Il Massone e gli OGM

Il-Massone-e-gli-OGM

Presidente, MM.AA. del Collegio Ravenna et Classis e FF. Accusmatici, la lunga riflessione personale, che ha preceduto la stesura di questa Tavola il cui argomento e titolo ho pienamente condiviso con il Presidente, mi ha portato ad un giudizio sostanzialmente favorevole agli OGM, convincimento che ritengo debba assolutamente essere messo in discussione, nello spirito del nostro Rito, per ampliare l’orizzonte della riflessione comune e dare spazio ad opinioni, che, non escludo, potrebbero essere motivatamente contrarie alle mie. Per questo il testo è volutamente compilativo, cioè somma di alcuni documenti e scritti trovati sull’argomento, chiedendo preliminarmente scusa per la maggior enfasi data alle tesi pro-OGM, che peraltro i MM.AA. e i FF Accusmatici potranno ribaltare, ritenendo più convincenti gli argomenti di chi vi si oppone.

Per una strana, ma incoercibile associazione di idee, probabilmente derivante dalla condivisione del principio biblico “nihil sub sole novi” (o, quantomeno, nulla di profondamente diverso), mi sorge spontaneo iniziare da un celeberrimo capitolo del Satyricon di Petronio Arbitro (I° secolo d.C.): leggiamo dal testo (con omissis …..) “Al centro del piatto di portata troneggia un asinello in bronzo di Corinto, con sopra un basto che da una parte é pieno di olive nere e dall’altra di chiare. Sulla groppa dell’animale ci sono due piatti d’argento….. che sorreggono dei ghiri conditi con miele e salsa di papavero. E ancora delle salsicce che friggono sopra una graticola d’argento e, sotto, prugne di Siria con chicchi di melagrana…. Viene portato un vassoio con sopra un cestino contenente uova di pavone….. ricoperte con un impasto di farina…… e dentro un beccaccino da favola immerso in salsa piccante di tuorlo…… Un attimo dopo arrivano delle anfore di cristallo scrupolosamente sigillate, con delle etichette incollate al collo e su scritto:

«Falerno Opimiano di cent’anni».

Mentre eravamo impegnati a leggere, Trimalcione batte le mani urlando:

«Oddio, dunque il vino vive più a lungo di un pover’uomo»…

e aggiunge:

«Ahimè, miseri noi, che cosa da nulla è un pover’uomo.

Noi tutti saremo così il giorno che l’Orco ci prende.

Ma allora viviamo, finché godere possiamo»”.

Perché partire da questo antica e famosa opera letteraria? Innanzitutto proprio per le elucubrazioni poetico-filosofiche del liberto Trimalcione, ricchissimo commerciante antico-romano, che fa sfoggio della sua opulenza, cercando di motivare l’ostentazione e il vizio con la brevità della vita umana, concetto peraltro dominante nell’Antichità in generale e nella Roma di Nerone in particolare. Oggi un suo epigono, un Comm. Trimalcione (faccendiere romano?), dovrebbe ingegnarsi di più per trovare ipocrite motivazioni al proprio sperpero di denaro e avrebbe maggiori difficoltà ad accontentare ospiti con abitudini alimentari svariate e talvolta bizzarre, come (tratto da un articolo di Panorama) vegetariani (puri, lacto-ovo od opportunisti, c.d. “d’acchiappo”), vegani, crudisti, ortoressici, intolleranti (o pseudo- intolleranti a glutine e lattosio), cavernicoli, eticamente corretti ecc.. Non è peraltro detto che le motivazioni parascientifiche, antropologiche, etiche moderne siano superiori alla filosofia del “carpe diem”, attualmente negletta perché ormai l’uomo occidentale si ritiene un semidio, dotato della capacità di evitare la malattia, prossimo all’immortalità, se solo adotti uno stile di vita e di alimentazione presuntivamente corretti e, soprattutto, artefice dei destini del mondo, essendo che in ogni calamità si può ravvisare un’omissione od una colpa umana. Il novello Trimalcione dovrà blandire i propri ospiti, accontentandoli nelle loro abitudini, ma non gli è impedito di ostentare ricchezza a tavola, con servizi e accessori di lusso ed enfatizzando cibi e bevande DOP e DOC, portate tipo “slow food” e prodotti a Km zero (con qualche eccezione esotica tipo spezie, incenso e altri aromi), ovviamente pagati profumatamente…. In questo l’antico Trimalcione farebbe comunque la sua bella figura, con (dal testo) “ ceci d’arezzo, fichi africani, datteri freschi e secchi, maialini in pasta di mandorle, cinghiale arrosto, rognone e cotechini, maiale al forno con pepe e cumino”. E a chi obbietti che molti cibi e spezie non sono a Km zero, anzi ostentatamente di lontana o esotica provenienza, occorre ricordare che il trasporto all’epoca imperiale romana era eco -friendly (a vela o a tiro animale), anche se non human -friendly per rischi e fatica, ma questo oggigiorno sembra poco importare di fronte alla c.d. “priorità della salvaguardia ambientale”.

