì dalla cima, trovandosi così nella residenza celeste: ciò indica che la caverna è situata sull’asse stesso che attraversa la montagna e che si identifica con l’asse del mondo.
Nel caso del tempio-montagna indo-khmer, la cella è letteralmente attraversata da quest’asse, che si prolunga sia nel cielo, sia attraverso uno stretto pozzo, sotto terra; quando contiene una lingam, questo coincide in maniera esplicita con la traccia dell’asse. È curioso osservare che l’omphalos di Delfi si innalzava sulla tomba del serpente Pitone e sul crepaccio che aveva inghiottito le acque del Diluvio di Deucalione. Del resto la nicchia, nell’architettura simbolica, diviene spesso il surrogato di una “caverna universale” inserita in un cosmo più ampio. Questo può valere per la nicchia da preghiera, mihrab, della moschea islamica, come per l’abside della chiesa cristiana. Il senso di sicurezza raccolta, tipico dello spazio cultuale, viene così ancora di più rafforzato.
Guénon, di cui peraltro restano indispensabili i suoi studi sulla caverna nel capitolo “Simbolismo della forma cosmica” in Simboli della Scienza sacra, ha notato che, mentre la montagna veniva normalmente raffigurata con un triangolo, la caverna doveva esserlo con un triangolo più piccolo, situato all’interno del primo, con il vertice rivolto in basso: questo sarebbe sia l’espressione dell’inversione di prospettiva dovuta alla decadenza ciclica, che fa della verità manifestata una verità nascosta, sia il simbolo del cuore. La caverna, infatti, raffigura contemporaneamente (e, probabilmente, fin dall’epoca delle caverne paleolitiche) il centro spirituale del macrocosmo, progressivamente oscurato e il centro spirituale del microcosmo, quello del mondo e quello dell’uomo. La caverna del cuore delle Upanishad contiene l’etere, l’anima individuale e anche Atman, lo Spirito universale, la Causa prima.
Il carattere centrale della caverna la rende luogo della nascita e della rigenerazione e anche dell’iniziazione, la quale è una sorta di nuova nascita a cui conducono le prove del labirinto, che, di solito, precede la caverna. una matrice analoga al crogiolo degli alchimisti. Secondo diversi popoli – soprattutto gli Indiani d’America – gli uomini nascono da embrioni maturati nelle caverne della Terra. Nel mondo maya dell’America Centrale le numerose caverne carsiche sono oggetto di attenzione anche da parte degli attuali discendenti degli antichi popoli indiani. Molte caverne venivano frequentate già in epoche antiche per scopi rituali, e all’interno di esse sono stati ritrovati recipienti sacrificali per il dio della pioggia. Alcune di queste caverne mostrano alle pareti pitture nel tipico stile maya, come la grotta di Naj-Tunich, le cui pitture parietali fanno presumere rituali di carattere sessuale. Immagini di gnomi fanno supporre un nesso tra i campi concettuali della fertilità, della pioggia, del nano e della caverna. Come narrano gli antichi cronisti, gli organi femminili (vagina, utero) erano messi in correlazione con le caverne, associando la sessualità alla fertilità in senso generale. Fra gli Aztechi anche gli dei nani della pioggia, che portavano un bastone fallico, venivano rappresentati come abitanti delle caverne, mentre fra i Maya la dea della Luna veniva a volte messa in rapporto con le caverne, con l’acqua vivificante, e con la sessualità (della divinità del pianeta Venere). È certo che nell’ambito delle culture dell’America Centrale il “mondo sotterraneo” delle caverne, poste nel ventre della Terra, aveva valenza femminile, e perciò era anche in relazione al campo concettuale della fertilità. In genere, nelle civiltà amerindie i mondi sono simboleggiati da una serie di caverne una sopra l’altra.
