Sta forte o Pirulini
e non ti avelire
che prima di morire
repubblica farem.
Allegro popolo
a la riscossa
bangera rossa
trionferà.
Bangera rossa la s’indosserà
evviva la repubblica e la libertà.
Giovan sono
e pensier non ho
se passa Garibaldi
a voi andè cun lò.
Allegro popolo noi siam fratelli
con Mirabelli vogliam marciar.
Con Mirabelli
noi vogliam marciar
evviva la repubblica e la libertà
Anonimo
primi anni del 1900
Come
ci riferisce Angelo Morini, presidente dell’A.M.I.
(Associazione Mazziniana Italiana) dell’Emilia Romagna,
questa “bandiera rossa” è chiaramente repubblicana e
sembra che le sue origini siano più remote di quella più
famosa comunista, che, però, intona la stessa musica e
ricalca quasi lo stesso refrain. La canzone è
romagnola, quasi certamente ravennate. Infatti, i
personaggi citati in queta versione, Pirulini (Giovan
Battista Pirolini) e Mirabelli (Roberto Mirabelli)
parteciparono per tanti anni alla vita del Partito
repubblicano di Ravenna.
I
due deputati entrambi repubblicani e anticlericali sono
ormai dimenticati. L’avvocato calabrese Roberto
Mirabelli – era di Amantea - eletto alla Camera fin dal
1886 va ricordato perché fu uno dei primi
emancipazionisti femminili: nel 1907 propose una legge
che prevedeva la parità salariale e l’istruzione per le
donne e almeno il voto amministrativo per la loro
partecipazione attiva nella politica del proprio
territorio. Il deputato Pirolini, nel 1913, nel pieno
della campagna antimassonica, rivendicò la sua qualifica
di Massone. L’anno successivo fu tra i protagonisti a
Ravenna della “settimana rossa”, un mito la cui
conoscenza, nella Romagna e nelle Marche, viene spesso
tramandata di generazione in generazione, mentre nel
resto d’Italia è un episodio molto meno conosciuto.
Nel
medesimo nebbione alla Amarcord, si perdono le
origini di questa canzone. Il testo più noto, quello
della tradizione socialista, è stato scritto da Carlo
Tuzzi, anche se la versione originale ha subito numerosi
rimaneggiamenti ed esistono diverse varianti delle
strofe. Anche gli anni in cui il più celebre testo fu
scritto – il 1900? il 1908? – sono puramente indicativi.
Non mancano nemmeno varianti, per così dire, cromatiche.
Basti pensare alla versione: Bandiera negra, la
trionferà / e viva el anarchismo e la libertà. Sarà
difficile raggiungere la certezza sulla primogenitura di
un testo o dell’altro, perché, come abbiamo più volte
osservato, le variazioni, nelle canzoni popolari, sono
un segno di vita e vivacità di un brano e di una
melodia. Ne esistono anche varie versioni in lingue
diverse. A dimostrazione che la fantasia popolare non ha
limiti Cesare Bermani, studioso della storia orale,
scrive che di essa sono note anche una versione tedesca
e una ucraina. Più difficile ancora è ricostruire
l’origine della musica. Secondo l’etnomusicologo Roberto
Leydi deriverebbe dalla fusione di due arie popolari
della tradizione lombarda: la strofa da Ciapa on saa,
pica la porta (prendi un sasso, picchia la porta) e
il ritornello dall’aria Ven chi Nineta sotto l’ombrelin
(Vieni qui Ninetta sotto l’ombrellino).
Questo incessante rimaneggiamento e rimescolamento della
canzone popolare che si conserva o, eventualmente, si
modifica, si contamina, si corrompe o, magari, si evolve
resta la cifra di una vivacità della tradizione
popolare. Le carovane dei suoni e delle parole
percorrono il mondo da tempi antichissimi, e ci si
augura che in questo secolo, che è il secolo dominato
dalla velocità mercuriale, anche la musica diventi
sempre più un linguaggio universale e insieme
molteplice, e proprio per questo ricco e affascinante.
Una contadina ricama
sulla bandiera rossa la falce,
il martello e il sole dell’avvenire
(illustrazione dei primi del Novecento)
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