Nella chiesa dei Santi Apostoli, nell’omonima Piazza romana nel rione di Trevi, sotto il porticato, sul lato destro, è situato un pregevole bassorilievo del I-II secolo e.v. raffigurante un’aquila imperiale dalle ampie ali orizzontalmente aperte e che stringe negli artigli una corona d’alloro, incorniciata da una corona di foglie di quercia.
Il bassorilievo romano in travertino, dal tratto morbido e vaporoso, che si pensa con buone ragioni esser stato rinvenuto negli scavi del vicino Foro Traiano, forse proveniente dal timpano di un antico edificio d’età traianea, fu murato nell’atrio della basilica e fatto collocare verosimilmente all’epoca del papa Sisto V, tra il 1474 e il 1481, dall’allora cardinal nipote Giuliano della Rovere (il futuro “papa-guerriero” Giulio II che voleva riformare lo Stato della Chiesa sul paradigma della Roma imperiale).
Prima di questa muratura il rilievo doveva essere collocato in altro luogo: infatti, l’abate e mercante fiorentino Giovanni Francesco Rucellai (1403-1481), precettore dell’Alberti, nel 1450, nel diario della sua ambasciata a Roma nell’anno santo del Giubileo, lo descrive ancora sul pulpito della chiesa dei Santi Apostoli (una bella aquila sotto il pergamo di marmo). Non è campato in aria ipotizzare che il ritrovamento e la collocazione nella chiesa dell’antico bassorilievo romano sia stato patrocinato dal cardinale di origine greca Giovanni Bessarione, titolare dal 1439 fino al 1449 della basilica (che ospita anche la sua cappella funeraria) e già discepolo di Giorgio Gemisto Pletone, entrambi patroni di quella riscoperta della filosofia del mondo antico che caratterizzò il nostro Rinascimento. Ciò è rafforzato dal fatto che l’aquila è il simbolo dell’apostolo san Giovanni Evangelista, patrono onomastico del cardinale greco, e che negli stessi anni a Padova Donatello completava la sua aquila in bronzo nella Basilica del Santo, decisamente inferiore al bassorilievo traianeo.
In ogni caso, è forse il solo rilievo in marmo dell’aquila imperiale che sia scampato al furore dei barbari e dei primi cristiani trionfanti sul paganesimo.
L’aquila romana è uno dei simboli più noti dell’Impero romano, nonché uno degli emblemi più imitati, dal Medioevo ad oggi, dagli Stati che si sono sentiti eredi o emuli della grandezza e della potenza di Roma. Era inoltre l’emblema della consacrazione a Giove.
Per restare solo nell’ambito della nostra nazione, ricordiamo che l’aquila fu adottata sullo stendardo del Regno Italico nel 1805-1814. Anche nel 1849, l’aquila con le ali aperte volta verso destra in una corona di quercia e poggiata con gli artigli su un fascio armato di scure fu scelta come stemma della Repubblica Romana da Mazzini, Armellini e Saffi con decreto del 22 febbraio. L’aquila, invece della più comune punta di lancia, già con decreto dell’assemblea costituente del 12 febbraio andava posta anche sulla cima dell’asta della bandiera tricolore italiana. Come scriveva in quei giorni un giornalista statunitense “l’aquila romana aveva ripreso a volare”.
Dopo che nel 1876, il nostro Rito, che si chiamava Rito Simbolico, perché riconosceva e praticava solo i primi tre gradi detti appunto “simbolici”, perché raccolgono tutti i simboli fondamentali della Massoneria Universale, decise in un suo convegno di aggiungere alla propria denominazione quella di “Italiano”, in quegli stessi anni stabilì di adottare un proprio emblema.
La scelta cadde sull’aquila romana. Appare evidente come il disegno del Rito Simbolico Italiano fu ispirato dal modello traianeo nell’atrio della Basilica dei Santi Apostoli, un magnifico pezzo disegnato per altro anche da Giovanni Battista Piranesi e che tutti i romani potevano ammirare nell’atrio della basilica dei Santi Apostoli, restaurato alcuni anni prima, sotto Pio IX, dall’architetto-scalpellino Luca Carimini (1830-1890) e dalla sua bottega, allora i massimi esperti dello stile rinascimentale.
Non vi possono essere dubbi sul fatto che l’emblema del Rito fu ripreso da un precedente antico, il famoso rilievo aquilino nel portico della chiesa dei Santi Apostoli. Il prototipo antico dell’emblema del Rito Simbolico Italiano è quindi, per identità iconografica e stilistica l’aquila romana, conservata nei Santi Apostoli ed è un preciso ed esatto calco dell’incisione di Piranesi, massonicamente rielaborato con l’inserimento di alcuni simboli latomici.
Per noi Maestri Architetti Simbolici – naturali eredi della tradizione iniziatica di Roma antica – si tratta di un emblema che, oltre ad essere di bell’effetto, ostenta un legittimo senso di orgoglio per il retaggio dei valori universali e perenni diffusi dall’imperium romano.
Giorgio Fedocci per la scoperta
Moreno Neri per la scheda testuale