La cena di Trimalcione dal Satyricon di Fellini (1969)
La cena di Trimalcione dal Satyricon di Fellini (1969)

La seconda ragione di un riferimento al testo antico sta nei seguenti passi: “nel mezzo di quel caos, caso vuole che cada un piatto d’argento e che subito uno schiavetto lo raccatti: Trimalcione se ne accorge e ordina di schiaffeggiare il ragazzino e di ributtare a terra il piatto che finisce scopato via insieme a tutto il resto … Trimalcione ordina di preparare un gavettone per dare da bere ai servi seduti ai nostri piedi, ma a una condizione: «Se qualcuno non gli va, rovesciateglielo in testa: di giorno serietà, ma adesso allegria». Dopo questo slancio di bontà arrivano delle altre leccornie… “ Istintivamente ci ribelliamo a questa insensibilità nei confronti di esseri umani, ma la nostra non è una acquisita superiorità etica: basta leggere il comportamento dei protagonisti del libro, per comprendere come la cena e i suoi eccessi fossero giudicati negativamente anche allora “La faccenda stava diventando nauseante … e noi, approfittando di quella meravigliosa occasione, salutiamo al volo…. e filiamo via di corsa proprio come se stessimo scappando da un incendio “ D’altronde era il tempo in cui, da pochi anni, veniva predicata la Parabola del ricco Epulone (Vangelo secondo Luca 16,19-31) “ C’era un uomo ricco, che era vestito di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco…”, simbolo universalmente accettato di una condizione che si protrae fino ai nostri tempi: le briciole (alimentari) lasciate ai popoli sottosviluppati. Questa lunga introduzione è servita ad affrontare il problema OGM da un punto di vista massonico, che non può non prescindere dagli “schiavi” , cioè dai poveri e dalla sovrappopolazione, un problema oggi trascurato e non “politically correct”, dopo essere stato al centro di preoccupazione e incessanti dibattiti nei decenni passati (potenza dei Mass media: un problema ci appare risolto se loro non ne parlano più..!).

In particolare non possiamo pensare che le utopie alimentari siano realmente una soluzione a tutti i problemi. Qualche esempio: la dieta vegetariana quale futuro offrirebbe agli allevatori di renne Inuit, piuttosto che ai valligiani alpini, ai gauchos argentini o ai Masai dell’Africa? E il Km zero è una abitudine sempre utile o una forma larvata di protezionismo, che tende ad escludere dal benessere europeo i coltivatori del sud del mondo? Le leccornie Doc, Dop ecc. sono la risposta adeguata ad una agricoltura universalistica e non un vezzo di occidentali danarosi? Più in generale e come vedremo oltre, il mito di Madre Natura nella sua accezione deistica di Forza Positiva Immanente, il “negazionismo” acritico delle sue valenze negative e delle stesse caratteristiche di vita sulla terra (il pesce grosso non mangia forse quello piccolo?), in nome di un “buonismo” cosmico del quale non vi è traccia nella storia, ahimè spietata, dell’evoluzione, in buona sostanza questo misunderstanding naturalistico corrente quanti danni può produrre indirettamente e occultamente, ma concretamente ai deboli e agli emarginati? In questo contesto, cioè di una discussione non preconcetta, ma aperta e soprattutto rispettosa dei diritti universali, credo si possa massonicamente affrontare il tema degli OGM (o GMO nell’accezione anglosassone). Partiamo dalla definizione (Wikipedia): “con il termine Organismo Geneticamente Modificato (OGM) si intendono soltanto gli organismi in cui parte del genoma sia stato modificato tramite le moderne tecniche di ingegneria genetica. Non sono considerati “organismi geneticamente modificati” tutti quegli organismi il cui patrimonio genetico viene modificato a seguito di processi spontanei (modificazioni e trasferimenti di materiale genetico avvengono infatti in natura in molteplici occasioni e tali processi sono all’origine della diversità della vita sulla terra), o indotti dall’uomo tramite altre tecniche che non sono incluse nella definizione data dalla normativa di riferimento (ad esempio con radiazioni ionizzanti o mutageni chimici)”.

Appare evidente come già il circoscrivere i soli OGM all’ambito delle tecniche di selezione artificiale, sia piuttosto forzoso (perché le radiazioni e i mutageni chimici utilizzati da decenni dovrebbero essere processi naturali?) e si presti ad errori e controversie: ad esempio indicarli come organismi transgenici, termine non sinonimo in quanto riferito all’inserimento nel genoma di geni provenienti da un organismo di specie diversa, mentre sono definiti OGM anche quelli che risultano da modificazioni senza inserimento di alcun gene (delezione di geni), o quelli in cui il materiale genetico inserito proviene da un organismo “donatore” della stessa specie, attraverso manipolazioni con vettori naturali, come batteri (in questo secondo caso molti studiosi parlano infatti di organismi cisgenici e chiedono che la tecnica in questione sia estrapolata dalla normativa OGM). Le principali obiezioni all’uso di OGM in agricoltura provengono dalle organizzazioni ambientaliste, in primis da Greenpeace, la cui filiale italiana li giudica alla stregua dei rifiuti tossici, quando esultando per ogni divieto ad utilizzarli, dichiara “Continueremo a lavorare per far sì che la decontaminazione dei due (sic!) campi friulani seminati con mais MON810 della Monsanto venga effettuata”, quasi si trattasse di sostanze altamente radioattive o di potenti veleni.
Nel sito www.greenpeace.org si possono leggere, a titolo “OGM’ No grazie!” le motivazioni seguenti:

