Addio Lugano bella
O dolce terra pia
Scacciati senza colpa
Gli anarchici van via
E partono cantando
Con la speranza in cuor,
E partono cantando
Con la speranza in cuor.
Ed è per voi sfruttati
Per voi lavoratori
Che siamo incatenati
Al par dei malfattori
Eppur la nostra idea
E’ solo idea d’amor,
Eppur la nostra idea
E’ solo idea d’amor.
Anonimi compagni
Amici che restate
Le verità sociali
Da forti propagate
E’ questa la vendetta
Che noi vi domandiam,
E’ questa la vendetta
Che noi vi domandiam.
Ma tu che ci discacci
Con una vil menzogna
Repubblica borghese
Un dì ne avrai vergogna.
Noi oggi t’accusiamo
In faccia all’avvenir,
Noi oggi t’accusiamo
In faccia all’avvenir.
Scacciati senza tregua
Andrem di terra in terra
A predicar la pace
Ed a bandir la guerra
La pace fra gli oppressi,
La guerra agli oppressori,
La pace fra gli oppressi,
La guerra agli oppressor.
Elvezia il tuo governo
Schiavo d’altrui si rende
D’un popolo gagliardo
Le tradizioni offende
E insulta la leggenda
Del tuo Guglielmo Tell,
E insulta la leggenda
Del tuo Guglielmo Tell.
Addio cari compagni
Amici luganesi
Addio bianche di neve
Montagne ticinesi
I cavalier erranti
Son trascinati a nord,
I cavalieri erranti
Son trascinati a nord.
versi: Pietro Gori
1895
Di
nuovo il filone anarchico e quello repubblicano si
incrociano in una canzone di estrema suggestione scritta
dall’avvocato e criminologo Pietro Gori (1865-1911),
socialista anarchico militante, a Lugano quand’anche la
Svizzera sotto le pressioni internazionali decise di non
gradire più ospiti tanto scomodi quali risultavano gli
esiliati anarchici e repubblicani che in quella terra
avevano trovato rifugio. Una canzone dolce e triste al
contempo che esprime tutto il rimpianto, la nostalgia e
la disperazione di chi braccato dalla storia si vede
costretto ad abbandonare anche quella Terra che
considerava l’ultimo baluardo della libertà e quindi a
rimettersi in cammino alla ricerca dell’ignoto. È la
canzone degli esiliati politici per eccellenza, piu
volte riadattata nelle parole, e risale al gennaio 1895.
Si tratta forse del più celebre inno anarchico italiano
(cantato anche ai funerali di Pietro Valpreda nel luglio
2002), simbolo per coloro che sono costretti a prendere
la via dell’esilio pur di rimanere fedeli ad un ideale
politico. Ed è il capolavoro di Pietro Gori, arrestato e
quindi espulso dal Canton Ticino, dove aveva trovato
rifugio insieme a 12 compagni. Erano i giorni della
“Propaganda coi fatti”, che mirava a suscitare una
rivolta popolare mediante l’assassinio di un tiranno
(come l’uccisione, nel 1894, del primo ministro francese
Sadi-Carnot da parte di Sante Caserio, e di cui Gori fu
ritenuto l’ispiratore, e i successivi assassinî
dell’imperatrice Elisabetta d’Austria - la famosa
“Sissi” dei film con Romy Schneider - nel 1898 in
Svizzera da parte dell’anarchico italiano Luigi Luccheni
e quello del Re d’Italia Umberto I a Monza, il 29 luglio
1900, per opera di Gaetano Bresci).
Il
canto è stato a lungo creduto anonimo, ma è stato
inequivocabilmente dimostrato che l’autore della lirica,
di particolare bellezza per essere di origine popolare,
è Pietro Gori, che sarà iniziato alla Massoneria in
Argentina il 12 agosto 1901 nella Rispettabile Loggia
“Rivadavia” n. 51.
Pietro
Gori, anarchico e Massone
|