Tutti voi siete spietati
noi chiamammo libertà
ma i prieghi sono andati
dove manca la pietà
Re di Alpi Tiberino
contra noi tu ci servò
Vince l’assassino
che il più duro il ciel mandò
vince vince l’assassino
che il più duro il ciel mandò
S’odon voci dalle tombe
di Borel, Chantal, Ginor
ed un fiato a mille trombe
li due Bruni, Assialiero
Di marmotte in mille pezzi
va dal trono di un tal re
che corona si disprezzi
e si franga sotto i piè
che corona si disprezzi
e si franga sotto i piè
chi s’arrabbia in questi accenti
non andrà con gran valor
e tra fuochi e tra tormenti
e tra pene e tra dolor
Van dicendo noi siamo morti
sol per mal di crudeltà
vendicate i nostri corpi
figli voi di libertà
vendicate i nostri corpi
figli voi di libertà.
Torino, 11 gennaio 1821: quattro studenti vanno a
sentire la Marchionni al teatro d’Angennes e vengono
arrestati perché ostentano il berretto frigio, rosso
ornato di un fiocco nero (i colori della Carboneria).
Intervengono i carabinieri (corpo fondato nel 1813 da
Vittorio Emanuele I), che avevano funzione di polizia
politica. Il giorno dopo l’università viene occupata, si
chiede la liberazione degli arrestati. Divelte le pietre
del cortile, costruiscono delle barricate. Il re decide
di mandare i soldati che fanno irruzione nell’università
e la sgomberano. Al tiro di pietre degli studenti, il
tamburo suona la carica, si menano sciabolate,
l’esercito ferisce 34 persone, anche gravemente. Si
mormora che vi siano stati anche dei morti, nascosti e
portati via nottetempo dalle forze dell’ordine. L’
episodio scatena tutta una serie di moti insurrezionali.
A marzo dappertutto si vedono coccarde con i colori
della carboneria, per le strade si sente gridare:
“Guerra all’Austria!”. Cominciano gli arresti di nobili
liberali, molti giovani, ufficiali e studenti carbonari,
vengono inviati in esilio. E’ una repressione che durerà
per oltre dieci anni e che sarà intensamente raccontata
ne L’Ussaro sul tetto, il capolavoro dello
scrittore francese Jean Giono (da cui è stato tratto
l’omonimo film con la regia di Jean-Paul Rappeneau).
Questo il canto, su schemi musicali settecenteschi e di
autore anonimo, nato dal cuore di quegli esuli che
racchiude tutto l’odio verso la tirannia che ora li
priva non solo della Patria amata ma anche degli affetti
e dei luoghi familiari. Ma dentro questo canto vive e
palpita anche la speranza per le generazioni future ed
un incitamento a non scordare mai gli ideali di libertà.
Un
diploma di una “vendita carbonara”
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