Oggi gli OGM non mostrano alcun beneficio per i consumatori e gli agricoltori, ma solo per l’industria biotech. Queste multinazionali brevettano e vendono semi transgenici e sostanze chimiche collegate, in cambio di problemi e quesiti irrisolti per l’ambiente e la sicurezza alimentare.

Non è raro che gli OGM vengano presentati come il rimedio per la fame nel mondo o come un passo verso un’agricoltura rispettosa dell’ambiente. In realtà, gli organismi geneticamente modificati non sono altro che una sfaccettatura di un settore agricolo di stampo industriale, in cui l’uso di erbicidi e pesticidi è molto diffuso. Inoltre, il rilascio di OGM nell’ambiente comporta notevoli rischi, come la perdita di biodiversità, e molti altri addirittura imprevedibili.

Greenpeace si batte da anni contro il rilascio in ambiente degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM), perché sono portatori di troppi rischi per permetterne la diffusione. Sono un pericolo per l’ambiente, comportano rischi per la salute e minacciano gli equilibri economici e sociali. Sollevano, inoltre, questioni etiche che non sono state sufficientemente discusse.

Greenpeace si oppone alla coltivazione di OGM in campo aperto. Perché è una fonte di inquinamento genetico. Perché minaccia la biodiversità. Perché inevitabilmente contamina le coltivazioni tradizionali e biologiche.

Greenpeace non si oppone invece alla ricerca in un ambiente confinato (laboratorio), in particolare in campo medico. Noi non siamo contro la ricerca o il progresso. Noi sosteniamo una scienza che sia a vantaggio di tutti e che rispetti l’ambiente.

Un organismo geneticamente modificato tra le colonne Jachim e Boaz?
Un organismo geneticamente modificato tra le colonne Jachim e Boaz?

Oggi, non è così. Gli OGM arricchiscono soltanto grandi aziende come Monsanto e Bayer. Gli organismi geneticamente modificati non hanno un rendimento superiore a quello delle colture tradizionali. Non sono più sicuri e non resistono alla siccità.

Impoveriscono ulteriormente i piccoli agricoltori, standardizzando le pratiche agricole e minacciando la biodiversità.

Oggi rischiamo di ritrovarci gli OGM in tavola perché ci è stato negato il diritto di conoscere quale siano gli ingredienti geneticamente modificati presenti nella catena alimentare. Ai consumatori viene negato il diritto di poter scegliere. Gli OGM permettono a una piccolissima minoranza di decidere sul resto dell’umanità”.

Se accettiamo come indiscutibili queste tesi dovremmo escludere a priori l’uso degli OGM; tuttavia noi Liberi Muratori fondiamo il nostro pensiero e la nostra analisi sul dubbio costruttivo e sulla perfettibilità delle opinioni, per cui esaminerò queste affermazioni spesso perentorie e volutamente ultimative, alla luce della riflessione personale, dei dati di fatto e delle opinioni contrarie pubblicamente espresse da autorevoli studiosi, per poi dar modo ai Maestri Architetti di intervenire sostenendo le proprie tesi nel modo più informato possibile.

Personalmente mi colpisce innanzitutto come alcune “certezze” degli anti-OGM siano scalfite, ad esempio, dalla apertura verso studi di laboratorio, soprattutto in campo medico (è noto che alcune piante come il tabacco sono candidate a produrre farmaci, vaccini ecc.) e mi sorge il dubbio che si tema di perdere consenso toccando la sensibilità e l’appoggio popolare nei confronti della ricerca medica. Osservo che una ricerca in laboratorio tesa a sviluppare piante transgeniche, che non possano essere coltivate in campo aperto, non si capisce a che pro debba essere svolta e da chi finanziata. O forse dovremo prevedere delle apposite serre, isolate biologicamente, come i reparti per la cura di Ebola, con buona pace di chi pensa di utilizzare queste piante nei paesi sottosviluppati, per rendere disponibili presidi sanitari oggi loro preclusi dal costo elevato?

Ancora, pur considerando la capacità delle multinazionali di influenzare le scelte individuali e collettive, mi sembra improbabile che non vi sia alcun vantaggio economico, anzi un danno per gli agricoltori e che d’altra parte le stesse società investano cifre colossali per un prodotto economicamente poco conveniente: evidentemente si tratta delle opinioni di chi ritiene il libero mercato mera speculazione e non entità in grado di penalizzare i prodotti economicamente svantaggiosi.