In Asia si crede che gli uomini nascano dalle zucche, perché anch’esse sono delle caverne e crescono nelle caverne dove gli Immortali le raccolgono. K’iao è utero e caverna: gli uomini vi nascono e vi fanno ritorno. Gli imperatori della Cina antica erano chiusi in una grotta sotterranea prima di potersi elevare al cielo, all’inizio dell’anno nuovo. Nella simbologia cinese la caverna è il femminile, il principio yin, mentre la montagna è il principio yang.
Entrare nella caverna significa quindi far ritorno alle origini e salire in cielo, uscire dal cosmo. Per questo gli Immortali cinesi frequentano le caverne, per questo Lao-tzû vi sarebbe nato e l’Immortale Liü T’ung-pin è l’ospite della caverna; lo stesso Gesù non è forse nato in una grotta? Lo stesso carattere t’ong significa caverna e anche penetrare, comprendere (le cose nascoste); si dice inoltre che la caverna degli Immortali – vediamo qui interiorizzarsi il senso delle leggende – non deve essere cercata solo in cima alle montagne ma nel corpo stesso, sotto il monte K’un-lun che è la sommità della testa. La cella del tempio indù è detta garbhagrha o casa-utero, grembo materno, stanza del ventre. Luz, il luogo dell’immortalità secondo la tradizione giudaica, è una città sotterranea. È abbastanza caratteristico che Gesù sia nato in una grotta da cui irradia la luce del Verbo e della Redenzione; che l’abbagliante splendore di Amaterasu, la dea del sole shintoista, emani da una caverna di roccia semiaperta, come del resto quello delle vacche, delle go vediche; che il culto di Mitra, dio solare, sia stato spesso celebrato sotto terra; che il Sole levante esca in Cina dal K’ung-sang che è un gelso cavo; ma la luce racchiusa nella caverna si esprime ancora in molti modi. Le caverne di pietra di san Giovanni della Croce sono misteri divini, a cui non si può giungere se non con l’unione mistica. La caverna di Abû Ya’qûb è la caverna primordiale, l’occultamento ciclico, e anche il tawfl che secondo la dottrina esoterica musulmana è ritorno alla sostanza centrale.
Il simbolo della caverna secondo lo schema di origine platonica riappare rivitalizzato dal pensiero neoplatonico ed ermetico nel Rinascimento in miracolose immagini dalla profondità e ricchezza esoterica quasi intollerabili. Basti pensare al celebre dipinto di Giorgione, I tre filosofi, dove il più giovane osserva la caverna con in mano la squadra e il compasso o anche alla tavola dell’Amphiteatrum Sapienzae Aeternae di Henri Khunrath, dove ancora tre filosofi sono dentro una grotta, dove il primo è prossimo alla Luce, mentre gli altri due sono più distanziati.
Come abbiamo visto, la caverna è, in diversi modi, un luogo di passaggio dalla terra al cielo. Nell’arte della Chiesa orientale la nascita di Cristo è quasi sempre raffigurata in una caverna (che in Palestina fungeva di consuetudine da stalla); l’immagine di questa spaccatura nella terra simboleggia forse un grembo materno, collegato al simbolismo della fecondazione della terra da parte del cielo.Va aggiunto che Gesù non solo è nato in una caverna ma vi è stato anche sepolto, durante la discesa agli Inferi, prima di ascendere al Cielo. Infatti la stalla di Betlemme, nell’iconografia cristiana, è rappresentata sotto forma di grotta rupestre, e in una tomba rupestre fu sepolto Gesù.
La grotta è anche, del resto, un luogo di passaggio dal cielo alla terra: in Cina gli esseri celesti discendono sulla Terra attraverso una grotta. Questo ruolo di intermediario spiega senza dubbio perché il Purgatorio sia stato, soprattutto nei paesi celtici, localizzato nelle grotte e perché la caverna di Platone sia in realtà una sorta di Purgatorio, dove la luce è percepita soltanto attraverso il suo riflesso e gli esseri attraverso le loro ombre, in attesa della conversione e dell’ascesa dell’anima verso la contemplazione diretta delle Idee.
