Introduzione del
M.·.A.·. Vincenzo Paradiso
Collegio Sybaris
Rossano, Sabato 13 Dicembre 2014 h. 10.00 – Auditorium Amarelli
Gentilissime cognate,
Carissimi e stimatissimi fratelli,
Graditissimi ospiti,
il convegno è centrato soprattutto sulla relazione del nostro carissimo fr. Moreno, che ha accettato con entusiasmo il nostro invito e ha affrontato con abnegazione il lungo viaggio da Rimini a Rossano.
Quindi a me, come segretario organizzativo dell’evento, non resterebbe che ringraziare lui, ringraziare il prof. Enzo Ferrari, amico fraterno, che molto si è adoperato per farci avere un contributo e che con il suo intervento concluderà questo convegno, ringraziare la famiglia Amarelli che ci ospita in questa bellissima e antica struttura e ringraziare soprattutto voi che avete accettato il nostro invito.
In un periodo dell’anno molto “impegnativo” per le famiglie in vista delle imminenti feste natalizie, dedicare tempo ad un convegno – e per alcuni percorrere molti chilometri – è veramente segno di sincera stima verso di noi e soprattutto di grande interesse e sensibilità verso la tematica del convegno e verso un fenomeno, il fondamentalismo, che sempre più coinvolge e preoccupa il mondo.
Sulla figura di Ipazia e sul fondamentalismo ci parlerà il fr. Moreno; alcune scene del film «Agorà» ci faranno rivivere la vita nella città di Alessandria e le dinamiche di pacifica convivenza tra le religioni prima e di forte conflittualità poi, fino alla eliminazione fisica di Ipazia, che aveva scelto di non aderire al cristianesimo.
Organizzare il convegno è stato per me occasione non solo per avvicinarmi ancora di più alla figura di Ipazia, ma soprattutto occasione di riflessioni personali sul fenomeno del fondamentalismo e sulle dinamiche psicologiche che, a mio avviso, sottostanno e spiegano le azioni dei fondamentalisti. Queste mie riflessioni le porgo a voi tutti come ulteriore contributo di riflessione, di condivisione e/o di critica.
Spesso ho la sensazione che la maggior parte delle persone ritiene che il fondamentalismo sia qualche cosa che riguarda solo, o prevalentemente, il passato e, oggi, i Paesi del Medio Oriente, dell’Africa e/o dei paesi nei quali religioni e/o orientamenti politici si contendono la supremazia e il potere con guerre, atti di terrorismo, ecc. …
C’è una diffusa tendenza a ritenere il fondamentalismo un fenomeno, comunque, lontano da noi, che poco o niente ci riguarda e che colpisce la nostra attenzione e sensibilità emotiva solo per le notizie e le immagini scioccanti di uccisioni, lapidazioni o massacri, privazione della libertà, ecc. che sempre più frequentemente i mass-media ci presentano.
Più volte mi sono chiesto e adesso lo chiedo anche a voi: ma il fondamentalismo e i fondamentalisti sono veramente tanto lontani da noi occidentali e Italiani? Siamo sicuri che, se ci guardiamo attorno e analizziamo con serenità il contesto socio culturale e politico in cui noi oggi viviamo, non corriamo il rischio di vedere atteggiamenti e modi di pensare che trovano origine e spiegazioni nel fondamentalismo?
La psicologia e la sociologia possono aiutarci a capire e a dare risposte alle mie domande che, spero siano anche le vostre.
Ma non è questa la sede in cui affrontare nel dettaglio queste questioni.
Per questo vi partecipo, in modo molto sintetico e schematico – per non sottrarre tempo e spazio alla relazione del Fr. Moreno e a quanti di voi vorranno poi prendere la parola – le mie personali considerazioni su alcuni tratti psicologici della persona che al fondamentalismo si rifà e/o che lo giustifica.
Il fondamentalista è un individuo “che rifiuta la distinzione moderna di religione e politica; egli pone molta importanza alla aderenza stretta e rigorosa all’ortodossia religiosa tradizionale che assume a base della propria vita e del progetto di rifondazione sociale e politica contro la corruzione della modernità. Egli vive convinto di dover combattere il “male assoluto” che identifica nella modernità e nel cambiamento di usi e costumi della società, di singole persone o di gruppi”[“Fondamentalismo una patologia della religione”, intervista di Achille Rossi Rosino Gibellini, pubblicata su L’Altrapagina mensile di informazione, politica e cultura- Città di Castello].