Infine, circa gli interessi esclusivi e rapaci delle Multinazionali, che dire del caso “Golden Rice”? Ingo Potrykus, autorevole membro della Pontificia Accademia delle Scienze, è finito sulla copertina di Time magazine nel 2000 per aver messo a punto una pianta di riso biofortificata, un OGM che aggiunge alla dieta di chi lo assume vitamina A. Potrebbe evitare ogni anno 9 milioni di decessi per carenze immunitarie e 500.000 casi di cecità infantile nei Paesi più sfortunati del mondo. La sperimentazione ha dimostrato che non ci sono rischi a livello ambientale e sanitario; i coltivatori restano proprietari dei semi che raccolgono dalla maturazione della pianta; per far crescere il Golden Rice non c’è bisogno di utilizzare pesticidi o altri prodotti chimici specifici; il brevetto è disponibile a titolo gratuito e non appartiene a una multinazionale, bensì a una Onlus no-profit, che lo trasferisce agli agricoltori delle zone povere, con il solo impegno che non divenga un prodotto da esportazione per classi medie, ma sia consumato sul posto da chi ne ha davvero bisogno.

Papa Francesco ha benedetto l’iniziativa, mentre diverse ONG ambientaliste con a capo Greenpeace non hanno gradito e a nulla è servita l’indignazione di Patrick Moore (Phd in scienze dell’ambiente alla University of British Columbia), cofondatore ed ex-presidente di Greenpeace: nelle Filippine è avvenuta la distruzione di alcune coltivazioni di Golden Rice da parte di militanti ambientalisti, sostenuti da Vandana Shiva, l’indiana fiera nemica degli OGM, che noi italiani abbiamo (ovviamente) nominato Ambasciatrice dell’Expo di Milano, nel quale, annoto, mancavano solo l’ignoranza e il pressapochismo a corollario della corruzione e dell’inefficienza ormai palesi. Così abbiamo potuto leggere sul New Yorker, giornale della sinistra liberal americana, che la Signora “è priva di competenze scientifiche, non possiede i titoli di studio che ha sbandierato, i numeri che fornisce a sostegno delle sue tesi sono falsi, ad esempio ha sostenuto che la coltivazione di cotone bt – l’unico OGM permesso in India – ha provocato 280 mila suicidi tra i contadini di quel paese, ma questo numero è falso, cioè è falso che rappresenti un incremento dei suicidi sugli anni precedenti.”. E intanto, mentre si manipolano i dati, come è ormai in uso in ogni aspetto dell’ambientalismo (questo ne è un esempio lampante!), fornendo dati grezzi o parziali, cioè senza un’analisi statistica ed epidemiologica corretta, migliaia di bambini, privati di vitamina A, sono diventati ciechi … Commenta secco Potrykus: “Non si possono “tranquillizzare“ coloro che fanno parte di questa lobby ambientalista, perché diffondere disinformazione sugli OGM è la loro professione e attira un consistente sostegno finanziario”. Finanziamenti da chi? Chi ha interesse, paradossalmente, ad una “estrema regolamentazione precauzionale“, applicata all’uso di OGM? Spiega Potrykus “La regolamentazione rende l’applicazione della tecnologia così cara ed esigente in termini di tempo che solo le corporazioni finanziariamente potenti possono usarla per progetti industriali su larga scala. Essa è lo scandalo che ostacola l’uso della tecnologia per il bene comune da parte del settore pubblico o delle piccole e medie imprese. Se l’opposizione fosse onesta, combatterebbe contro l’attuale regolamentazione sugli Ogm, per una basata sulla scienza relativa alle caratteristiche dei prodotti e non alla tecnologia loro applicata”. Non è l’unico a pensare che dietro ai militanti in buona fede si nasconda chi, forse, li ritiene utili a secondi fini: dichiara Francesco Sala, già Professore Ordinario di Botanica Generale e Biotecnologia delle Piante presso l’Università di Milano, ricercatore internazionale, Professore Onorario dell’Università di Nanchino per i suoi meriti nello sviluppo di tecnologie OGM nella lotta ai parassiti delle piante in Cina: “Un’amara considerazione: i migliori alleati delle Multinazionali del seme sono gli stessi attivisti anti-Ogm: bloccando la ricerca pubblica, come nel caso dell’Italia, stanno consegnando l’esclusiva delle applicazioni Ogm alle multinazionali. Io, se fossi il presidente della Monsanto o della Dupont darei un grande premio agli anti-Ogm peril loro attuale grande aiuto! “

Va detto per correttezza che Greenpeace (ignoro le altre organizzazioni ambientaliste), nega di opporsi alla ricerca e rigetta l’accusa di una opposizione sterile al progresso scientifico e conseguentemente alla battaglia contro fame e povertà, sostenendo che (dal sito web): “L’unica soluzione per lottare contro la fame nel mondo, preservando la biodiversità, è l’agricoltura sostenibile. A differenza degli OGM, permette di nutrire il pianeta e di proteggerlo. Essa si basa su una diversità di colture e pratiche agricole, la protezione degli ecosistemi, un più basso consumo di energia, di acqua e pesticidi. Promuove l’indipendenza dei piccoli agricoltori e del commercio equo. Esige una ricerca al servizio di tutti.

