Alle grida strazianti e dolenti
di una folla che pan domandava
il feroce monarchico Bava
gli affamati col piombo sfamò
Furon mille i caduti innocenti!
sotto il fuoco degli armati caini
e al furore dei soldati assassini
morte ai vili la plebe gridò
De’ non rider sabauda marmaglia
se il fucile ha domato i ribelli
se i fratelli hanno ucciso i
fratelli
sul tuo capo quel sangue cadrà
Su piangete mestissime madri
quando oscura discende la sera
per i figli gettati in galera
per gli uccisi dal piombo fatal.
1900
Nel
1898 un forte aumento del prezzo pane, da molti anni
gravato dai pesanti dazi protettivi sul grano, innesca
in tutto il paese un moto generale di protesta. I
lavoratori di Milano sono in prima linea nell’azione,
che assume un netto risalto politico antigovernativo.
Questa volta, tuttavia, al notevole aumento del prezzo
del grano e, conseguentemente, di quello del pane, si
aggiunge la diminuzione dei salari del proletariato, sul
quale è stato in gran parte fatto ricadere il peso della
grave crisi economica che travaglia la nazione: basti
pensare che nella Milano del ‘98 un operaio guadagnava
18 centesimi all’ora, e per acquistare un chilo di pane
ne occorrono 40. Il Governo presieduto dal ministro
Rudinì nomina Fiorenzo Bava Beccaris commissario
straordinario con pieni poteri sulla provincia di
Milano. Il Popolo milanese insorge contro il carovita e
scende in piazza. È una ribellione popolare contro
l’ormai intollerabile rincaro dei generi di prima
necessità, come il pane. La rivolta dei poveri, come
qualcuno la chiamerà, dura quattro giorni, dal 6 al 9
maggio, e vede schierati 40 mila dimostranti, armati
soprattutto di fame, contro 20 mila militari in assetto
di guerra, sotto il comando di Fiorenzo Bava Beccaris,
il ferreo quanto ottuso generale. Puntuale, immediata e
violenta giunge la repressione del Governo: il Generale
Bava Beccaris ordina di sparare sulla folla in rivolta.
Muoiono donne, bambini e operai, in totale saranno più
di 100 i morti (significativamente, appena due tra i
militari); quasi 500 i feriti, oltre 800 gli arrestati.
La piazza finalmente tace e il generale, il mese dopo,
viene insignito dal re della Croce di Grand’Ufficiale
“per il grande servizio reso alle istituzioni e alla
civiltà”. Il re Umberto I, passato alla stroria con
l’appellativo di “Re buono”, è lungi dal prevedere che
di lì a due anni, il 29 luglio del 1900, l’anarchico
Bresci gli sparerà uccidendolo. Del medesimo anno è
questa canzone di anonimo, “il feroce monarchico Bava”,
nota anche come “Inno del sangue”, dedicata a quelle
tragiche giornate milanesi del maggio 1898, che
riproponevano l’antico quesito giolittiano se si potesse
rispondere alle attese popolari con la libertà o con le
cannonate. Salvemini aggiungeva che la tentazione
reazionaria e poliziesca era latente in ogni governo,
essendo insita nella prassi, nel sistema sociale e
culturale italiano che esaltava la democrazia e
quotidianamente la negava. Ritroveremo il generale Bava
senatore, tintinnante delle onorificenze ottenute per
aver cannoneggiato anche una folla di mendicanti che
aspettavano la minestra davanti a un convento a Milano,
chiedere nel 1907 al senato l’approvazione di una legge
che proibisse agli ufficiali di appartenere “ad
associazioni in qualsiasi modo in evidente contrasto col
giuramento prestato”, formula quanto mai polemica contro
la Massoneria.
Come
gia altre canzoni popolari ne esiste un’altra versione
più ampia cui si aggiunge come penultima la seguente
strofa:
La panciuta caterva dei ladri,
dopo avervi ogni bene usurpato,
la lor sete ha di sangue saziato
in quel giorno nefasto e feral.
Per
inciso, la melodia di questa vecchia ballata
rivoluzionaria tra le più conosciute, sarà utilizzata
a Mantova il 21
dicembre 1969 (giorno successivo ai funerali di Giuseppe
Pinelli, l’anarchico precipitato da una finestra della
questura di Milano nel corso di un interrogatorio per la
strage di piazza Fontana) come aria per la canzone “La
Ballata dell’Anarchico Pinelli”, divenuta per anni un
inno della sinistra extraparlamentare contro i complotti
e le stragi di stato.
Un
episodio delle tragiche giornate del maggio 1898 a
Milano
(illustrazione dell’epoca)
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