Il carattere sotterraneo della caverna è stato oggetto di numerose interpretazioni secondarie: protegge i minatori, i nani guardiani dei tesori nascosti, che sono pericolose entità psichiche spesso in rapporto con l’aspetto nefasto della metallurgia. I Dattili della Grecia antica erano fabbri e così pure i sacerdoti di Cibele, divinità delle caverne. Le caverne ospitano spesso mostri, briganti e, in modo ancora più chiaro, le porte stesse dell’inferno (soprattutto in Cina).
Va anche osservato che, se la caverna conduce agli Inferi, vi si possono sotterrare i morti che cominciano così il viaggio nell’oltretomba; la discesa agli Inferi è infatti universalmente un momento preliminare alla nuova nascita. Ritroviamo qui i due aspetti, positivo e negativo, di ogni grande simbolo. Già gli antichi I Sumeri immaginavano il regno dei morti situato in una caverna nella montagna cosmica.
Nelle leggende popolari le caverne sono per lo più dimore di gnomi, spiriti della montagna e draghi che difendono tesori, accessibili agli uomini del mondo esterno solo con difficoltà e pericolo. Nelle leggende medioevali, intrise di una concezione dualistica, i re del passato come Carlo Magno e Federico Barbarossa attenderebbero nelle caverne di determinate montagne (rispettivamente a Kyffhäuser e a Untersberg presso Salisburgo) il momento della loro resurrezione per la battaglia finale tra il Bene e il Male.
Nella visione mitico-simbolica del mondo della tradizione antico-irlandese, le leggende sulle caverne, Uatha, hanno un ruolo importante.
Dalla caverna di Cruachan, detta anche “porta dell’inferno” sarebbe uscita un’immensa schiera di uccelli bianchi, che con il loro fiato inaridirono uomini e bestie. La terribile dea Morrigan si trovava in un’altra caverna, mentre gli eroi Conan e Finn, che si impigliarono in un filo male arrotolato dalle streghe, furono quasi trascinati nel mondo sotterraneo. Il più noto ingresso del mondo sotterraneo e infernale è il “purgatorio di san Patrizio”, su un’isola del lago Derg. Anticamente i pellegrini vi si facevano rinchiudere quattro ore per provare i tormenti del purgatorio. Si diceva che chi si addormentava venisse rapito all’inferno dal diavolo. Nel medioevo un tal cavaliere Owen descrisse alcune visioni dell’aldilà simili a quelle di Dante nella Divina Commedia. Gli odierni pellegrini che passano una notte insonne nella cappella, che ancor oggi contiene il “purgatorio”. lo descrivono come un luogo lugubre “dove si incontrano due mondi”.
Si può dire che nel mondo celtico la caverna rappresenta il modo di accedere all’oltretomba.
L’immagine della caverna appare nei sogni generalmente collegata ad altre immagini dello stesso tipo. “Questo gruppo di simboli (caverna, donna, mammifero, universo soggettivo) si ritrova nell’universo onirico dell’uomo d’oggi. È così che la psicanalisi ha rivelato l’equivalenza simbolica dell’immagine della donna e delle immagini di interno, come casa, caverna ecc., equivalenza confermata dalla psicoterapia del sogno ad occhi aperti. In molte fiabe la fanciulla vergine da conquistare abita in una caverna e pure la vergine cristiana è stata, in più di un’occasione, associata alla grotta o alla cripta” (cfr. André Virel, Histoire de notre image, Geneve, 1965). La caverna rappresenta simbolicamente il luogo dell’identificazione, vale a dire il processo di interiorizzazione psicologica, per cui l’individuo diventa se stesso e raggiunge la maturità: per realizzare questo scopo deve assimilare tutto il mondo collettivo che si esprime in lui, a rischio di turbamenti, e deve integrare questi apporti alle proprie forze così da costituire la propria personalità e insieme una personalità adattata al mondo circostante in via di organizzazione. L’organizzazione dell’io interiore e l’organizzazione del suo rapporto con il mondo esterno sono processi concomitanti e la caverna rappresenta simbolicamente, da questo punto di vista, la soggettività alle prese con i problemi della propria differenziazione.