Seguono una serie di suggerimenti concreti.

Artista ignoto, L'amore per la scienza, olio su tela, data sconosciuta
Artista ignoto, L’amore per la scienza, olio su tela, data sconosciuta

Valutazione dei rischi

Opporsi all’emissione in ambiente degli OGM non è contro la scienza. Ciò che serve è proprio una maggiore ricerca. Più ricerca sugli OGM per conoscerne meglio i rischi. Più ricerca che sia però indipendente dalle pressioni delle grandi aziende agro-industriali.
In Europa, il sistema di valutazione e autorizzazione degli OGM ha molte lacune e necessita di una completa revisione. Ciò deve includere lo studio degli effetti diretti, indiretti, cumulativi e a lungo termine degli OGM, per l’ambiente e la salute.

Il rispetto per la vita

Il principio che deve guidare la nostra riflessione in materia di OGM è il rispetto per il vivente. Ciò significa anche lasciare ad agricoltori e consumatori la possibilità di scegliere NON-OGM, rispettare l’ambiente e vietare la brevettabilità della vita. È inaccettabile che poche multinazionali possano rivendicare il monopolio sulle sementi, sulle piante e il loro genoma, e depositare brevetti che garantirebbero lorola proprietà esclusiva. La vita non appartiene a nessuno. È il nostro patrimonio comune. Dobbiamo assolutamente impegnarci contro i tentativi della Monsanto e delle altre multinazionali di violare questo principio.

Nuova etichettatura

Vi è una chiara richiesta da parte dei consumatori di prodotti senza OGM. I sondaggi lo dimostrano: la maggioranza di italiani ed europei sono scettici, addirittura ostili nei loro confronti. Questo fa si che sugli scaffali italiani siano praticamente introvabili prodotti a diretto consumo umano contenenti OGM. Non è così semplice: gli OGM che respingiamo dalla porta, rientrano dalla finestra, rappresentata dai mangimi animali. Oggi, ci sono solo due modi per mangiare prodotti di derivazione animale (latte, carne, uova, formaggi, yogurt) ottenuti senza l’uso di OGM: acquistare prodotti biologici, oppure quelli prodotti dalle aziende che si sono prese in carico l’onere di escluderne l’uso e di specificarlo in etichetta in forma volontaria.

Questo non basta, è necessario rendere obbligatoria l’etichettatura di tutti i prodotti di derivazione animale per sapere se sono stati nutriti con OGM oppure no. Se questo non avviene, il diritto di sapere e la libertà di scelta di italiani ed europei continueranno a essere negati. “ Alcune considerazioni: molti punti sono sicuramente largamente condivisibili, ad esempio il problema della non brevettabilità del genoma e dei limiti da porre sulla “proprietà” dei singoli geni o gli interessi esclusivamente privati e commerciali che sostengono in modo profit lo sviluppo degli OGM, ad esempio ed è detto giustamente dagli ambientalisti, correlandolo alla vendita di diserbanti od altri prodotti chimici, introducendo specifici geni di resistenza nelle piante commerciali.
Tuttavia qualcosa a mio parere non torna esaminando i vari punti…

L’agricoltura (eco)sostenibile è a tutt’oggi qualcosa di utopico, sulla quale sicuramente conviene investire in ricerca, ma delle cui potenzialità non abbiamo certezze, a meno che non vogliamo sostenere a priori l’esito positivo della sua sperimentazione (con l’atteggiamento anti-scientifico tipico delle ideologie), mentre la fame e la malnutrizione sono certe, reali e attuali: “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur” […]

La valutazione dei rischi degli OGM, così come formulata nei modi e nei tempi, difficilmente potrebbe produrre qualche conclusione, se non una dilazione a tempo indeterminato, considerate la difficoltà di tracciare un piano attuativo di ricerca e l’impossibilità di raccogliere dati epidemiologici, poiché gli OGM non sarebbero nel frattempo utilizzati. Mi sono divertito a pensare come avrebbe potuto Napoleone autorizzare la bieticultura in Europa, se avesse dovuto dimostrare gli effetti diretti e indiretti, cumulativi e a lungo termine dello zucchero su salute e ambiente; obesità, diabete, eutrofizzazione delle acque ecc. lo avrebbero frenato in modo definitivo.

L’Europa, che avrebbe una regolamentazione OGM permissiva e lacunosa, consente in realtà pochissime coltivazioni OGM, soprattutto per l’opposizione di Francia e Germania, che la utilizzerebbero a fini protezionistici nei confronti delle loro anti-economiche produzioni cerealicole, secondo le accuse dei Paesi extra-UE (sta di fatto che i blocchi all’import sono caduti solo per il riso, problema italiano e spagnolo…). Quanto al rispetto delle scelte individuali, è giustissimo, ma va detto per par condicio che attualmente chi volesse consumare cibi OGM, a minor costo, ne è impedito dalle normative vigenti, mentre chi protesta sulle etichettature nei prodotti di derivazione animale (unico caso di abuso citato), finge di non sapere che gli allevamenti europei, soprattutto nordici, guarda caso ben protetti dai concorrenti esterni, non potrebbero mai nutrire i loro animali senza alimenti importati come soia e mais, la cui produzione è ormai OGM in prevalente percentuale. Forse sarebbe più coraggioso dire che mangiamo carne costosa e mediocre, perché i grandi allevamenti bradi, in Argentina, Brasile, Australia sono penalizzati dalle barriere doganali EU!