Il fondamentalista accetta e giustifica l’autorità, anche assoluta se basata sui principi religiosi da lui condivisi, e nutre molta diffidenza nei confronti della iniziativa individuale, della libertà di coscienza e della ricerca razionale, in altre parole della democrazia.
In queste persone è possibile scorgere una nostalgia del passato, quando tutto era “ordinato e subordinato” ad una autorità (per lo più religiosa). Contro i cambiamenti e le evoluzioni sociali e culturali che non sanno accettare e che vivono con disagio, queste persone auspicano e vogliono una rifondazione socio-culturale e politica ex novo basata solo o prevalentemente sui principi che essi ritengono giusti e universali.
Contro il “Nemico” che si oppone o fa resistenza alle loro idee e ai loro progetti diventano combattivi e aggressivi. Nessun dialogo con il “nemico” ma solo imposizione della propria visione del mondo!
Tolleranza zero!
È possibile scorgere alla base di questa visione e di questi atteggiamenti una rigidità psicologica[www.astrologiainlinea.it – L’angolo della Psicologia – Rigidità psicologica a cura di Lidia Fassio], che il più delle volte diventa patologica.
Insicurezza e paura sono i sentimenti che predominano nella persona rigida, nel fondamentalista, che oltre a negarsi emozioni positive riduce tutto al rispetto delle norme e al dovere. Nella osservanza pedissequa delle norme, del “Verbo” del Libro sacro, il fondamentalista trova guida, sicurezza, giustificazione delle proprie azioni, protezione dalle proprie paure e dai sensi di colpa. Le sue azioni, il più delle volte violenti, non sono frutto – egli sostiene – di una sua libera scelta ma dettati, ispirati e previsti dalle norme “divine” e/o dall’autorità …
Solo la piena adesione a tali norme lo rassicura e gli risparmia un ascolto e un confronto con le idee degli altri dal quale potrebbe uscire sconfitto. La piena aderenza alle norme “ispirate” e/o alle tradizioni lo fa sentire partecipe e soggetto attivo di un progetto “ divino” e condiviso e questo lo gratifica molto, lo fa sentire pienamente realizzato.
Quella che dalle azioni di sopraffazione e violenza sembrerebbe una persona forte e coraggiosa, nella realtà è solo una persona molto insicura, infantile, chiusa in una “corazza di pseudo certezze” incapace di confrontarsi e di mettersi in discussione, incapace di sopportare il dubbio.
La insicurezza psicologica di fondo porta questi soggetti a stringere tra loro legami molto forti fino a formare dei gruppi o delle vere e proprie folli dove si annientano le caratteristiche individuali. Perché nell’anima collettiva le attitudini intellettuali degli uomini e per conseguenza la loro individualità si cancellano, l’eterogeneo scompare nell’omogeneo, l’inconscio domina sul conscio, l’irrazionale sul razionale, la stupidità sull’intelligenza.
Nel gruppo o nella folle l’individuo vive un sentimento di potenza invincibile che è dato dal numero: più il gruppo è numeroso, più gli individui che ne fanno parte si sentono invincibili. Inoltre, la condizione di anonimato che è tanto più intensa quanto più grande è il gruppo, rende sia il gruppo che i singoli individui irresponsabili.
Ogni individuo immerso in un gruppo o in una folle è facilmente suggestionabile e la suggestione è contagiosa, per cui possiamo anche affermare che i gruppi in genere e quindi anche i gruppi dei fondamentalisti sono facilmente manipolabili e frequentemente manipolati dai leader [Gustave Le Bon, Psicologia delle folle, 1895, ed. It. 2004].
La vicenda di Ipazia così come la storia passata e recente, nonché i tragici avvenimenti che si verificano in alcune zone del nostro pianeta in questo periodo, ci dimostrano molto bene di cosa sono capaci il gruppo o le folle quando vengono manipolate!
Concludo.
Secondo voi nella nostra società, nel contesto in cui si svolge la nostra vita, è possibile riconoscere fenomeni di gruppo o comportamenti di singoli individui che trovano spiegazione in quei processi psicologici che, solo per ragione di tempo, ho sintetizzato ?
Io penso di sì!
Allora c’è ancora molto da fare nella nostra società perché non resti vano il sacrificio di Ipazia e di quanti come lei, nel passato come nel presente, hanno sacrificato la propria vita per non cedere al fanatismo e al fondamentalismo che rifiutano la libertà di pensiero, non riconoscono uguaglianza e pari dignità di credi e stili di vita, che mal sopportano rapporti di fratellanza tra individui di credi religiosi o politici, di etnie e di culture diverse.
Grazie per la vostra cortese attenzione.