Nel simbolismo dei sogni, secondo la psicologia del profondo, la via piena di pericoli attraverso una caverna oscura va talvolta interpretata come ricerca di un senso della vita attraverso le stratificazioni ereditarie dell’inconscio materno, altre volte come il simbolo di una regressione nell’oscurità, desiderata e sicura, della vita prenatale.
Così il fascino che le caverne esercitano sugli speleologi non è spiegabile solo come volontà di ampliare la ricerca scientifica, ma anche come tendenza simbolica verso una discesa conoscitiva nelle occulte profondità della propria personalità. Questo e quanto risulta da un’interpretazione del topos “caverna” sulla base della psicologia del profondo. Secondo E.A. Kasper “Il ritorno alla caverna è un avvenimento remoto, una vera sicurezza. Entrare nella caverna significa. in termini psicologici, tornare nel grembo materno, negare la nascita, scendere nell’ombra e nel mondo notturno dell’indistinto. È la rinuncia alla vita terrena a favore della vita superiore di chi non é nato. … Nella caverna non esiste tempo, non c’è ieri nè domani, poiché in essa anche il giorno e la notte sono indivisi. Secondo Mircea Eliade questo isolamento rappresenta un'”esistenza larvale” come quella dei morti nell’aldilà”.
Anche per questo motivo la caverna diventa frequentemente il luogo di accoglienza di forme simbolico-rituali. quali l’iniziazione e la rinascita a un livello superiore di esistenza, forme che in contesti diversi si ritrovano in molti ambiti culturali.
In sintesi la caverna è: un simbolo dell’universo; un onphalo; il centro del mondo; il cuore; il luogo d’unione del Sè e dell’Io; il luogo d’incontro del divino e dell’umano, ragion per cui tutti gli dèi destinati a morire e i salvatori nascono nelle caverne; conoscenza esoterica segreta; quel che è occulto; un luogo di iniziazione e la seconda nascita. La caverna è anche il principio femminile, il grembo della Madre Terra e il suo aspetto protettivo; è allo stesso tempo un luogo di sepoltura e di rinascita, di mistero, accrescimento e rinnovamento, dal quale l’uomo emerge e al quale ritorna dopo la morte nel sepolcro di pietra; questo atto di emergere associa la caverna all’Uovo Cosmico.
La caverna è strettamente correlata al simbolismo del Cuore, come centro spirituale e iniziatico del macrocosmo e del microcosmo; sia la caverna sia il cuore sono simboleggiati dal triangolo femminile rovesciato. La montagna è il principio maschile, ciò che è visibile ed esterno, ed è rappresentata dal triangolo col vertice rivolto verso l’alto, mentre la caverna entro la montagna è il femminile, nascosto e chiuso; entrambi sono centri cosmici. Essendo parte della montagna, la caverna ne condivide il principio assiale Per lo più, le cerimonie di iniziazione si tenevano in una caverna come simbolo dell’oltretomba e del sepolcro dove avviene la morte prima della rinascita e dell’illuminazione.
Come luogo di iniziazione era segreto, e il suo ingresso era nascosto al profano da un labirinto o da un passaggio pericoloso, spesso sorvegliato da qualche mostro o essere sovrannaturale, e vi si poteva accedere soltanto vincendo la forza contrastante. Entrare nella caverna è come esservi sepolti, il ritorno nel grembo della Madre Terra. Passare attraverso la caverna rappresenta un cambiamento di stato, conseguito anche con la sopraffazione di potenze pericolose. La caverna è spesso il luogo del sacro connubio fra il cielo e la terra, il re e la regina. ecc., lo hieros gamos, quindi lo spazio delle nozze sacre.
Moreno Neri
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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- Jean Chevalier e Alain Gheerbrant, Dizionario dei Simboli, BUR, Milano, 1997
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- S. a., Dizionario delle Religioni orientali, Vallardi, Milano, 1993
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