Infine sempre fra le “soluzioni”, vi è una chiara apertura di Greenpeace a tecniche tecnologicamente avanzate, ma ritenute ecocompatibili, in primis la MAS (marker assisted selection), cioè l’analisi computerizzata dei geni presenti in natura nelle diverse varianti di una specie vegetale, per selezionare i tipi più idonei ad ottenere incroci con proprietà utili (ad esempio resistenza alle malattie, ricchezza di vitamine ecc). Tecnica efficace, considerata tale e comunemente utilizzata da Società e Ricercatori operanti nelle Biotecnologie. Tuttavia, citiamo Wikipedia, “Tecnica MAS e transgenesi non sono né confrontabili né alternative, ma solo complementari. Infatti, la prima è un metodo di selezione, mentre la seconda è un metodo di aumento della variabilità specifica.“
Anche in questo caso si assiste ad un tipico atteggiamento di chi vuole, con uno spirito che Popper definirebbe falsamente scientifico, conferme e non verificabilità delle proprie tesi, finendo per trasferire nel campo delle utopie indiscutibili, anche ciò che è meramente tecnica e pratica perfettibile.

Il riferimento alla scienza mi spinge a lasciar campo a chi é scienziato o studioso della scienza, soprattutto perché condivido l’opinione del già citato Prof. Sala per il quale “il problema (OGM) è spesso trattato da eminenti politici, che non sanno nulla di scienza e neanche sembra ne vogliano sapere, ma traggono la conclusione che sia la scienza a non saperne niente…. e che quindi sia meglio bloccare tutto”, in Italia (unici al mondo) anche la sperimentazione, con buona pace della libertà di ricerca e dei posti di lavoro altamente qualificati negati ai laureati in biotecnologie! Naturalmente in nome del “principio di precauzione”, secondo il quale non si dovrebbe applicare alcuna innovazione, se non si è dimostrata l’assenza completa di rischi e in contrasto con la storia della evoluzione umana, che si muove, ha scritto il filosofo John Locke “non nel meriggio della certezza, ma nel crepuscolo delle probabilità”. Non posso dilungarmi su questo punto, ma tutta la storia è un susseguirsi di esperienze e vicende potenzialmente rischiose, frutto del caso o di scelte coraggiose, che hanno modificato in meglio la nostra vita e d’altra parte i personaggi così preoccupati dei pericoli pubblici sono gli stessi che giustificano, in nome della libertà individuale, comportamenti rischiosi del singolo (si pensi all’uso personale delle droghe o alla tolleranza nei confronti della violenza ideologica). Lo stesso Professor Francesco Sala raccontava un caso emblematico “ il mio gruppo di ricerca con il National Institute of Forestry di Pechino aveva prodotto linee di pioppo contenenti un gene che conferisce resistenza ad un insetto patogeno che uccide gli alberi scavando gallerie nel tronco. La stessa patologia è presente in Italia. Ora la Cina possiede e coltiva il pioppo resistente all’insetto. I colleghi cinesi mi hanno chiesto: “perché non lo porti anche in Italia?”. La mia risposta (“perché la legge non lo permette”) li ha molto stupiti. Vi è infatti da aggiungere che i cloni originali coltivati in Cina provengono dall’Istituto Sperimentale di Pioppicoltura di Casale Monferrato…. “ Naturalmente i pioppi italiani stanno morendo e occorre importare cellulosa e legname dall’estero. E ancora “Si dimentica, inoltre, che le Multinazionali del seme sono interessate solo alle colture, che hanno un grande mercato: soia, mais, cotone e colza. Sembrerà paradossale, ma il riso, la graminacea più importante al mondo non è considerata una grande coltura: ogni nazione, inclusa la Cina, lo coltiva e lo utilizza per il suo consumo interno. Il suo commercio mondiale è limitatissimo! Ne consegue che se i cinesi reputano essenziale per la loro nutrizione il riso Ogm, lo devono produrre con la loro ricerca nazionale. Ed è fortunatamente quello che stanno facendo, con grande attenzione alla sicurezza sanitaria, all’ambiente, alla biodiversità del riso “naturale” e ai vantaggi che ne derivano per gli agricoltori. Se noi vogliamo salvare il pomodoro San Marzano o la vite Nero d’Avola, lo dobbiamo fare con la nostra ricerca. E in molti casi questo è possibile solo con le metodologie Ogm, pena la perdita di queste e di molte altre varietà tipiche.“

Non è un’opinione isolata: anche il Prof. Gilberto Corbellini, citato più avanti, sostiene “ … che chi migliaia di anni fa per primo addomesticò il riso o il pomodoro perse alcuni geni importantissimi sia dal punto di vista produttivo sia del gusto a maturazione. Solo le biotecnologie genetiche potrebbero rimediare a quell’errore preistorico. Recuperando la biodiversità.

