Se non ci ammazza i crucchi,
Se non ci ammazza i bricchi,
I bricchi ed i crepacci
E il vento di Marenca,
Se non ci ammazza i crucchi,
Se non ci ammazza i bricchi,
Quando saremo vecchi
Ne avrem da raccontar
Quando saremo vecchi
Ne avrem da raccontar
La mia mamma la mi diceva
Non andare sulle montagne
Mangerai sol polenta e castagne
Ti verrà l’acidità
La mia morosa la mi diceva
Non andare con i ribelli
Non avrai più i miei lunghi capelli
Sul cuscino a riposar
Non avrai più i miei lunghi capelli
Sul cuscino a riposar
Se non ci ammazza i crucchi,
Se non ci ammazza i bricchi,
I bricchi ed i crepacci
E il vento di Marenca,
Se non ci ammazza i crucchi,
Se non ci ammazza i bricchi,
Quando saremo vecchi
Ne avrem da raccontar
Quando saremo vecchi
Ne avrem da raccontar
Questa notte mi sono insognato
Ch’ero sceso giù in città
C’era mia mamma vestita di rosso
Che ballava col mio papà
C’era mia mamma vestita di rosso
Che ballava col mio papà
C’era i tedeschi buttati in
ginocchio
Che chiamavano pietà
C’era i fascisti vestiti da prete
Che scappavan di qua e di là
Se non ci ammazza i crucchi,
se non ci ammazza i bricchi,
I bricchi ed i crepacci
E il vento di Marenca,
Se non ci ammazza i crucchi,
Se non ci ammazza i bricchi,
Quando saremo vecchi
Ne avrem da raccontar
Quando saremo vecchi
Ne avrem da raccontar
Quando saremo vecchi
Ne avrem da raccontar
Anonimo
1943
I
partigiani Italiani si dirigono in montagna per
organizzare la resistenza e la guerriglia.
La
vita è dura, c’è il problema quotidiano della
sopravvivenza, si campa alla giornata in un’ambiente
povero di risorse, nutrendosi di castagne e di quanto
viene offerto dai contadini della zona. Il testo di
questo brano è semplice, quasi scherzoso come a voler
dimenticare il pericolo e le asperità che i “ribelli”
stavano affrontando.
Affronta il tema drammatico della guerra con la
spensieratezza che solo i giovani animati da forti
ideali sanno e riescono a trovare anche negli episodi
più drammatici della vita.
Di
autore anonimo, “Se non ci ammazza i crucchi” è tra le
canzoni più popolari della Resistenza anno 1943. È stata
una ‘cover’ nel cabaret dei Gufi ed eseguita anche dal
Nobel Dario Fo nel suo spettacolo “Pietà l’è morta”.
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