E la bandiera
di tre colori
è sempre stata la più bella!
Noi vogliamo sempre quella,
noi vogliam la libertà!
Noi vogliamo sempre quella,
noi vogliam la libertà!
La libertà! La libertà!
E la bandiera
gialla e nera
qui ha finito di regnar!
La bandiera gialla e nera
qui ha finito di regnar!
La bandiera gialla e nera
qui ha finito di regnar!
Di regnar! Di regnar!
Tutti uniti in un sol patto,
stretti intorno alla bandiera,
griderem mattina e sera
viva, viva i tre color!
griderem mattina e sera
viva, viva i tre color!
I tre color! I tre color!
Anonimo
1848
Com’è noto la bandiera tricolore nacque a Reggio Emilia
il 7 gennaio 1797 per decisione dei deputati della
Repubblica Cispadana di Bologna, Ferrara, Modena e
Reggio Emilia, che, a quel tempo, sancirono “che si
renda universale lo Stendardo, o Bandiera Cispadana di
tre colori Verde, Bianco e Rosso, e che questi tre
colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale
debba portarsi da tutti”. Sul significato dei tre colori
si sono sbizzarriti scrittori e poeti. L’opinione più
accreditata è che derivi dal simbolismo della
Massoneria, ereditato dai giacobini francesi.
La maggior
parte delle repubbliche giacobine, non sopravvisse alla
controffensiva austro-russa del 1799, altre confluirono,
dopo la seconda campagna d’Italia, nel Regno Italico,
che sarebbe durato fino al 1814. Tuttavia, esse
rappresentano la prima espressione di quegli ideali di
indipendenza che alimentarono il nostro Risorgimento. E
fu proprio in quegli anni che la bandiera venne
avvertita non più come segno dinastico o militare, ma
come simbolo del popolo, delle libertà conquistate e,
dunque, della nazione stessa. Nei tre decenni che
seguirono il Congresso di Vienna, il vessillo tricolore
fu soffocato dalla Restaurazione, ma continuò ad essere
innalzato, quale emblema di libertà, nei moti del 1831,
nelle rivolte mazziniane, nella disperata impresa dei
Massoni fratelli Bandiera, nelle sollevazioni negli
Stati della Chiesa.
Mazzini, fondatore della
Giovine Italia (1831) adottò il tricolore come simbolo
dell’Italia futura: sopra di esso vi erano i motti che
compendiavano il credo mazziniano: da una parte,
“Libertà - Uguaglianza – Umanità”, dall’altra “Unità -
Indipendenza”. Il tricolore sventolò nelle strade ad una
manifestazione a Genova il 10 dicembre del 1847,
motivata dall’anniversario dell’insurrezione popolare
del 1746, ma con un chiaro significato patriottico ed
antiaustriaco. Ad essa parteciparono oltre 30.000
patrioti provenienti da ogni regione italiana. Nella
festa genovese, fra stendardi inneggianti a Balilla e ad
altri popolani genovesi protagonisti della sommossa,
spiccava un tricolore. Lo issava Goffredo Mameli, che lo
consegnò poi al Rettore dell’Università di Genova, dov’è
tuttora conservato. È in questa occasione che il
tricolore diventa l’emblema di una nazione; non
rappresenta solo una milizia, o una Repubblica limitata
a poche Regioni, ma tutto il popolo italiano “dall’Alpi
a Sicilia”. Dovunque in
Italia, il bianco, il rosso e il verde esprimono una
comune speranza, che accende gli entusiasmi e ispira i
poeti: “Segno ai redenti popoli la tricolor bandiera” la
definisce, nel 1848, Goffredo Mameli nel canto
precedente. Infatti, quando si dischiuse la stagione del
’48 e della concessione delle Costituzioni, quella
bandiera divenne il simbolo di una riscossa ormai
nazionale, da Milano a Venezia, da Roma a Palermo. Il 23
marzo 1848 Carlo Alberto rivolse alle popolazioni del
Lombardo Veneto il famoso proclama che annunciava la
prima guerra d’indipendenza e che terminava con queste
parole: “… per viemmeglio dimostrare con segni esteriori
il sentimento dell’unione italiana vogliamo che le
Nostre Truppe… portino lo Scudo di Savoia sovrapposto
alla Bandiera tricolore italiana.” Allo stemma dinastico
fu aggiunta una bordatura di azzurro, per evitare che la
croce e il campo dello scudo si confondessero con il
bianco e il rosso delle bande del vessillo.
Parallelamente, liberato dello stemma sabaudo, il
tricolore continuava ad essere emblema dei
repubblicani. Il Massone Carlo Pisacane, protagonista
della sfortunata spedizione di Sapri, nella
“Rivoluzione” scritta tra il 1851 e il 1855, configurava
una repubblica sociale e federale con simbolo il
tricolore con sul bianco l’archipenzolo incorniciato da
un triangolo. Il 14 marzo 1861
venne proclamato il Regno d’Italia e la sua bandiera
continuò ad essere, per consuetudine, quella della prima
guerra d’indipendenza. Soltanto nel 1925 si definirono,
per legge, i modelli della bandiera nazionale e della
bandiera di Stato. Quest’ultima (da usarsi nelle
residenze dei sovrani, nelle sedi parlamentari, negli
uffici e nelle rappresentanze diplomatiche) avrebbe
aggiunto allo stemma la corona reale. Dopo la nascita
della Repubblica, un decreto legislativo presidenziale
del 19 giugno 1946 stabilì la foggia provvisoria della
nuova bandiera, confermata dall’Assemblea Costituente
nella seduta del 24 marzo 1947 e inserita,
nel
1948, all’articolo 12 della
nostra Carta Costituzionale che accolse infine il
tricolore con la banda bianca libera come propria
bandiera. E perfino dall’arido
linguaggio del verbale del ‘47 possiamo cogliere tutta
l’emozione di quel momento. PRESIDENTE [Ruini] - Pongo
ai voti la nuova formula proposta dalla Commissione: “La
bandiera della repubblica è il tricolore italiano:
verde, bianco e rosso, a bande verticali e di eguali
dimensioni". (È approvata. L’Assemblea e il pubblico
delle tribune si levano in piedi. Vivissimi, generali,
prolungati applausi.).
“Adoperiamoci perché in ogni famiglia, in ogni casa, ci
sia un tricolore a testimoniare i sentimenti che ci
uniscono fin dai giorni del glorioso Risorgimento”, ha
detto il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi a San Martino della Battaglia, celebrando il 4
novembre 2001, giorno del 140° anniversario dell’unità
nazionale. “Il tricolore non e’ una semplice insegna di
Stato” ha detto Ciampi, ricordando che esso è indicato
“significativamente” nel citato articolo della
Costituzione della Repubblica. “È un vessillo di libertà
conquistata da un popolo che - ha detto - si riconosce
unito, che trova la sua identità nei principi di
fratellanza, di eguaglianza, di giustizia, nei valori
della propria storia e della propria civiltà”.
La marcetta di questo testo, di autore anonimo, era nota
ai nostri nonni che la imparavano fin dalle elementari.
Un testo più elaborato che riprende la I e III strofa ,
che diventano la II e IV ultima, è del poeta e
drammaturgo Francesco Dall’Ongaro (1808-1873), aiutante
di Garibaldi e deputato alla Costituente della
Repubblica Romana, Massone e autore dell’allora
popolarissimo Fornaretto di Venezia e di
fortunati Stornelli risorgimentali.
La
prima bandiera tricolore distribuita
alle truppe della Repubblica Cisalpina
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