E allora ben venga chi, come l’Accademia Pontificia delle Scienze, si interroga sugli OGM nel rispetto dei valori ambientali, ma anche di quelli umani o come la Fondazione Umberto Veronesi che, nel progetto Science for Peace, accoglie scienziati e intellettuali per discutere e proporre rimedi atti a “sradicare la povertà estrema e la fame”*, nel rispetto di uno dei Diritti Umani, riconosciuti dalla Dichiarazione Universale dell’ONU, l’accesso all’acqua potabile e al cibo (* Conferenza internazionale di Milano, 14-15 novembre 2014). Nel sito www.scienceforpeace.it troviamo un’acuta analisi dei problemi: “ I cambiamenti climatici hanno trasformato terreni fertili in aridi deserti e sconvolto i tradizionali schemi climatici, riducendo la disponibilità di acqua in alcune regioni e contribuendo alla volatilità del prezzo degli alimenti

  • L’aumento della qualità della vita ha provocato un incremento nel consumo di carne, facendo sì che le coltivazioni di cereali siano destinate sempre più al consumo animale e la loro disponibilità per il consumo personale si riduca di conseguenza
  • Le squilibrate politiche di sostegno all’agricoltura dei paesi ricchi offrono ai contadini un vantaggio competitivo ingiusto nei confronti delle loro controparti nei paesi in via di sviluppo, riducendo l’incentivo per i paesi più poveri a sviluppare la produzione agricola interna
  • Nei paesi in via di sviluppo, i contadini non dispongono delle capacità tecniche per coltivare in modo efficiente, né delle infrastrutture necessarie per vendere i propri prodotti sul mercato
  • L’attenzione verso i biocarburanti ha fatto aumentare il prezzo del cibo e ridotto in modo sostanziale le risorse in eccesso, che un tempo venivano conservate per le emergenze alimentari
  • Le agenzie internazionali, invece che collaborare, spesso lavorano in modo discordante e riducono l’efficacia delle loro azioni”; la dichiarazione programmatica “È compito della scienza e della tecnologia muovere le giuste leve per risolvere in maniera definitiva queste problematiche. Favorendo la divulgazione del sapere è infatti possibile introdurre politiche che garantiscano l’accesso universale alle risorse alimentari e all’acqua potabile” e le possibili soluzioni tecniche, fra cui un ruolo importante spetta agli OGM.

D’altronde non possiamo farci condizionare da totem intoccabili, parole d’ordine obbligatorie, definizioni indiscutibili, di cui un classico esempio è la “biodiversità”, universalmente ritenuta un valore assoluto, ripetutamente citata dagli ambientalisti come massimo esempio di vulnus ambientale, quando ad essa si attenti. Quasi tutti ignoriamo che fosse in origine una definizione utilizzata esclusivamente negli studi biologici degli ambienti selvatici e che, ad una osservazione maliziosa, sembri negli ambienti antropizzati inversamente correlata al benessere delle popolazioni (ad esempio l’Europa dei secoli passati aveva una grande biodiversità ed una scarsa aspettativa di vita e salute umane); come ci ricorda il Prof. Gilberto Corbellini (storico della Medicina, studioso di Bioetica ed Epistemologia Medica): “circa il 99,9% della biodiversità, intesa come numero di specie esistite nella storia della vita, è stata distrutta naturalmente. Nel senso che le specie esistenti sono una percentuale irrisoria rispetto a quelle esistite, e che si sono “estinte” anche molto prima che l’uomo arrivasse a far danni “. Sono infatti note ripetute estinzioni di massa, che hanno posto in pericolo la continuità stessa della vita in tempi geologici lontani, dovute ad esempio all’ “avvelenamento” da ossigeno (prodotto dalle primordiali alghe fotosintetiche), alla pan-glaciazione da ridotto effetto serra (per diminuzione del metano atmosferico), ai gas tossici della mega-eruzione vulcanica siberiana, alla caduta di un gigantesco meteorite, tutte cause nelle quali l’uomo non è evidentemente implicato…! Quanto alla “biodiversità artificialmente governata dall’uomo, la biodiversità agricola, che significa la varietà di piante di interesse agricolo, in assoluto o relativamente a specifici momenti e contesti, coltivate dall’uomo….. oggi il 75% del cibo mondiale è ricavato da solo 12 specie di piante e 5 specie animali e questo è accaduto prima e a prescindere dalla rivoluzione biotecnologica. La quale, se governata intelligentemente e non avversata emotivamente consentirebbe di recuperare le tracce della diversità genetica andata persa negli ecosistemi agrari moderni, attraverso l’isolamento di geni presenti nei milioni di campioni conservati nelle stazioni agricole sperimentali sparse nel mondo…. recuperando la biodiversità“.

Non dimenticando che, se riteniamo opinabili le conclusioni, sono impressionanti i dati numerici delle stime sugli effetti della “selezione artificiale degli ibridi e dell’uso di fertilizzanti e insetticidi, grazie a cui è stato salvato dalla morte per fame oltre un miliardo di persone nei trent’anni seguiti alla seconda guerra mondiale”.

Il millenarismo, il pauperismo, il luddismo, il mito del Buon Selvaggio e di Madre Natura sono antichi, oggi assumono spesso la forma della laudatio temporis acti e della propensione ad un atteggiamento pre-scientifico (o, peggio, pseudo-scientifico): credo che leggere l’opinione espressa a sostegno degli OGM nella recente e citata Conferenza di Milano dal Prof. Giulio Giorello, filosofo della scienza, sia utile alla riflessione di tutti noi: “ La dicotomia naturale/artificiale non è assoluta, ma relativa alla nostra percezione dei processi fisici, chimici, biologici, eccetera, via via presi in considerazione. In una prospettiva che ha delle radici nel pensiero dell’Antichità classica (Democrito, Epicuro, Lucrezio, ecc.), ma che ha preso forma in modo articolato a cominciare dalla rivoluzione scientifica del Seicento, la natura appare sempre di più come l’insieme delle leggi che regolano l’andamento dei fenomeni che sottoponiamo a osservazione empirica e a intervento tecnico. Sotto questo punto di vista, come è stato chiarito magistralmente da John Stuart Mill nel primo dei suoi Saggi sulla religione (1874), la stessa azione umana di comprensione e di controllo dei processi naturali rientra pienamente nella natura così intesa. E’ dunque “naturale” qualsiasi tecnologia che venga via via messa in atto, in quanto l’azione di Homo sapiens obbedisce comunque a “leggi della natura”, non diversamente da come obbediscono alle leggi della natura azioni degli altri animali che tendono a modificare l’ambiente secondo scopi che consentono una migliore sopravvivenza a individui appartenenti alle specie interessate: così sono “naturali” le dighe dei castori, gli alveari delle api o i nidi degli uccelli. Analogamente sono in questo senso naturali tutte le manipolazioni umane dell’ambiente, in particolare quelle concernenti l’alimentazione e la riproduzione. Non è un caso che questa fondamentale acquisizione concettuale, dovuta principalmente alla riflessione di Charles Darwin, sia pressoché contemporanea alla riflessione di Mill. Ma spesso come “artificiale” si intende l’intervento specifico nell’ambiente da parte di individui appartenenti alla specie Homo sapiens e come “naturale” tutto l’insieme di quei processi in cui l’azione umana non è minimamente contemplata. Questa distinzione è in sé legittima; ma rimane una questione puramente “di fatto”, cui però diverse concezioni filosofiche, etiche e politiche tendono a sovrapporre una valutazione di carattere “morale”. Così tutto quello che è naturale sarebbe “buono”, mentre “cattivo”, o perlomeno “sospetto”, tutto quello che è artificiale – condannando qualsiasi umano intervento sull’ambiente a cominciare dalle prime tecnologie di agricoltori e allevatori, per finire con una polemica incessante contro la tecnica dei nostri tempi.

Ma una tradizione di pensiero che può essere ben esemplificata da pensatori come Baruch Spinoza, John Stuart Mill o lo stesso Bertrand Russell (che pure è stato un critico assai lucido degli eccessi di una tecnologia spinta all’estremo) ha mostrato quanto ci sia di “superstizioso” nell’idea di una Natura perpetuamente buona cui si dovrebbe contrapporre invece la malvagità dell’intervento tecnologico. Nella stessa cultura italiana – basti fare i nomi di Niccolò Machiavelli e di Giacomo Leopardi – questa concezione “valoriale” è stata messa radicalmente in discussione: quello di “Madre Natura” è semplicemente un mito al tempo stesso potente e dannoso, che messo in pratica rivela delle potenzialità addirittura catastrofiche. Questo non significa, ovviamente, prendere per buona ciascuna innovazione tecnologica: ma la valutazione dei costi e benefici di qualsiasi tecnologia (sul piano alimentare come altrove) non può venir condotta in una prospettiva così “metafisica”, come la pretesa di certe versioni del cosiddetto “principio di precauzione” finirebbe con l’imporre. Richiedere che per accettare qualsiasi innovazione si dovrebbe essere sicuri dell’assenza di qualunque rischio è una linea di condotta che (come mostrava a suo tempo il filosofo britannico John Locke) impedirebbe qualunque umana iniziativa, mentre il rifiutare per principio qualunque intervento tecnico-scientifico in questioni ambientali non porterebbe minimamente a un ecologismo responsabile, ma finirebbe col danneggiare ulteriormente l’ambiente invece di far fronte a minacce che sono purtroppo reali. Sotto questo profilo la questione degli OGM è esemplare: il divieto di sperimentazione controllata blocca non solo la ricerca, ma cancella anche importanti chances di fronteggiare la fame nel mondo.“

Ravenna, li 8 gennaio 2015

M.A. Giorgio G.